Il movimento grillino? "Si frantumerà sulla politica", dice Escobar

Alberto Brambilla

In poco più di una settimana, Beppe Grillo ha respinto qualsiasi alleanza politica, ieri ha scartato anche l’opportunità di un governo tecnico fino a nuove elezioni (ipotesi preferita dal presidente della Repubblica). La stampa scruta le finte “aperture” di Grillo e le registra con titoli in prima pagina, cercando una direzione. In questo disordine politico uscito dall’urna della democrazia, il leader del Movimento 5 stelle si è però ritagliato un suo spazio, redditizio. I suoi eletti in Parlamento hanno un vincolo temporale al loro mandato (due legislature), Grillo non si è imposto limiti: è fuori dall’Aula, la sua leadership è potenzialmente eterna.

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    In poco più di una settimana, Beppe Grillo ha respinto qualsiasi alleanza politica, ieri ha scartato anche l’opportunità di un governo tecnico fino a nuove elezioni (ipotesi preferita dal presidente della Repubblica). La stampa scruta le finte “aperture” di Grillo e le registra con titoli in prima pagina, cercando una direzione. In questo disordine politico uscito dall’urna della democrazia, il leader del Movimento 5 stelle si è però ritagliato un suo spazio, redditizio. I suoi eletti in Parlamento hanno un vincolo temporale al loro mandato (due legislature), Grillo non si è imposto limiti: è fuori dall’Aula, la sua leadership è potenzialmente eterna. Nella piazza del Web dove “uno vale uno” – è lo slogan del M5s – c’è ufficialmente uno più uno di tutti. Ma questa è solo l’ultima delle contraddizioni di un movimento di cittadini che ha come registi-dirigisti Grillo e l’altro fondatore del M5s Gianroberto Casaleggio. Un movimento antisistema entrato a fare parte del sistema attraverso il voto ma che sta ancora su una sottile linea rossa, tra la rottura e il ricatto ai partiti. Secondo Roberto Escobar, docente di Filosofia politica all’Università Statale di Milano e critico cinematografico, Grillo ha poche vie d’uscita e con buona probabilità non stringerà alleanze: “C’è un disordine temporaneo, è l’esplosione di qualcosa che si è prodotto negli ultimi vent’anni e cioè il populismo. E il populismo non può prevedere accordi tra partiti, il populista non fa accordi. E’ in rapporto diretto col suo popolo e deve assolutamente dargli quello che ha promesso”, dice Escobar, che di Grillo ha un’opinione “estremamente bassa”, non così dei suoi uomini (“in parte è gente ragionevole”). “Il problema è che quando un partito è in mano a un solo uomo, è difficile che ognuno sia libero. In un’ottica populista, Hitler diceva: ‘Un partito che vuole tutto non può fare compromessi con nessuno’, in questo senso aveva ragione”. Senza una correzione, la prospettiva per il M5s, secondo Escobar, è una divisione interna: “In quel movimento ci sono due anime: l’anima di chi davvero non ne può più e pensa in questo modo di cambiare le cose, e l’anima di chi invece di affrontarle direttamente delega qualcuno e si affida totalmente al leader”, sempre ammesso che i grillini eletti “non si lascino ammaliare dalla politica”. Escobar ritiene che non sia colpa della “politica” in senso stretto se Grillo ha avuto questo consenso (“è un’idea da abbandonare”) perché “i veri buffoni, in questo caso, siamo noi”, cioè il popolo. Cosa significa l’ascesa di Grillo: una rivoluzione? “No, la rivoluzione è un progetto”. Una rivolta? “No, la rivolta si dà dei limiti, questa è un’incazzatura. La rivolta è fatta a favore di qualcuno (‘non posso più sopportare che qualcuno sia trattato così, mi rivolto’). Grillo vellica l’incazzatura della gente e fa saltare ogni ragionamento e mediazione. E’ un Masaniello, e Masaniello è finito malissimo: si è fatto intortare dal potere”. La strana idea di democrazia di Grillo, poi, è un’altra contraddizione.

    Grillo ha dimostrato di fare “spregio della democrazia” nel suo significato più profondo, dice Escobar analizzando il linguaggio usato dal leader del M5s. Linguaggio che per lui ha connotazioni “fasciste e staliniste”. Esempio: il “morto che parla” rifilato a Pier Luigi Bersani, segretario del Pd. “Dire di una persona ‘sei un morto che cammina’ ha questa accezione”, dice Escobar. E significa negare a priori il patto tacito per cui ‘ciò che non faremo mai è ucciderci’, questa è la democrazia. Possiamo essere in disaccordo, in minoranza o maggioranza, ma invece che tagliarci le teste le contiamo: la democrazia è per la vita”. “Se Grillo attacca così il suo nemico, perché nella sua ottica non è un avversario, nega implicitamente il senso stesso della democrazia”. “E lo fa, tra l’altro – aggiunge Escobar – da una posizione extraparlamentare, è uno spregio totale della democrazia”.
    Si può dire che Grillo subisca la fascinazione della teoria anarchica? “Non è un anarchico, perché un anarchico non si presenta alle elezioni. E, poi, l’anarchia è una teoria. Grillo non ha una teoria ma ha solo una pratica di marketing fatta per se stesso che non è amplificata da Internet, come spesso si dice, ma dalle televisioni e dai giornali che ne hanno fatto un mito soprattutto nell’ultimo periodo: fa vendere copie e fa audience”, dice Escobar. Il professore ravvisa però un legame con l’anarchia, ma con uno dei suoi tratti più distorti descritto dallo scrittore portoghese Fernando Pessoa in un passaggio del “Banchiere anarchico”. Il banchiere, tra una boccata di sigaro e l’altra, confessa di avere provato con persone che, come lui, volevano un’umanità degna di questo nome, contro le finzioni sociali e le ingiustizie, a organizzare un piccolo gruppo per cambiare tutto e tutti insieme. Il risultato è una tirannia interna, in cui qualcuno vuole comandare, altri cercano di convincere i compagni a seguirli, altri si impongono. Quello che si produce, nel piccolo gruppo, secondo Pessoa, è una tirannia nuova: “Era una tirannia esercitata fra di loro da parte di persone la cui intenzione sincera era quella di distruggere la tirannia per creare la libertà”. E’ una tirannia più pericolosa delle altre tirannie, avvisa il capitalista, perché “contro di essa non ci sarebbe rivolta possibile, così come non esiste rivolta possibile contro il fatto di dover morire”. “Non è solo Pessoa – conclude Escobar – è anche la ‘Fattoria degli animali’ di Orwell: si parte in entrambi i casi dalla ricerca della libertà per tutti (lo volevano anche i maiali), ma quando un piccolo gruppo si assume il diritto di decidere per tutti e comanda uno solo si determina una drastica caduta della libertà”.

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    • Alberto Brambilla
    • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.