Occupy San Giovanni
Denti digrignati e gioia apocalittica. Così Grillo e i suoi prendono Roma
“Tutti a casa, tutti a casa”. La piazza in attesa mima Beppe Grillo, alza le braccia, saluta il cameraman ufficiale Salvo, indossa maschere da Occupy Wall Street e persino da cardinale, applaude i candidati che salgono sul palco. La capolista alla Camera per il Piemonte, Laura Castelli, 26 anni, parla di solitudine. Il resto sono cori di automotivazione e inviti a guardare la piazza piena. Mancano le locuste, ma è chiaro che per Beppe Grillo anche le più modeste piaghe da inverno laziale (qualche goccia, nuvoloni minacciosi, magari un po’ di neve sui colli in lontananza) aiutano a produrre l’effetto finale da giorno del giudizio del suo “Piacere day”, la serata conclusiva dello Tsunami tour.
“Tutti a casa, tutti a casa”. La piazza in attesa mima Beppe Grillo, alza le braccia, saluta il cameraman ufficiale Salvo, indossa maschere da Occupy Wall Street e persino da cardinale, applaude i candidati che salgono sul palco. La capolista alla Camera per il Piemonte, Laura Castelli, 26 anni, parla di solitudine. Il resto sono cori di automotivazione e inviti a guardare la piazza piena.
Mancano le locuste, ma è chiaro che per Beppe Grillo anche le più modeste piaghe da inverno laziale (qualche goccia, nuvoloni minacciosi, magari un po’ di neve sui colli in lontananza) aiutano a produrre l’effetto finale da giorno del giudizio del suo “Piacere day”, la serata conclusiva dello Tsunami tour con espugnazione di piazza San Giovanni, simbolo del Primo maggio targato Cgil (e Pd). Ben venga la pioggia, deve aver pensato Grillo dopo aver più volte evocato il “Vietnam” dei partiti, quando, a Viterbo, alla vigilia dell’arrivo a Roma, a un certo punto ha detto “chiudete questi cazzo di ombrelli”, e la gente subito li ha chiusi, trac, come fosse un gioco da villaggio-vacanze (qualcuno addirittura rideva, dicendo “così ci guardiamo in faccia”). Oltre le piaghe, ci sono gli effetti speciali: i collegamenti in streaming con altre piazze dotate di maxischermo, una specie di finale dei Mondiali nel gelo; l’endorsement dei “beautiful” Dario Fo e Adriano Celentano (con voto disgiunto per Ambrosoli), di Franco Battiato e, in forma più timida, di Paolo Villaggio; il contemporaneo attacco internettiano della base grillina contro il cantante non allineato Edoardo Bennato, reo di aver scritto una canzone contro un “Grillo parlante”: “… Contavi sul Grillo parlante / sull’angelo vendicatore / che incassa denaro contante / contando sul vostro sacro furore”.
Mancano le locuste, ma il traffico impazzisce attorno a San Giovanni già alle tre del pomeriggio, la fermata della metropolitana è chiusa, i vigili si inalberano, i duecento pullman a Cinque stelle, annunciati da nord e da sud, caracollano tra i semafori manco fosse il Giubileo, le macchine dei pellegrini-attivisti in “car pooling” dal Veneto e dal Piemonte finiscono prigioniere del Tom-Tom, la stazione Termini rovescia incessantemente sostenitori da Napoli e dintorni, il “comitato accoglienza”, autodenominato “angeli a Cinque stelle”, fa la ronda attorno ai binari per prendere in consegna i grillini dalla provincia, le vecchiette, all’ora del caffè, fuori dal bar, dicono: “Mo’ ‘nnamo a senti’ Grillo”. Lui, Grillo, da giorni si prepara con prove generali da piazze sempre più vicine al “caput mundi”, in un crescendo anche un po’ schizofrenico di abbracci da fine del mondo (per i suoi) e denti digrignati (contro i partiti), dolci sogni (sarete tutti felici, lavorerete trenta ore, saremo tutti comunità) e catastrofismo selvaggio (siamo alla fine, dopo di noi il nulla, i partiti escano dal Parlamento con le mani alzate). Nel retrobottega, intanto, si conferma il pugno di ferro del guru Gianroberto Casaleggio sulla comunicazione: palco vietato alla stampa italiana e apoteosi di esterofilia nelle interviste. E regole di democrazia non proprio diretta, a dispetto dei proclami: sul palco finale non saliranno tutti quelli che speravano di salirci, cioè tutti i candidati locali, ma soltanto i candidati che al duplice vertice a Cinque stelle (composto dall’ex comico e dal guru che vagheggia mondi fatti di Avatar) sono parsi più adatti all’occasione e alla mondovisione. Gli altri candidati, pur mugugnando tra sé e sé, pur ricordando agli amici che il gruppo di Roma aveva pagato “pure le ambulanze” e che “il lavoro grosso” lo avevano fatto tutto loro, hanno accettato (per ora) la giustificazione amara loro fornita: “Sarete candidati tra la gente”. E’ un piccolo assaggio di quello che potrà succedere un giorno in Parlamento, quando magari la pur umana ambizione dei “portavoce” grillini e il balenare di un’idea vagamente diversa da quelle del guru faranno capolino, nonostante il mantra del “grillino che entra per essere solo un terminale” e nonostante la lettera d’impegno che i futuri candidati grillini hanno dovuto firmare (quella che impone ai futuri deputati e senatori di girare i fondi per la Comunicazione a una fantomatica società, non si sa ancora gestita da chi – ma s’immagina).
Lo ha chiamato “Piacere day”, Grillo, facendolo però precedere da invettive truculente, tutte giocate sul ribaltamento di ruoli tra “noi” e “loro” (la casta). Lo ha infarcito di epica preventiva (“c’ero anch’io a San Giovanni, il giorno in cui cambiò la storia”), insistendo però sulla “epidemia” casareccia del movimento che torna persino al baratto: ci regalano i prosciutti, dice sempre l’ex comico, ci regalano i salami, e noi li scambiamo con il pieno di benzina.
Il Foglio sportivo - in corpore sano