Pontieri

I ragionevoli pilastri che sognano il grillismo col Pd. Archistar, Nobel, cantanti e un po' di Fatto

Marianna Rizzini

I pontieri guardano un po’ increduli al Beppe Grillo che ribadisce il concetto del “nessuna fiducia a nessun governo” (così ha detto l’ex comico anche ieri a Roma, dopo aver incontrato i neoeletti). Sperano, i pontieri, che le parole di Vito Crimi, capogruppo in pectore del M5s al Senato (“no al governo dei partiti”, ma “non si esclude” il “sostegno” a “un governo tecnico”, anche a “un Monti bis”, poi smentito questa mattina) non siano depistaggi, magari decisi dallo spin-doctor Gianroberto Casaleggio, artefice, con Grillo, della linea dura. Parlano con Grillo a distanza dai giornali, i paladini del dialogo, con i toni del nonno col nipotino scapestrato, anche quando l’ex comico dà di “facce da culo” ai dirigenti del Pd.

    I pontieri guardano un po’ increduli al Beppe Grillo che ribadisce il concetto del “nessuna fiducia a nessun governo” (così ha detto l’ex comico anche ieri a Roma, dopo aver incontrato i neoeletti). Sperano, i pontieri, che le parole di Vito Crimi, capogruppo in pectore del M5s al Senato (“no al governo dei partiti”, ma “non si esclude” il “sostegno” a “un governo tecnico”, anche a “un Monti bis”, poi smentito questa mattina) non siano depistaggi, magari decisi dallo spin-doctor Gianroberto Casaleggio, artefice, con Grillo, della linea dura. Parlano con Grillo a distanza dai giornali, i paladini del dialogo, con i toni del nonno col nipotino scapestrato, anche quando l’ex comico dà di “facce da culo” ai dirigenti del Pd. Gli lanciano continui appelli perché “dia una mano” a Pierluigi Bersani (così Dario Fo, e prima Antonio Padellaro sul Fatto), presentandolo al mondo come un “buono che fa la faccia cattiva” (Renzo Piano su Repubblica). Sono amici in cerca di una linea possibile, di dialettica politica per com’è stata finora (seppure, adesso, con l’ex comico da un lato del tavolo). Sono i ragionevoli pilastri di un grillismo che vorrebbero altrettanto ragionevole: intellò (Stefano Benni), uomini di spettacolo (Adriano Celentano, Franco Battiato), persino grandi risorse del Made in Italy (Grillo va forte in zona stilisti e nell’ambiente dell’ex Milano da bere, in zona architetti e pubblicitari). Sono quelli che Beppe Grillo vorrebbe vedere come presidenti della Repubblica (Renzo Piano e lo stesso Dario Fo, anche se entrambi hanno detto “no, grazie”) e quelli che in pubblico si spendono per far mettere Grillo “seduto” con il centrosinistra a ragionare, all’occorrenza esegeti dell’ex comico-oracolo, come Furio Colombo qualche giorno fa sul Fatto, giornale in teoria pro-Grillo ma anche gentilmente critico sulla “Grillonomics”. Per Colombo la risposta “dura e ferma” di Grillo (a Bersani) si evolve “di frase in frase”, e “frena il disprezzo e presta attenzione al modo di uscire, come dire, sia dalle parole che dal labirinto politico” – per quanto sia “estraneo al sistema”, scrive, “è difficile che Grillo voglia ballare da solo”. Fo invece era convinto, all’indomani del voto, che “il M5s fosse “pronto a ragionare con la sinistra” (così ha detto a Repubblica), nonostante la gran arrabbiatura verso la sinistra (Grillo è “furioso”, bisogna “attendere che la rabbia decanti”, ha detto al Fatto). Jacopo Fo (tutta la famiglia si fa pontiera) vuole organizzare un dibattito in rete, al grido di “se qualcuno pensa che, tornando a votare, Grillo raddoppia i voti sbaglia di grosso”.

    E insomma gli amici di Beppe, smentiti da Beppe, descrivono un Grillo che non si vede. Stefano Benni passeggia con l’ex comico incappucciato sulla spiaggia, facendo capire che la pensa “diversamente” da lui, ma che lo rispetta. Che parli Celentano (“Bersani ora creda in lui”) o Battiato (“gli avrei consigliato di fare un patto a termine con Bersani”), l’idea è sempre quella di indurre l’ex comico a discostarsi dall’impostazione “Casaleggio associati”. E però la moral suasion non sortisce grandi effetti.
    Lui, Beppe Grillo, arriva a Roma senza maschera e senza scafandro, entra come ormai suo solito da una porta secondaria (all’Hotel Universo) e incontra gli eletti che sfilano in diretta streaming su “La cosa”, per presentarsi in dieci secondi come a un casting o a una seduta di autocoscienza (“Ciao, sono Tal dei Tali. In quanto sommelier, mi occuperò di agricoltura…”, ma anche “Ciao, sono Tal dei Tali, sono ingegnere di biomasse, mi auguro che si riesca demolire il nostro ego per metterlo al servizio della collettività”). Sgorgano immediate parodie sulla rete, e la capogruppo in pectore Roberta Lombardi, mamma laureata e attivista storica con un impiego (finora) nell’arredamento di lusso per emiri e miliardari, subito deve affrontare l’effetto della trasparenza totale da blog: nel suo, di blog, il Post e l’Unità trovano subito il brano con considerazioni sul caso Grillo-Casapound, e con riflessione sul “fascismo che prima che degenerasse aveva una dimensione nazionale di comunità… un altissimo senso dello stato e la tutela della famiglia”.

    Per niente convinto dai Nobel e dagli scrittori, Grillo fa arrivare nuovi niet con battuta (“siamo qui per dare la fiducia a Bersani?”), non prima di aver fatto sapere all’Italia, via intervista alla Bild (ripresa da Wired.it) che nessun aiuto arriverà a quelli che “si sono già accordati per un governo Passera”. E non appare più morbido sul New York Times (“impossibile garantire stabilità, sarebbe come se Napoleone facesse un accordo con Wellington”).

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.