Gioco di sponda

Così Obama non aiuta i ribelli in Siria? Smascherato dal Nyt

Daniele Raineri

Il New York Times scopre finalmente chi sta armando i ribelli siriani moderati per controbilanciare il potere dei ribelli islamisti e anche per imprimere più velocità alla guerra contro il presidente Bashar el Assad, che per il momento va avanti con esasperante lentezza. “Secondo fonti del governo americano e di governi occidentali”, l’Arabia Saudita ha finanziato un acquisto massiccio di armi pesanti da fanteria in Croazia e le ha trasferite con discrezione sul fronte siriano, e questo spiega i numerosi avvistamenti sul campo di battaglia che erano stati descritti anche dal Foglio quindici giorni fa.

    Il New York Times scopre finalmente chi sta armando i ribelli siriani moderati per controbilanciare il potere dei ribelli islamisti e anche per imprimere più velocità alla guerra contro il presidente Bashar el Assad, che per il momento va avanti con esasperante lentezza. “Secondo fonti del governo americano e di governi occidentali”, l’Arabia Saudita ha finanziato un acquisto massiccio di armi pesanti da fanteria in Croazia e le ha trasferite con discrezione sul fronte siriano, e questo spiega i numerosi avvistamenti sul campo di battaglia che erano stati descritti anche dal Foglio quindici giorni fa. Cannoni senza rinculo, mortai, razzi controcarro, mitragliatrici, che danno ai ribelli la capacità di affrontare i corazzati dell’esercito regolare di Damasco, da dicembre passano attraverso il confine sud – con la Giordania – e finiscono nelle mani dei battaglioni che meno indulgono alla retorica della guerra di religione. Il capo del primo battaglione a ricevere le nuove armi in arrivo dalla ex Yugoslavia ha incontrato e si è fatto fotografare con leader cristiani, per significare che le minoranze religiose non hanno da temere dal rovesciamento del governo di Assad. L’Arabia Saudita quindi non finanzia gli estremisti di gruppi come Jabhat al Nusra, come sembrano suggerire i rumor che circolano in Siria, ma i gruppi rivali (vero è che i finanziamenti privati dal Golfo spesso vanno ai battaglioni più radicali e pericolosi).

    Sabato il giornale croato Jutarnji ha scritto che nei mesi scorsi c’è stato un numero elevato e insolito di voli di aerei cargo giordani in partenza dall’aeroporto Plaso della capitale Zagabria. La proposta di usare l’arsenale croato, rimasto inutilizzato dopo le guerre nei Balcani degli anni Novanta, è stata fatta per la prima volta da un funzionario croato agli americani la scorsa estate durante una visita a Washington. Questo particolare – l’offerta croata fatta agli americani e poi passata ai sauditi – e il fatto che le armi passino dalla frontiera giordana – che gli americani hanno trasformato in un punto avanzato di sorveglianza e sostegno ai ribelli siriani, anche con l’invio di soldati – rafforzano la tesi che l’America abbia approvato l’operazione saudita. L’idea che l’Amministrazione Obama non stia intervenendo a favore dei ribelli a questo punto è una posa farsesca a uso di Russia e Iran. Si tratta di un “leading from very behind” (il “leading from behind”, guidare dalla retrovia gli sforzi altrui, è l’approccio strategico scelto da Obama in Libia: fare senza esporsi). Mentre non è ancora chiaro se l’America manderà almeno “equipaggiamento non letale”, sembra che stia facendo pressione sui partner europei perché provvedano ai ribelli siriani materiale importante – e non più solo walkie-talkie – come visori notturni per combattere al buio e mezzi blindati.

    Joe Biden telefona all’opposizione siriana
    Ieri il nuovo segretario di stato americano, John Kerry, impegnato nel suo primo viaggio, ha incontrato a Berlino il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che il giorno prima aveva visto a Mosca il ministro degli Esteri siriano, Walid al Muallem, e gli aveva fatto dire una frase storica: “Il governo siriano è pronto a trattare anche con i gruppi armati” (finora Assad ha sprezzantemente rifiutato di considerarli interlocutori). E’ una catena pianificata di incontri: lunedì Lavrov incontra Muallem a Mosca, martedì Lavrov vede Kerry a Berlino, giovedì Kerry vedrà a Roma il capo dell’opposizione siriana Moaz al Khatib. Kerry è riuscito a convincere al Khatib a venire a Roma domani per parlare dopo che il siriano aveva minacciato di boicottare l’appuntamento (Khatib ha anche ricevuto la chiamata grata del vicepresidente Joe Biden, questo rafforza l’idea che Washington stia aumentando la pressione). Entrambi i fronti, governo e opposizione, pongono per ora condizioni considerate troppo pesanti per cominciare i negoziati: la cacciata e il processo di Assad contro il disarmo dei gruppi ribelli. Eppure lunedì si è saputo che Moaz al Khatib ha incontrato la settimana scorsa Muhammad Hamsho, importante uomo d’affari siriano vicino a Maher al Assad, fratello del presidente e violento capo militare (Hamsho è anche sulla lista degli uomini di potere siriani colpiti dalle sanzioni contro Assad). Regime e opposizione adesso si parlano. E l’America fa fare all’Arabia Saudita il lavoro sporco, ma approva e spinge sul traffico d’armi per sbloccare questo stallo politico-militare da 150 morti al giorno.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)