Passare l'election day all'Unità
Nel grande open space all’ottavo piano di un palazzone in via Ostiense 131 L, dove da qualche anno si è trasferita l’Unità, alle 16 e 30 di un giorno che si annuncia ancora molto lungo, non c’è l’animazione che ci si aspetterebbe. Alla redazione si arriva dopo aver percorso corridoi molto lunghi, ampi e piuttosto freddi. Un po’ come l’atmosfera che si respira tra le scrivanie, stranamente sospesa. E’ successo che, nel tempo che ci abbiamo messo ad arrivare, ci siamo persi qualche passaggio.
Nel grande open space all’ottavo piano di un palazzone in via Ostiense 131 L, dove da qualche anno si è trasferita l’Unità, alle 16 e 30 di un giorno che si annuncia ancora molto lungo, non c’è l’animazione che ci si aspetterebbe. Alla redazione si arriva dopo aver percorso corridoi molto lunghi, ampi e piuttosto freddi. Un po’ come l’atmosfera che si respira tra le scrivanie, stranamente sospesa. E’ successo che, nel tempo che ci abbiamo messo ad arrivare, ci siamo persi qualche passaggio. Solo da pochi minuti – passata quella che il giornalista Francesco Cundari, in forza all’ufficio centrale del quotidiano, chiama, e non da oggi, “l’ora del cialtrone”, cioè il regno degli instant poll e delle connesse elucubrazioni a perdere, regolarmente azzerate dalla realtà – da pochi minuti, si diceva, sotto gli occhi di tutti, con le prime proiezioni “vere”, c’è il fatto che una vittoria del Partito democratico, considerata acquisita, acquisita non lo è più.
“Voltiamo pagina”, incitava ieri il titolo di copertina del quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Ma i suoi redattori, alle cinque della sera del giorno più lungo, e che sarà ancora molto lungo, non sanno più dire se, voltata questa pagina e passata la notte, il loro giornale si sveglierà come organo vicino al governo o ancora all’opposizione. Sempre ammesso che un governo, da questa situazione, possa nascere. Anzi, più tempo passa, più le facce, da perplesse, si fanno preoccupate. Gruppetti di due o tre redattori si fermano davanti ai piccoli televisori disseminati nel grande spazio. La maggioranza preferisce però concentrarsi sullo schermo del proprio computer, e forse non solo perché c’è il giornale da fare e la macchina da mandare avanti.
“Ma abbiamo visto un altro mondo che non esisteva o che cosa è successo?”, chiede con comprensibile veemenza, a rompere un silenzio un po’ irreale, una redattrice della cronaca. Un’altra scuote la testa, come se quei numeri che raccontano una storia molto diversa da quella che era stata immaginata fino a poche ore fa – la pagina da voltare, la vittoria netta dei democratici: “Serve un successo netto”, aveva detto Bersani intervistato dall’Unità all’uscita del seggio elettorale – fossero qualcosa di davvero incomprensibile. Un brutto scherzo, un dispetto, un’ingiustizia. Dalla grande vetrata trasparente che separa l’open space dalla sua stanza, vediamo il direttore, Claudio Sardo, camicia azzurra e sciarpa al collo, circondato dai responsabili della redazione politica. Qualcuno parla animatamente, qualcun altro fa segno di tacere perché arrivano altre notizie dalla televisione, e non sono buone notizie. La tv, per inciso, per una volta sembra tornare di nuovo la vera protagonista. Molto più dei siti internet, che a volte sembrano un po’ imbambolati, fermi su cose superate, mentre sul piccolo schermo le cose accadono in tempo reale.
Arriva una nuova proiezione che consolida l’ipotesi di un testa a testa tra Pd e Pdl. Qualcuno si rianima. Qualcun altro chiede come mai, visto che il dato assoluto dei voti già scrutinati al Senato dà in vantaggio il Pd, a essere dato per vincente è invece il Pdl. L’ingenuo è subito ragguagliato dai conoscitori delle tecnicalità. Contano le regioni, e alla fine anche quel barlume di speranza si offusca. “E comunque l’Udc è proprio scomparsa”, nota un’altra redattrice, con modesto ma significativo sollievo. “Mentre, in fondo, Fratelli d’Italia non è andato niente male”, nota un altro. Il direttore esce dalla sua stanza, chiede chi si sta occupando delle tabelle. Gentilmente, ci mette a disposizione un po’ del suo tempo per dire che il successo di Grillo è avvenuto soprattutto a spese del Pd, ben più di quanto ci si potesse logicamente aspettare.
Pulci, il cagnolino di redazione adottato tre anni fa dal caporedattore centrale, Paolo Branca, esce dalla cuccia, pronto per la solita passeggiata pomeridiana: “Di solito è molto festoso. Ma oggi, sarà che sente l’atmosfera, sembra triste pure lui”.
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