Sorpresa Cav. nel cilindro

Ingorgo o governissimo

Salvatore Merlo

Non c’è una maggioranza chiara, ma questo nuovo fragile Parlamento, anche qualora non riesca a dare un governo stabile al paese, dovrà comunque eleggere il presidente della Repubblica. Il 15 maggio termina il settennato di Giorgio Napolitano, ma un mese prima, il 15 aprile, cominceranno le sedute per l’elezione del nuovo capo dello stato, e così sul proscenio della confusa politica italiana, malgrado ancora tutti lo neghino, per evitare un disastroso ingorgo istituzionale si profila l’ipotesi più che concreta di un accordo complessivo, su tutti i fronti (legge elettorale, presidenza della Repubblica e nuovo governo) tra il Pdl e il Pd.

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    Non c’è una maggioranza chiara, ma questo nuovo fragile Parlamento, anche qualora non riesca a dare un governo stabile al paese, dovrà comunque eleggere il presidente della Repubblica. Il 15 maggio termina il settennato di Giorgio Napolitano, ma un mese prima, il 15 aprile, cominceranno le sedute per l’elezione del nuovo capo dello stato, e così sul proscenio della confusa politica italiana, malgrado ancora tutti lo neghino, per evitare un disastroso ingorgo istituzionale si profila l’ipotesi più che concreta di un accordo complessivo, su tutti i fronti (legge elettorale, presidenza della Repubblica e nuovo governo) tra il Pdl e il Pd. Ieri in serata era agli atti una vittoria risicatissima del centrosinistra e di Pier Luigi Bersani alla Camera, mentre in Senato nessuno ottiene la maggioranza assoluta (grazie ai seggi di Valle d'Aosta e Trentino quella  relativa dovrebbe andare al centrosinistra, mentre il centrodestra di Silvio Berlusconi ha conquistato anche le regioni in bilico: Lombardia, Sicilia e Campania). Il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo è la terza forza politica del paese (primo partito in alcune regioni, tra cui la Sicilia), avrà circa 54 senatori e un centinaio di deputati, mentre la lista Scelta civica di Mario Monti (con diciotto senatori e i partiti di Fini e Casini al limite dell’estinzione) non sfonda e risulta insufficiente persino a garantire la governabilità al Pd qualora decidesse di legarsi al centrosinistra. Appare evidente che, in assenza di un vero recupero elettorale del cendtrodestra (che va oltre le aspettative ma perde pur sempre oltre 20 punti rispetto alle passate elezioni), il movimento di Grillo ha eroso i consensi che il Pd aveva conquistato mesi fa grazie alle primarie. Insomma il primo sconfitto è Bersani.

    La prima seduta del nuovo Parlamento è prevista per il 15 marzo e dunque i partiti, tutti, da oggi hanno poco meno di un mese per riordinare le idee e forse siglare le prime intese politiche con l’obiettivo di evitare – se possibile – il ritorno alle urne anticipate. Subito dopo l’elezione dei presidenti di Camera e Senato, in un contesto così confuso, cominceranno le consultazioni al Quirinale, prevedibilmente ai primi di aprile. “Se non c’è maggioranza si rivota”, ha detto ieri Matteo Orfini, membro della segreteria del Pd ed esponente dei cosiddetti “giovani turchi”, la sinistra socialdemocratica del Pd. Ma non è detto che sia davvero questa la posizione di Bersani, come dice infatti Enrico Letta, vicesegretario del partito: “L’ipotesi di un nuovo voto anticipato non è la soluzione”. La questione è dunque aperta, nel Pdl nessuno nega la possibilità, Angelino Alfano si mantiene sul vago, mentre Fabrizio Cicchitto dice che “andare al voto di nuovo sarebbe da irresponsabili”. Bersani, intanto, è un segretario sotto schiaffo, accusato di aver condotto una disastrosa campagna elettorale che ha favorito l’exploit del Movimento 5 stelle: “Doveva rinnovare il partito, ma non lo ha fatto”, dice Mario Adinolfi, deputato uscente del Pd. Al di là della baruffa verbale, adesso un accordo di larghe intese tra i maggiori partiti di centrodestra e centrosinistra è forse nelle cose, e a questo obiettivo che dovrebbe puntare, in mancanza di una maggioranza stabile, anche il presidente Napolitano. Risultato minimo: un governo di scopo che, sorretto da una maggioranza in grado di eleggere almeno il nuovo presidente della Repubblica, possa rapidamente riformare la legge elettorale e riconsegnare poi il paese alle urne. Ma chissà. esiste anche l’ipotesi di una più duratura grande coalizione, ma a chi dovrà andare la presidenza del Consiglio? Appare ormai improbabile che Mario Monti (inchiodato a percentuali meschinelle) possa tornare a Palazzo Chigi alla guida, ancora, di una “strana” maggioranza: la sua partecipazione alle elezioni ha cambiato tutto, come pare abbia detto agli amici anche Massimo D’Alema (“se non si fosse candidato poteva ottenere il massimo con il minimo”).

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.