Un papato messo sotto scacco
Domanda. Alcuni analisti cattolici hanno parlato di un “gesto di profonda libertà” da parte del Papa e di una grande testimonianza dell’attrattiva di Cristo, altri di debolezza. Come considera l’annuncio del ritiro di Benedetto XVI?
Risposta. E’ proprio questa la domanda: questo gesto ha una portata mistica e positiva oppure è prima di tutto il gesto molto umano di un capo che confessa la propria impotenza, fisica e strategica, dinanzi a un mondo ingovernabile? Scrivendo, nel quotidiano francese la Croix, un articolo virulento intitolato “L’abbandono del Papa è una catastrofe” (che ha suscitato molte reazioni in Francia), il mio amico Pierre Dulau (professore di Filosofia) e io abbiamo voluto prendere pienamente atto della decisione di Benedetto XVI.
Nato nel 1977, padre di tre figli, docente di Filosofia in un liceo di Metz, Martin Steffens è un saggista, conferenziere e polemista noto per le sue posizioni mai concilianti con il mainstream secolarista d’oltralpe. Tra le maggiori figure emergenti del panorama intellettuale cattolico francese, è editorialista del quotidiano cattolico francese la Croix. Ha scritto saggi su Cartesio, Nietzsche, Lén Bloy, sulla mistica di Simone Weil (“Prier 15 jours avec Simone Weil”). In “Vivre ensemble la fin du monde” (Edition Salvator, 2012) ha affrontato il tema delle ansie millenariste della società contemporanea come spie di una inespressa ricerca religiosa.
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Domanda. Alcuni analisti cattolici hanno parlato di un “gesto di profonda libertà” da parte del Papa e di una grande testimonianza dell’attrattiva di Cristo, altri di debolezza. Come considera l’annuncio del ritiro di Benedetto XVI?
Risposta. E’ proprio questa la domanda: questo gesto ha una portata mistica e positiva oppure è prima di tutto il gesto molto umano di un capo che confessa la propria impotenza, fisica e strategica, dinanzi a un mondo ingovernabile? Scrivendo, nel quotidiano francese la Croix, un articolo virulento intitolato “L’abbandono del Papa è una catastrofe” (che ha suscitato molte reazioni in Francia), il mio amico Pierre Dulau (professore di Filosofia) e io abbiamo voluto prendere pienamente atto della decisione di Benedetto XVI. Tutti si premurano di relativizzare questa prova, ossia di farne una buona notizia (si parla di libertà, di umiltà…). Si sente anche dire che il Papa ha potuto rinunciare al proprio ministero perché è previsto dal Diritto canonico. Ma queste considerazioni non forniscono una risposta esaustiva al “perché” di queste dimissioni. Un marito che lascia la moglie non può giustificarsi affermando che il codice giuridico prevede tale diritto. Quindi evocare il Diritto canonico senza cercare di comprendere le motivazioni profonde di una tale decisione significa preferire la lettera allo spirito, lasciare in sospeso un “perché” doloroso, che può trasformarsi in un “a che pro?” distruttivo. Quali motivazioni adduce Benedetto XVI? Che il mondo va troppo veloce, che le nostre braccia umane sono ormai incapaci di contenerlo.
Ha ragione, certo. Vediamo banche private attaccare gli stati, ovunque la politica si riduce all’affermazione dei propri diritti individuali, oggi il progresso tecnico e le relative derive ecologiche sono inarrestabili, mentre in Francia ci si dedica (alla leggera) alla “produzione” dei bambini, grazie alla Pma, la procreazione medica assistita, e alla Gpa, la gestazione per altri.
Ma se questo è il motivo del suo congedo, non cerchiamo di attribuirgli una connotazione positiva. Ricordiamo che il Papa ha rinunciato durante la Quaresima, un tempo di penitenza, e che ha bloccato gli applausi che gli venivano rivolti durante la funzione del Mercoledì delle Ceneri. Questa rinuncia è grave e importante. Quindi, per rispondere alla domanda che ho posto poc’anzi, dico che sì, questo gesto ha certamente una portata mistica forte, ma che (contrariamente a quanto si dice) ha una portata negativa o comunque dolorosa.
D. In una nostra intervista, Roger Scruton ha dichiarato che “le dimissioni di Ratzinger sono inquietanti perché, al di là dei problemi fisici che il Papa può aver addotto, segnalano che il cristianesimo ha subito un’intimidazione. Il Papa si è ritirato a causa di una debolezza strategica della Chiesa e della sua incapacità di affrontare gli attacchi contro i militanti in Europa da parte dei laici, le lobby gay, la propaganda della pedofilia, l’Unione europea, i conformisti intellettuali. Noi avvertiamo l’intimidazione quando ci chiediamo come hanno fatto i sostenitori del matrimonio gay a creare questa ortodossia adottata da tutti i dirigenti politici. Il cattolicesimo ha subito un’intimidazione. Quello che Giovanni Paolo II chiamava “odio di sé” io lo chiamo “cultura del ripudio”. Condivide questa interpretazione?
R. So che Roger Scruton ha scritto un libro intitolato “Del buon uso del pessimismo (e il pericolo delle false speranze)”. Io dico più o meno le stesse cose nel mio ultimo saggio, “Vivre ensemble la fin du monde” [Vivere insieme la fine del mondo, ndt]: la fede non è la speranza, la fede sostiene la prova, si inscrive nel cuore della prova. Il più grande servizio che si possa rendere alla fede è quello di non sottrarsi alla prova che ci viene chiesto di affrontare. La fede è dunque il contrario delle false speranze di cui parla Roger Scruton.
