E ora che farà Renzi?

Claudio Cerasa

Renzi, già. Che farà adesso il sindaco di Firenze? Come si muoverà? Che strada prenderà? Tornerà in campo? Resterà a Firenze? Non farà nulla? Roberto Reggi, che Matteo Renzi lo conosce bene e che con lui ha condiviso la battaglia delle primarie (era il suo braccio destro), un’idea su quello che il Rottamatore combinerà nei prossimi mesi ce l’ha e prova a sintetizzarla così a questo giornale. “Ve lo dico io che cosa farà Matteo: farà come i gatti.

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    Renzi, già. Che farà adesso il sindaco di Firenze? Come si muoverà? Che strada prenderà? Tornerà in campo? Resterà a Firenze? Non farà nulla? Roberto Reggi, che Matteo Renzi lo conosce bene e che con lui ha condiviso la battaglia delle primarie (era il suo braccio destro), un’idea su quello che il Rottamatore combinerà nei prossimi mesi ce l’ha e prova a sintetizzarla così a questo giornale. “Ve lo dico io che cosa farà Matteo: farà come i gatti. Sapete quei gatti che ogni tanto se ne vanno via per far sentire la loro mancanza e poi tutti vanno lì a cercarli in lacrime chiedendogli di tornare e di rifarsi vivo? Ecco, io credo che con Matteo andrà proprio così”. Il pensiero di Reggi, in effetti, sintetizza bene la strada scelta dal sindaco di Firenze per seguire, “senza fare sciacallaggio”, la fase finale del regno di Pier Luigi Bersani. Renzi, pur non potendolo dire espressamente, non è affatto ottimista (eufemismo) sulla possibilità che il segretario del Pd possa formare un governo con l’appoggio di chi “fino a qualche ora fa lo definiva Gargamella e chiedeva di processarlo in piazza”; e nei suoi colloqui privati ha definito come “molto probabile” l’ipotesi che entro metà marzo sia qualcun altro, al posto di Bersani, a prendersi sulle spalle l’onere di formare un nuovo governo. E però che farà ora Matteo Renzi? Al momento continuerà a comportarsi come ha fatto negli ultimi mesi – cioè bene, nonostante le molte critiche ricevute, e a volte ingiuste, comprese quelle di questo giornale – e cercherà di marcare il più possibile la distanza con la vecchia classe dirigente alla deriva (“Mai un caminetto con la Bindi!!”) che in pratica, nel giro di pochi mesi, si è rottamata da sé. “Se si andrà a votare presto e magari anche a giugno – continua Reggi – e se il Pd chiederà a Renzi di scendere in campo, senza altre primarie, io credo sia la cosa più naturale al mondo che Matteo dia la sua disponibilità per guidare il centrosinistra”.

    La convinzione che, una volta tentato il “miracolo” di governare senza una maggioranza, la carta da spendere per i progressisti sia quella del Rottamatore è ormai un’analisi condivisa non solo tra gli integralisti del renzismo ma anche tra alcuni pezzi grossi del cerchio magico bersaniano. E non è un caso se in queste ore anche i leader più fedeli al segretario hanno cominciato a lanciare qua e là segnali significativi sugli errori di valutazione commessi negli scorsi mesi su Matteo Renzi. Qualcuno si rimprovera di aver sottovalutato il tema della “rottamazione” (e in fondo il successo di Grillo è innegabilmente legato anche al suo profilo da rottamatore). Qualcun altro si pente di non aver aperto a sufficienza le primarie (gira molto in queste ore tra le caselle di posta elettronica di alcuni dirigenti del Pd un vecchio intervento di Renzi fatto a Torino il 21 ottobre dello scorso anno, quando il sindaco disse: “Il Pd con noi può puntare al 40 per cento, con altri è un Pd da 25 per cento”, e in effetti il Pd ha preso il 25 per cento). E qualcun altro, infine, si autoaccusa per aver sottovalutato il tema della leadership carismatica e per non essere intervenuto in tempo per convincere Bersani a seguire in campagna elettorale più il modello Renzi che il modello Hollande. “Dobbiamo dire la verità: Renzi sicuramente sarà la carta del futuro. E su forme di democrazia diretta e partecipazione bisogna riconoscere che Matteo è moderno e decisamente competitivo con Grillo”. E se tra coloro che in queste ore fanno autocritica c’è anche il braccio destro di Pier Luigi Bersani, Enrico Letta (i virgolettati che avete appena letto li ha consegnati il vicesegretario del Pd al Foglio), è facile capire come nel Pd la riflessione su cosa fare nel futuro, e su cosa fare in particolare con Renzi, sia a uno stato molto più avanzato rispetto a quanto si potrebbe credere.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.