Sandri, il diplomatico che in Sistina sarà la voce di Sodano

Matteo Matzuzzi

“Non è importante l’area di provenienza del prossimo Pontefice, quanto la sua santità. E’ questo ciò che oggi serve alla chiesa. Bisogna scegliere la persona migliore, senza guardare se sia europeo o americano, asiatico o africano”, ha detto il cardinale Leonardo Sandri conversando con la Reuters dal suo ufficio in via della Conciliazione prima di entrare nell’aula Nuova del Sinodo, dove si tengono le Congregazioni generali che porteranno al Conclave. Sandri, argentino di sessantanove anni figlio di due trentini emigrati in America meridionale nei primi decenni del Novecento, delinea i tratti che dovranno caratterizzare il successore di Benedetto XVI.

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    “Non è importante l’area di provenienza del prossimo Pontefice, quanto la sua santità. E’ questo ciò che oggi serve alla chiesa. Bisogna scegliere la persona migliore, senza guardare se sia europeo o americano, asiatico o africano”, ha detto il cardinale Leonardo Sandri conversando con la Reuters dal suo ufficio in via della Conciliazione prima di entrare nell’aula Nuova del Sinodo, dove si tengono le Congregazioni generali che porteranno al Conclave. Sandri, argentino di sessantanove anni figlio di due trentini emigrati in America meridionale nei primi decenni del Novecento, delinea i tratti che dovranno caratterizzare il successore di Benedetto XVI: vigore e resistenza fisica per adempiere a tutte le incombenze del papato, grande abilità di comunicazione, capacità di governo. Aggiunge, Sandri, che questa “capacità” deve derivare non solo dalla propria esperienza personale, ma anche dalle persone che lo circondano, chiamate ad “aiutare il Papa”.

    Lui, la capacità di governo la conosce bene, visto che per sette anni, dal 2000 al 2007, è stato sostituto agli Affari generali della segreteria di stato. Laureato in Diritto canonico alla Università Gregoriana, nel 1971 è entrato alla Pontificia accademia ecclesiastica per la formazione dei diplomatici della Santa Sede. Tre anni dopo, è stato mandato in Madagascar. Tornato a Roma nel ’77, per dodici anni è stato segretario di Giovanni Benelli, Giuseppe Caprio, Eduardo Martínez Somalo ed Edward Cassidy. Dopo un’esperienza alla nunziatura a Washington, nel 1991 è diventato reggente della Prefettura della Casa pontificia. Nel ’97 è stato nominato nunzio in Venezuela e nel 2000, per pochi mesi, in Messico.
    Richiamato in Vaticano, Sandri è l’uomo che, negli ultimi mesi di vita di Giovanni Paolo II, leggeva i messaggi preparati in occasione degli Angelus domenicali, e sempre lui, il 2 aprile 2005, diede l’annuncio al mondo – con voce rotta dalla commozione – della morte di Karol Wojtyla. Una cosa inusuale e uno strappo alle regole, mormorò qualcuno: l’incombenza sarebbe dovuta spettare al cardinale vicario, all’epoca Camillo Ruini. Invece, nella piazza gremita si alzò la voce di monsignor sostituto. Considerato il delfino di Angelo Sodano, Sandri fu avvicendato nel suo incarico poco dopo l’arrivo del salesiano Tarcisio Bertone alla guida della curia. Benedetto XVI lo spostò alla Congregazione per le chiese orientali, al posto del cardinale Ignace Moussa Daoud I. Promoveatur ut amoveatur, si disse: Sandri prima vittima del nuovo corso che metteva da parte i diplomatici dalla gestione della macchina vaticana.

    Rimasto in posizione defilata negli ultimi anni, estraneo agli scandali che dal 2012 a oggi hanno coinvolto la curia romana, il prefetto per le chiese orientali – ha scritto di recente il vaticanista americano John Allen – “ha molti amici”, e in un conclave dove “le relazioni interpersonali sono destinate a contare molto di più che in passato, ciò potrebbe avere un peso determinante”. Moderato, è considerato l’uomo di Sodano nel prossimo Conclave, un fattore che potrebbe giovargli, coagulando attorno al suo nome la rete di diplomatici che vuole riemergere dopo la gestione bertoniana. Proprio la lunga esperienza curiale, però, rappresenta un ostacolo agli occhi di porporati come il cardinale Giovanni Lajolo, presidente emerito del Governatorato della Città del Vaticano, che ha già detto di preferire un “pastore d’anime” a un burocrate di carriera. Sandri, intanto, guarda lontano, racconta ciò che vorrebbe veder cambiare nella chiesa nel prossimo futuro, a cominciare dal ruolo delle donne: “Dovrebbero poter occupare posizioni chiave nell’amministrazione vaticana, anche in spazi che ora sono aperti solo agli uomini. Questa sarà una sfida per tutti noi”.

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    • Matteo Matzuzzi
    • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.