Cani e padroni di cani

Elisa Adelgardi

Si prende un’ottantina di coppie composte da cane e relativo padrone. Li si chiudono in una stanza e, dopo avere posizionato al centro tra i due un boccone di cibo, il padrone vieta al cane di mangiarlo. L’esperimento sarebbe già un successone per molti umani stressati dalla voracità del compagno fedele ma vizioso se solo si limitasse a un semplice divieto andato a buon fine. E invece le cose si complicano. Dando per scontato che il cane sarà ubbidiente, a questo punto le luci, come in scena a teatro, si soffermano sul boccone.

    Si prende un’ottantina di coppie composte da cane e relativo padrone. Li si chiudono in una stanza e, dopo avere posizionato al centro tra i due un boccone di cibo, il padrone vieta al cane di mangiarlo. L’esperimento sarebbe già un successone per molti umani stressati dalla voracità del compagno fedele ma vizioso se solo si limitasse a un semplice divieto andato a buon fine. E invece le cose si complicano. Dando per scontato che il cane sarà ubbidiente, a questo punto le luci, come in scena a teatro, si soffermano sul boccone. Il padrone è nascosto dall’ombra, il cane ha capito che lui non può vederlo. Che fare? Tentare? Il risultato è prevedibile: quando il gatto è assente il topino balla come se non ci fosse un domani e così il boccone scompare.
    Sarà per i sensi di colpa a seguito del malaugurato scandalo equino che ha costretto inconsciamente i popoli anglosassoni a ingerire la carne dell’altro grande compagno quadrupede, la ricerca pubblicata sulla rivista Animal Cognition ha ricevuto grandi applausi. Chiarire una volta per tutte che il proprio animale tenterà di fare esattamente il contrario di quello che gli è stato ordinato non appena gli si volti le spalle certificherà le tesi, empiriche ma affidabili, testimoniate nei confronti quotidiani tra padroni umani impegnati a sentenziare che al cucciolo “manca solo la parola” e certamente “sono meglio delle persone” -  dovendo però riconoscere nell'animale un istinto innato alla frode che dà prova della capacità canina di comprendere la prospettiva umana.

    Se la Fattoria degli Animali fosse stata scritta oggi, George Orwell probabilmente non avrebbe più pensato ad animali domestici rivoltosi che lottano per sovvertire il regime del fattore. Stando alle notizie di cani ipersensibili e cavalli macellati senza preavviso, si sarebbe immaginato un mondo in cui il coinquilino canide aspetterebbe alzato fino a tarda notte che il padrone rincasi con una  buona giustificazione; lo stesso cane che nelle mattine feriali si siede al tavolo con l’umano, stanco avvilito e stressato, per valutare i reclami delle bollette scadute. Probabilmente al supermercato sceglierebbero insieme carni solo scozzesi perchè è assicurato, nuova moda anglosassone, che la Scozia quelle cose lì con i cavalli, colleghi domestici meno fortunati, non le fa di certo.
    Un tempo, quando la scienza era letteratura e la letteratura scienza, un certo Omero, che ha insegnato tutto agli uomini, scrisse di Ulisse che torna a Itaca dopo tanti anni e incontra il suo vecchio cane Argo ad attenderlo. Che Omero sia esistito non è provato, che Ulisse fosse reale ancor meno, ma di certo è esistito un re che da qualche parte tornò a casa, un sovrano così premuroso da conquistare l’amore di tutti. Allo stesso modo, in un cortile polveroso, sarà esistito un vecchio cane tanto fedele da posticipare la morte giorno dopo giorno, pur di rivedere per un istante gli occhi del padrone, sapere che è salvo. Così è ancora e per sempre. Il resto è un ridondante tentativo scientifico di tradurre in analisi schematiche ciò che è già vero.