Piccoli Draghi con grandi problemi / 1

Chi è Belka, banchiere polacco che ripudia l'euro e sfida il governo

Michele Masneri

Falco liberista, economista roccioso che ha applicato le ricette di Friedman in Iraq: Marek Belka, sessantunenne governatore della Banca centrale polacca, è ormai un personaggio da prima pagina per i suoi continui rifiuti di allentare la morsa monetaria e i consigli quasi mai richiesti al governo di Varsavia. I paparazzi adesso lo inseguono per strada, come quando lo fotografarono nell'ottobre scorso mentre comprava delle birre in una drogheria, proprio dopo che la Banca di Polonia aveva rifiutato di tagliare i tassi.

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    Falco liberista, economista roccioso che ha applicato le ricette di Friedman in Iraq: Marek Belka, sessantunenne governatore della Banca centrale polacca, è ormai un personaggio da prima pagina per i suoi continui rifiuti di allentare la morsa monetaria e i consigli quasi mai richiesti al governo di Varsavia.
    I paparazzi adesso lo inseguono per strada, come quando lo fotografarono nell’ottobre scorso mentre comprava delle birre in una drogheria, proprio dopo che la Banca di Polonia aveva rifiutato di tagliare i tassi. “Probabilmente le berrà per la serata di Champions League”, titolava un tabloid; il fatto è che Belka, ex primo ministro, ex ministro dell’Economia (per due volte), è ormai una superstar, superstar molto odiata perché rifiuta di seguire il governo di Varsavia nella sua trionfale galoppata verso l’euro a base di manovre monetarie espansive. L’odio si mischia al rispetto: se la Polonia è l’unico paese europeo a non avere accusato segni di recessione nella crisi globale partita a fine 2007, e adesso sta negoziando il suo ingresso nella moneta unica, è anche merito di questo signore brizzolato. Da cui però il primo ministro, Donald Tusk, e il responsabile dell’Economia, Jan Vincent-Rostowski, gradirebbero un po’ più di entusiasmo. Lui invece difende l’ortodossia, scavalcando a destra perfino la sua musa ispiratrice, la cancelliera tedesca Angela Merkel. “Ricordiamoci – ha detto in una intervista al Financial Times nel 2010 – che l’obiettivo del rapporto deficit/pil al 3 per cento è un valore massimo, e si può fare di meglio”. Di qui una politica molto attenta, che secondo i politici di Varsavia “ha responsabilità precise nel rallentamento dell’economia polacca e nella debolezza del mercato del lavoro locale”, come scrive il Wall Street Journal.

    Un guerrigliero dell’ortodossia monetaria
    Belka sa quello che fa: specializzato alla Columbia University e alla London School of Economics, è stato anche responsabile europeo del Fondo monetario internazionale, ed è un esperto di moneta e di inflazione, con oltre cento tra articoli e saggi in curriculum. La sua ossessione è “una spesa pubblica in pareggio, e l’obiettivo di lungo periodo un surplus di bilancio”. Il feeling con la Germania merkeliana lo aveva portato anche in prima fila quando si trattò di dare un successore al Fmi dopo lo scandalo sessuale di Dominique Strauss-Kahn, ma poi arrivò Christine Lagarde. Sarebbe stata la seconda volta nella sua vita che Belka ottiene un posto in circostanze fortuite: è arrivato infatti alla Banca centrale polacca per caso, dopo l’incidente aereo del 10 aprile 2010 che vide il Tupolev delle forze aeree polacche schiantarsi vicino alla città russa di Smolensk, uccidendo tutti i novantasei passeggeri tra cui mezza nomenclatura polacca e in particolare il presidente Lech Kaczynski, parte del governo, del Parlamento e soprattutto il suo predecessore, Slawomir Skrzypek. Appena eletto, Belka non ebbe dubbi e in 48 ore rinnovò i molto criticati prestiti del Fmi a Varsavia e questo, insieme alle misure di contrasto all’inflazione, viene considerato un pilastro della politica economica polacca recente. Lui si dichiara un moderato euro-entusiasta, ma che vuole chiarezza sul ruolo che il suo paese avrà nella moneta unica: un conto è essere protagonisti, un conto periferia dell’impero. Belka conosce bene pregi e difetti dell’economia polacca: con un modello industriale arcaico, imprese sottodimensionate; però con esportazioni “vere”, fatte da aziende locali e non da sedi domestiche di multinazionali. “Siamo come la Spagna di qualche anno fa”, ha detto in una intervista; e proprio la fine della Spagna è quella che vuole evitare: anche per questo è ossessionato dalla bolla creditizia e dal denaro facile che segnarono la sorte di Madrid dopo l’entrata nella moneta unica. Sposato, due figli, Belka parla correntemente oltre al polacco l’inglese, il francese, il tedesco e il russo.

    La sua tesi di dottorato è stata dedicata al padre del monetarismo, “La dottrina socioeconomica di Milton Friedman”; tra i vari incarichi internazionali, siede nella Trilateral e nei consigli di amministrazione di Abn Amro e Daimler, oltre a essere stato super consulente di Jp Morgan. Ma il ruolo più delicato lo ha svolto in Iraq, dove ha agito da super ministro dell’Economia nell’amministrazione ad interim americana seguita alla seconda guerra del Golfo. Forte anche di quell’esperienza, oggi non si preoccupa delle bordate dei politici e della stampa. “Sono stato dall’altra parte della barricata quando ero ministro”, ha detto in una intervista. “E criticavo la politica monetaria della Banca centrale proprio come loro, quindi la cosa non mi tocca per nulla”. Anche perché “la pressione sulle banche centrali è un tema globale. Le banche ormai prendono decisioni che non sono di natura tecnica ma hanno anche una componente politica”. Intanto però i dati di febbraio indicano che l’inflazione in Polonia è ai minimi dal 2007, con un tasso dell’1,7 per cento, la metà di quella italiana. Risultati forse eccessivamente positivi: a questo punto, e nonostante l’esperienza irachena, è difficile dire se Belka riuscirà a reggere i prossimi attacchi da parte della politica che chiede un’infornata di denaro a basso costo.

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