Il buono e il cattivo
I destini incrociati di Palacio e Cassano
Con quella treccia si aggira come un sopravvissuto dei mai abbastanza rimpianti Anni 80, quando i tempi erano tricologicamente convulsi e una permanente non si negava a nessuno, con annessa estensione. Uomo o donna che fosse. Se oggi si vive l'epoca delle creste, Rodrigo Palacio va controcorrente. Guardando a posteriori, forse l'unico acquisto azzeccato di una campagna che ha lasciato molti punti interrogativi, in estate come in inverno. Antonio Cassano invece ha pensato bene di fare strage di cristalli anche nella vetrina nerazzurra, ennesimo appuntamento mancato con una statuetta dopo essere stato candidato come miglior attore protagonista.
Con quella treccia si aggira come un sopravvissuto dei mai abbastanza rimpianti Anni 80, quando i tempi erano tricologicamente convulsi e una permanente non si negava a nessuno, con annessa estensione. Uomo o donna che fosse. Se oggi si vive l'epoca delle creste, Rodrigo Palacio va controcorrente. Lui è El Trenza, portatore sano di un codino che si lascia crescere dai tempi del Boca Juniors, in ricordo di un gol all'Huracan da non dimenticare. Un'appendice alla Roby Baggio: identica la testa, con capelli ad altezza quasi zero per entrambi, totalmente differente la coda. Perché quella del Divin Codino era vaporosa ed esuberante, come i piedi del genio che la portava in giro per il campo. Quella di Palacio è lunga e sottile, quasi un frustino sinuoso. Come i suoi colpi, pronti a ferire l'avversario quando meno se lo aspetta. Enrico Preziosi, uno che si intende di argentini come di giocattoli, l'aveva portato al Genoa nel 2009, sulle orme di altri due grandi attaccanti quali Diego Milito ed Ezequiel Lavezzi. Meno celebrato ma altrettanto concreto. Ed efficace, con accelerazioni e cambi di passo cestistici. Alla Manu Ginobili, altro celebre figlio di Bahia Blanca andato a insegnare il basket agli statunitensi. Non a caso Gian Piero Gasperini aveva insistito per averlo all'Inter, quando era stato chiamato dal Genoa. Una richiesta inascoltata da parte di Massimo Moratti. O meglio: posposta di anno, quasi un dispetto al tecnico, perché il presidente ha poi affidato Palacio ad Andrea Stramaccioni. Guardando a posteriori, forse l'unico acquisto azzeccato di una campagna che ha lasciato molti punti interrogativi, in estate come in inverno. Gli ultimi a Catania, dove l'allenatore è stato costretto a rimangiarsi le scelte iniziali, per non essere travolto anch'egli dalla disfatta della squadra. Palacio si è alzato dalla panchina, ha preso il posto dell'improponibile Rocchi e ha mutato il corso della partita: un assist e due reti, per segnare quanto Milito quest'anno, per salvare la ghirba a Stramaccioni, per ribadire di essere uno dei pochi punti fermi da cui non poter prescindere.
Questo perché Antonio Cassano ha pensato bene di fare strage di cristalli anche nella vetrina nerazzurra, ennesimo appuntamento mancato con una statuetta dopo essere stato candidato come miglior attore protagonista. Naufragi già visti alla Roma, con l'incrinarsi dei rapporti con Totti; al Real Madrid, con il rinnegamento da parte di un Capello preso per i fondelli; alla Sampdoria, con gli insulti a Garrone che lo considerava ormai come un figlio; al Milan, dove il barese ha rotto scientificamente ogni rapporto, senza però che mai nulla venisse alla luce, come è buona tradizione in casa rossonera. Una tradizione che qualche birbante non ha osservato all'Inter, spifferando del match verbale e fisico con Stramaccioni. Un litigio andato a travolgere le reciproche dichiarazioni d'amore, sublimate in campionato dal festeggiamento dopo il derby d'andata, abbracciati sotto la curva. Un comune sentire che soltanto i risultati avrebbero potuto alimentare, e venuto meno con le progressive esitazioni della squadra. Stramaccioni si è nascosto dietro alla pietosa bugia della mancata convocazione a Catania per scelta tattica, come se fosse un problema portare con te un giocatore quando oggi ne puoi far sedere fino a dodici in panchina. La realtà è piuttosto rappresentata dalla difficoltà di avviare un complicato cambio generazionale e di gestire talenti dal carattere infiammabile: prima Sneijder, oggi il ben più esplosivo Cassano. Si può immaginare che cosa sarebbe stato scritto o detto se non fosse stata invertita la rotta dopo il primo tempo in Sicilia. Palacio ha aiutato l'Inter ma, soprattutto, Stramaccioni nel primo round ufficiale contro Cassano. I successivi segneranno il destino di tutti: della squadra, del tecnico, del ribelle.
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