L'intellò transgenico di Grillo
C’è un signore che in questi giorni si affaccia dai teleschermi con barba e capelli da Karl Marx (ma lisci), occhiali neri a rettangolo e pallore ottocentesco, definendosi “simpatizzante” del Movimento cinque stelle, “votante” del Movimento cinque stelle e “onorato” di scrivere sul blog di Beppe Grillo post euroscettici a uso e consumo del Movimento cinque stelle. E visto che il Movimento cinque stelle, al momento, parla solo via oracolo (il suddetto blog, appunto), il professor Paolo Becchi fa le veci dell’intellettuale (quasi) organico, seppure, come dice sempre, a titolo “individuale”.
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C’è un signore che in questi giorni si affaccia dai teleschermi con barba e capelli da Karl Marx (ma lisci), occhiali neri a rettangolo e pallore ottocentesco, definendosi “simpatizzante” del Movimento cinque stelle, “votante” del Movimento cinque stelle e “onorato” di scrivere sul blog di Beppe Grillo post euroscettici a uso e consumo del Movimento cinque stelle. E visto che il Movimento cinque stelle, al momento, parla solo via oracolo (il suddetto blog, appunto), il professor Paolo Becchi, così si chiama, docente di Filosofia del diritto all’Università di Genova, unico a rispondere ai media con qualcosa che non sia un “no comment”, fa le veci dell’intellettuale (quasi) organico, seppure, come dice sempre, a titolo “individuale”. E fa anche le veci della Sibilla, Paolo Becchi, quando diffonde a suo modo il verbo della centrale operativa Grillo-Casaleggio, e dice che per lui non è “una brutta idea” l’idea di un grande fratello in cui gli italiani, invece di informarsi attraverso giornali, tv, radio e giornalisti, vanno, come vuole Grillo, a leggere direttamente sul blog di Grillo quello che pensa, dice e fa il primo partito eletto alla Camera. E quelli che non ci vanno, sul Web? gli chiedono (ma lui, con vezzo da ancien régime, lo chiama ancora “veb” con la “v”). E i parlamentari che devono rispondere al popolo italiano? Ma lui fa spallucce. Anche perché poi lui, Becchi, sui giornali ci scrive – e volentieri. Negli ultimi giorni è stato, in sequenza, sul Secolo XIX e sul Corriere della Sera, e sempre per parlare di “prorogatio” del dimissionario governo Monti, di cui peraltro ha detto peste e corna (e ieri Massimo Bordin, pilastro storico della rassegna stampa di Radio Radicale, a un certo punto si è spazientito: “Vabbè, l’illustre studioso Becchi, anche qui… il giro delle sette chiese”).
Prorogatio per gli “affari correnti”, dice Becchi anche a “In onda” e a “Piazzapulita”, in collegamento da Genova, su sfondo di natura morta (fiore floscio adagiato in un acquario) e scaffale di libri che, per grado di non consunzione, ricordano vagamente le distese enciclopediche del Cav. – ma il contenuto le surclassa in sincretismo: si scorge infatti “Il palazzo e la piazza” di Bruno Vespa accanto a una raccolta di poesie di Pascoli e ai due romanzi fantasy “Eldest” e “Inheritance” di tal Christopher Paolini (trattasi di una saga di elfi, nani, mezzi-elfi, draghi e “storpi che sono sani”).
“Prorogatio” per “affari correnti”, ripete Becchi, forse con la speranza di indicare una strada al Grillo che dice “no” ai tecnici e pure al Monti “politico” e “foglia di fico”. “Prorogatio” con mandati esplorativi “inscenati”, dice Becchi, consultazioni che iniziano e non si sa se finiscono e Parlamento che legifera su affari tutt’altro che correnti, come “la legge elettorale, il taglio dei costi della politica, la legge anticorruzione, il conflitto di interessi”. E’ una “messa in stato vegetativo permanente del governo Monti”, dice il professore anche noto per il revisionismo bioetico sul tema “morte cerebrale e trapianti di organi” e per il possibilismo sul tema “rivoluzioni “con le armi”.
L’intellettuale quasi-organico del grillismo, infatti, studioso di Hans Jonas e autore, nel 2008, di un libro intitolato proprio “Morte cerebrale e trapianto di organi”, è convinto, così si legge nella presentazione del saggio, uscito nel 2008, che “la nuova definizione della morte”, risalente alla fine degli anni Sessanta, sia stata “soprattutto un abile escamotage”: quello di “definire morti esseri umani che di fatto ancora non lo sono, in modo da legittimare il prelievo a cuore battente dei loro organi”. (L’Osservatore Romano, all’epoca, si era molto incuriosito). Oggi Becchi, travolto da passione per la “democrazia diretta” e da ottimismo per la “bellissima festa” che vede tutt’attorno a sé dal giorno di piazza San Giovanni, scrive e-book dal titolo “Nuovi scritti corsari” (edizioni Adagio). Sottotitolo: “Meglio una fine spaventosa che uno spavento senza fine”. L’idea (di Becchi) è quella di “riprendere, a mezzo secolo dagli articoli ‘eretici’ di Pier Paolo Pasolini, la necessità di un pensiero scandaloso e controcorrente che sappia far luce su quanto accaduto in Italia nel corso di quest’ultimo anno, dal ‘colpo di stato’ di Re Giorgio Napolitano alla nascita di una Terza Repubblica controllata dai ‘tecnici’ e da un potere senza volto, dalla ‘violazione in forma legale’ della Costituzione fino alle vicende legate alla trattativa stato-mafia, dalla crisi finanziaria e sociale alla dittatura imposta dall’euro e dall’Europa di Francoforte e Bruxelles”.
Amante dei gatti anche più dello spin doctor a cinque stelle Gianroberto Casaleggio, Becchi pensa che “alla perdita di ogni forma di potere legittimo” solo una “forza nuova, giovane e rivoluzionaria può ormai fare fronte, ricordandoci che ‘i popoli non dovrebbero aver paura dei propri governi. Sono i governi che dovrebbero aver paura dei popoli’. E’ il Movimento 5 stelle, ossia la speranza di un nuovo futuro, mentre tutto il resto è, ormai, ancorato al passato”. Come viene viene, la “forza rivoluzionaria”, par di capire: qualche mese fa, infatti, intervistato da Radio 24 a “La Zanzara”, parlando delle manifestazioni studentesche, Becchi aveva molto lodato Grillo che invitava i poliziotti a unirsi agli studenti in piazza, e aveva teoricamente ammesso, perché no, “rispetto al marciume”, l’idea di una “tabula rasa”, una “pulizia”, un “annientamento” del ceto politico esistente con qualsiasi mezzo, anche con “le armi”, se “necessarie” (“… non mi illudo, non è un pranzo di gala”). E piuttosto che vedere gli studenti “sputare su Hegel”, come il professore aveva letto su un tadzebao, avrebbe voluto lui stesso “sputare” in faccia a Monti, “anche a costo di finire in galera”, “e ancora di più a Prodi” (oggi nome in lizza per il Quirinale, sotto la voce “non così sgradito ai grillini”).
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