Il ritorno del giaguaro e dei suoi amici

Salvatore Merlo

Non vede l’ora di poterlo proporre a Pier Luigi Bersani, e d’altra parte è un suo vecchio pallino quello dell’accordo con il grande capo del partito avversario: Silvio Berlusconi pensa intensamente alla grande coalizione (“ma una legislatura costituente che duri cinque anni”, dice Fabrizio Cicchitto). E il Cavaliere ci pensa da ben prima di aver visto il risultato delle urne, malgrado nel suo partito non tutti siano d’accordo. Ieri sera, a Via dell’Umiltà, sede del Pdl, in assenza del Cavaliere (ma su mandato di Berlusconi) se ne è parlato. Al termine di una giornata complicata, Angelino Alfano è andato in conferenza stampa per rispondere a un Bersani un po’ troppo vago, impreciso, pericolosamente sbadato.

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    Non vede l’ora di poterlo proporre a Pier Luigi Bersani, e d’altra parte è un suo vecchio pallino quello dell’accordo con il grande capo del partito avversario: Silvio Berlusconi pensa intensamente alla grande coalizione (“ma una legislatura costituente che duri cinque anni”, dice Fabrizio Cicchitto). E il Cavaliere ci pensa da ben prima di aver visto il risultato delle urne, malgrado nel suo partito non tutti siano d’accordo. Ieri sera, a Via dell’Umiltà, sede del Pdl, in assenza del Cavaliere (ma su mandato di Berlusconi) se ne è parlato. Al termine di una giornata complicata, Angelino Alfano è andato in conferenza stampa per rispondere a un Bersani un po’ troppo vago, impreciso, pericolosamente sbadato (“con Bersani non c’è futuro, parla in politichese”). Ma il vero senso delle parole di Alfano, concordato con il Cavaliere, in realtà è tutto in una frase: “Se Bersani va con Grillo vedremo dove andrà a finire il paese…”. E infatti Berlusconi è preoccupato soprattutto dalla possibilità che Bersani sbagli le prime mosse compromettendo tutto con un errore esiziale.

    Così il Cavaliere ha fatto arrivare al segretario del Pd un doppio messaggio, uno pubblico (attraverso Alfano) e uno privato, ma decisamente più esplicito, tramite Denis Verdini. Questo il senso, all’incirca, delle parole consegnate a Maurizio Migliavacca, il Verdini di Bersani: “State attenti a Beppe Grillo. Se fate un accordo con lui e nominate le cariche istituzionali, Grillo poi potrebbe anche mollarvi sul più bello e a quel punto non crediate che il Pdl sia disposto a correre in vostro soccorso”. Ovvero: il negoziato sulla grande coalizione tra Pdl e Pd, se deve esserci, deve iniziare da subito e deve comprendere tutto, deve essere un accordo complessivo, di sistema, a cominciare dalla presidenza della Repubblica (un candidato cui non si può dire di no il Cavaliere già ce l’ha) fino alla presidenza della Camera e del Senato. Per adesso Berlusconi aspetta, non si espone troppo in prima persona (un po’ lo ha già fatto alludendo ai rischi legati al voto anticipato) e manda avanti gli ambasciatori più informali, in attesa di schierare, ma solo in fase avanzata, Gianni Letta: vengono presi contatti nelle zone di confine, ma così, con studiata leggerezza, come a tastare la consistenza del terreno. Eppure il dossier è apertissimo, a Via dell’Umiltà se ne parla da almeno due giorni, con una certezza (“Bersani non si fida, è chiaro”) e un dubbio: “Possibile coinvolgere Mario Monti come garante dell’intera operazione?”.

    “Adesso è incontournable”
    Da Villa San Martino ad Arcore, lunedì notte, a risultati elettorali quasi definitivi, è partita una telefonata importante per il segretario Angelino Alfano. “Organizzate una riunione a Roma, prima del mio arrivo – ha detto il Cavaliere al giovane segretario – cercate di capire che si può fare con Bersani”. E così ieri, al partito, chez Alfano, con Berlusconi ancora ad Arcore, si sono tenuti lunghi concialiaboli fino a sera, fino alla conferenza stampa di Alfano (e forse anche dopo). Tutti attorno a un tavolo: Raffaele Fitto, Denis Vedini, Maurizio Gasparri, Altero Matteoli, Maurizio Lupi e la stella (ri)nascente Daniele Capezzone, il portavoce del partito (“il Cavaliere adesso è ‘incontournable’”, dice lui, che si accredita capogruppo in Senato e riproduce le esatte parole del leader). Ma l’idea della grande coalizione in realtà non è nata a Roma, non è una escogitazione prodotta dal Castello della politica berlusconiana.

    Nelle stanze di Via dell’Umiltà, al contrario, si sollevano molte sopracciglia al solo sentir parlare di grande coalizione (“non ci conviene, per noi è meglio metterci all’opposizione di un inciucio tra Grillo e Bersani”). E infatti è sull’asse Arcore-Cologno Monzese, è nei pranzi di famiglia e nelle conversazioni con gli uomini dell’azienda che il Cavaliere è tornato con forza sul suo vecchio pallino delle larghe intese (molti anni fa arrivò a corteggiare, e con una certa frequenza, Massimo D’Alema, fino a proporlo alla presidenza della Repubblica). “Questo paese non bisogna lasciarlo agli anarchici”, dice, non a caso, Fedele Confalonieri. Il presidente di Mediaset, il più saggio e moderato tra gli uomini ascoltati dal Cavaliere, ha manifestato a Berlusconi il suo pensiero più volte e con estrema chiarezza. “Le forze politiche responsabili in questa fase delicata devono farsi guidare dalla ragione”, pensa Confalonieri alludendo evidentemente a rapporti di grande coalizione tra il Pdl berlusconiano e il Partito democratico. Più chiaro di così. Grillo annusa l’aria, e si prepara a bombardare: “Assisteremo a una riedizione del governo Monti con un altro Monti”. Se grande coalizione sarà, dovrà essere lunga, almeno cinque anni, “funziona solo se prosciuga Grillo”.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.