Quanto all’intenzione del Papa, sono dell’idea che nessuno conosca con certezza i motivi della rinuncia di Joseph Ratzinger. Nessuno è in grado di dire perché questo Papa, che a mio avviso non ha commesso un solo errore durante il suo pontificato, ci lascia con questo gesto. Impotenza? Lo confessa lui stesso. Ma impotenza di fronte a cosa? Credo che la Chiesa sia arrivata a un bivio molto doloroso (una Croce, in pratica): o farsi da parte davanti al mistero della propria impotenza, lasciando tutto nelle mani di Cristo (è esattamente quello che ha fatto Benedetto XVI ritirandosi) o, per non essere tacciata di debolezza o tiepidezza, alzare la testa e contrattaccare, ossia riprendere il comando. Perché, di fronte ai dispregiatori dell’antropologia cristiana, siamo arrivati a un punto di non ritorno: nella battaglia dei modernisti contro i cattolici, il dialogo è impossibile, poiché si tratta di due antropologie opposte a confronto. Secondo l’antropologia moderna o post-moderna, la Ragione non è un dono che ciascuno di noi ha ricevuto dal Creatore, ma solo l’invenzione storica e contingente della cultura occidentale: con questi presupposti, non esiste possibilità di dialogo. Quindi non si può fare altro che lottare. Roger Scruton vorrebbe probabilmente che il Papa, anziché dimettersi, facesse appello a un combattimento più virile e più franco. Io personalmente credo che i cattolici siano destinati a evangelizzare, senza vergogna o falso pudore, prendendo necessariamente delle botte. Sono tenuti ad annunciare Dio e a proclamare la propria fede, per la semplice ragione che le loro opinioni politiche sono intelligibili solo attraverso la loro fede: è per questo che vivono e si considerano come dei figli amati da Dio, come un dono fatto a loro stessi. Per questo apprezzano la Ragione, non concepiscono la differenza sessuale come un affronto alla loro libertà individuale e sono contrari al post-modernismo e alla teoria del genere. E’ proprio perché credo in un Dio che è Amore e Relazione che la mia libertà non è come quella dell’individuo moderno: per me, cattolico, essere libero significa accogliere me stesso come una buona notizia, e non chiedere alla scienza e alla tecnica tutto e qualsiasi cosa affinché i miei desideri siano soddisfatti e i miei diritti, assolutizzati, vengano riconosciuti.
D. Sempre Scruton: “La famiglia è denunciata come una fonte di oppressione o come una istituzione patriarcale dedita alla subordinazione delle donne. La guerra intellettuale alla famiglia è un prodotto dell’ultima parte del Ventesimo secolo. La famiglia è diventata un’istituzione sovversiva in guerra con la cultura sponsorizzata dallo stato. Va a credito della chiesa cattolica il fatto di rifiutarsi di blandire l’autoindulgenza contemporanea. Il Papa ha il dovere di ricordarci quel che siamo”. E ancora: “Soprattutto, la chiesa cattolica è impegnata in una battaglia nella difesa della riproduzione umana. Una battaglia degna di essere combattuta”, dice infine Roger Scruton. “La forma umana è vulnerabile alla profanazione e al sacrilegio. Fino a oggi è sempre stata vista come qualcosa di troppo sacro per metterci sopra le mani, come un dono degli dei. Oggi stiamo cercando di accelerare il processo dell’evoluzione per soddisfare i nostri desideri. E’ stata seriamente posta la ‘soluzione finale’ al problema dell’uomo. L’uomo sembra ridondante”. Pensa dunque che ora sia necessario un Papa che possa combattere nel mondo su questo piano?
R. Credo che Benedetto XVI abbia detto e ripetuto più volte quello che Scruton sostiene. Non l’ha fatto con lo stesso tono, da intellettuale impegnato, ma l’ha fatto. Il nuovo Papa, più giovane, non avrà nulla né da aggiungere né da togliere al fatto che la chiesa cattolica sia un polo di resistenza attiva, un “no” opposto alle derive dell’individualismo, ma un “no” commisurato a un più grande “sì” alla nostra umanità, amata nella sua carne e nella sua fragilità, perché assunta dal Cristo. Lo stato e la tecnica vogliono produrre un uomo senza orizzonte, senza poesia, sospettoso e capriccioso, che si crede tanto più libero quanto più si circonda di diritti e di gadget. Ma Dio ha un grande progetto per l’uomo, che non è il “paradiso” tagliato dall’uomo a propria misura. Il prossimo Papa non può dire il contrario.
D. Come valuta la “strategia della tensione” di vari media, che prima del Conclave parlano di dossier segreti e di una potente lobby omosessuale che avrebbe costretto Benedetto XVI alle dimissioni?
R. Confesso che questi temi sono al di là della mia portata, ma verso il basso: è ovvio che ci sono lobby, complotti. Ma è guardando alla Verità, al Bene e al Bello che dobbiamo combattere. Il problema dei media di cui si sta parlando è che, lungi dall’essere veri mediatori, vogliono offrire ai propri clienti una soddisfazione immediata: allora bisogna parlare di intrighi, di segreti, ecc. Non diamogli importanza. L’unica domanda seria è: chi è, per noi, il Cristo? E cioè: che cos’è degno, per noi uomini moderni, di essere amato più di ogni altra cosa? Il denaro, la fama, i gadget? O invece questo Dio personale che chiama ciascuno per nome, affinché la nostra vita, presa sul serio, si dispieghi in ogni dimensione? Il resto, si sa, è cattiva letteratura.
Traduzione Studio Brindani
Il Foglio sportivo - in corpore sano