Tedeschi contro
Così la galassia euroscettica azzarda l'assedio a Berlino
Era il 29 ottobre del 2011, quando, dal palco della berlinese Universität der Künste, Hans-Olaf Henkel, ex presidente degli industriali tedeschi tra il 1995 e il 2000, promise a un pubblico di euroscettici incalliti che non avrebbe esitato a scendere personalmente in politica se la cancelliera, Angela Merkel, si fosse ostinata a voler salvare la moneta unica a ogni costo. “L’euro non è senza alternative!”, tuonò tra gli applausi il distinto settantenne che di lì a poco scelse di dare il proprio appoggio al movimento dei Freie Wähler (liberi elettori), una lista civica nata in Baviera e ora in prima fila contro l’euro.
Era il 29 ottobre del 2011, quando, dal palco della berlinese Universität der Künste, Hans-Olaf Henkel, ex presidente degli industriali tedeschi tra il 1995 e il 2000, promise a un pubblico di euroscettici incalliti che non avrebbe esitato a scendere personalmente in politica se la cancelliera, Angela Merkel, si fosse ostinata a voler salvare la moneta unica a ogni costo. “L’euro non è senza alternative!”, tuonò tra gli applausi il distinto settantenne che di lì a poco scelse di dare il proprio appoggio al movimento dei Freie Wähler (liberi elettori), una lista civica nata in Baviera e ora in prima fila contro l’euro.
Fino a un anno fa, la galassia euroscettica era dispersa in mille rivoli, nei partiti, conservatori e progressisti, nei gruppi di pressione e nelle associazioni spontanee di cittadini nate come funghi per i ricorsi costituzionali contro i meccanismi di stabilizzazione dei Fondi salva stati Efsf ed Esm. La diaspora di chi crede che la moneta unica abbia acuito le differenze di competitività degli stati membri, condannandone alcuni alla crisi permanente, sembra ora essersi conclusa. Alle prossime elezioni federali di settembre o, al più tardi, alle elezioni europee del 2014, sarà presente anche Alternative für Deutschland, una lista che raggruppa tutte le voci più autorevoli che sognano lo smembramento dell’Eurozona. A deciderlo ufficialmente sarà un congresso che si terrà il 14 aprile a Berlino. Il manifesto del movimento, presentato già a inizio ottobre, è stato sottoscritto da circa diecimila cittadini. Tra i punti principali ritroviamo: il rispetto della clausola dei trattati europei che vieta il salvataggio degli stati membri, l’insolvenza per gli stati che non riescono a onorare i propri debiti, l’introduzione di valute parallele nei paesi in difficoltà. Oltre a Hans-Olaf Henkel, il partito annovera un gran numero di economisti e giornalisti. Pochi i politici e i dirigenti d’impresa, perlopiù già in pensione.
A guidare la lista c’è un inedito triumvirato: Bernd Lucke, macroeconomista dell’Università di Amburgo, Konrad Adam, ex redattore della Faz e Alexander Gauland, ex sottosegretario democristiano nel Land dell’Assia. Per ora gli esponenti della coalizione cristiano-liberale preferiscono non commentare, anche se, come ha potuto ricostruire il Foglio, persino gli euroscettici di Cdu e Fdp intendono tenersi alla larga dalla nuova creatura. Alle elezioni svoltesi in Bassa Sassonia a fine gennaio, l’alleanza dell’Alternative con i Freie Wähler ha raccolto soltanto l’1,2 per cento dei consensi. “Di per sé un partito critico nei confronti della moneta unica potrebbe avere chance”, dice al Foglio il professor Hans Vorländer dell’Università di Dresda, “ma non è questo il caso”. “L’Alternative è un progetto elitario, per intellettuali – dice Vorländer – Non ha alcun radicamento nell’elettorato, né ha la capacità di semplificare i suoi contenuti in chiave populista”. Nondimeno, la nuova lista potrebbe rosicchiare consensi preziosi a cristiano-democratici e liberali. Secondo Vorländer, l’elettore ideale della lista “è uomo, piuttosto anziano, borghese e istruito”. Neanche l’esito delle elezioni italiane sembra essere in grado di dare slancio alla lista, dato che, secondo Vorländer, “i tedeschi si limitano a guardare tra il divertito e il preoccupato la situazione italiana, ma comunque con una certa distanza”.
L’assenza di un leader carismatico, sul modello dell’inglese Nigel Farage dell’Ukip, o dell’austriaco Frank Stronach, la cui lista, la scorsa domenica, ha toccato il 10 per cento in due elezioni regionali, fa pensare che il raggruppamento debba seguire la stessa sorte di un altro piccolo partito euroscettico, il Bund freier Bürger, nato negli anni Novanta contro Maastricht e poi scioltosi nel 2000. “Oggi però l’iniziativa dei professori è ancora più difficile – continua Vorländer – gli strumenti di comunicazione sono cambiati. L’Alternativa non ha le capacità dei Pirati di diffondere il proprio messaggio sui social network”. Insomma, nonostante quasi due terzi dei tedeschi siano scontenti di come è stata fin qui gestita l’eurocrisi – rispetto, per esempio, alla ben visibile ripresa americana, visto che ieri l’indice Dow Jones ha segnato il nuovo massimo storico, polverizzando quello del 2007 – la Merkel rimane, nell’immaginario collettivo, un’ancora di salvezza. “Piace come statista è quello che Machiavelli chiamava l’uomo virtuoso”, conclude Vorländer.
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