La bramosia del Cav. per la sua piazza (fosse pure una volta al mese)
In piazza una volta al mese, per far abbassare al pm le pretese? Come un rinnovo della tessera del tram, come una rata da pagare, come il Messaggero di sant’Antonio. Tutti a manifestare, ogni trenta giorni, nessuna stagione esclusa, un weekend su quattro dedicato, si potrebbe (si dovrà) dire, alla buona battaglia. Una volta al mese, dodici volte l’anno – dall’aprile del dolce dormire al maggio adagio adagio dell’anno dopo. Al Cav. le piazze sono mancate, in campagna elettorale: lui in giro per teatrini ad arringare folle trasportate dai candidati, e quel Grillo là fuori a far quello che il Cav. più volentieri di tutto avrebbe fatto.
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In piazza una volta al mese, per far abbassare al pm le pretese? Come un rinnovo della tessera del tram, come una rata da pagare, come il Messaggero di sant’Antonio. Tutti a manifestare, ogni trenta giorni, nessuna stagione esclusa, un weekend su quattro dedicato, si potrebbe (si dovrà) dire, alla buona battaglia. Una volta al mese, dodici volte l’anno – dall’aprile del dolce dormire al maggio adagio adagio dell’anno dopo. Al Cav. le piazze sono mancate, in campagna elettorale: lui in giro per teatrini ad arringare folle trasportate dai candidati, e quel Grillo là fuori a far quello che il Cav. più volentieri di tutto avrebbe fatto. Teatro puro, sceneggiatura impeccabile, volo sulla folla stessa con abbraccio finale. Deve averla invidiata molto, la campagna del comico ligure, lo statista lombardo. Con opportuni aggiornamenti, era la sua che fu: così se la rimirava in video, scrutava le platee che si adunavano lì davanti, sospirava pensando alla bella disordinata vastità delle piazze. Uno tsunami chissà, magari no, ma un maestrale, ecco, il Cav. si sarebbe sentito di garantirlo. “Ho sbagliato a lasciare la piazza ad appannaggio di Grillo”, ha ammesso. “Ma ora dobbiamo cambiare passo, voglio che ci sia una manifestazione al mese”. E quindi, e magari, se potessi avere (e avrò) una manifestazione al mese… “Le chiameremo ‘piazze della libertà’”, ha detto, procedendo insieme all’annuncio e alla consacrazione (e per inciso, “Piazza della libertà” era il titolo di un vecchio manufatto librario di Rutelli). Poi, siccome una nostalgia se ne tira dietro un’altra, come Forza Italia a presidiare questi slarghi liberali andranno i berlusconiani – ché le antiche glorie di ammassamenti popolari, capaci di mettere il sale persino sulla coda di quelli ragguardevoli di sinistra, sempre con l’antica denominazione ebbero fortuna e partecipazione.
Una piazza al mese, perenne vigilanza e addestramento senza soste, come ha ben spiegato Alfano, prendendo al volo l’idea e l’esigenza: “Continueremo a stare in piazza in una mobilitazione continua”, mentre Paolo Romani si offre per i primi turni di vigilanza, “per presidiare la democrazia”. Avrebbe fatto follie con quelle piazze, il Cav. – come mille studi di Santoro moltiplicati, spolverate a Travaglio e Ingroia (il colpo di genio di porgere i polsi, a mo’ di ammanettamento, al pm provvisoriamente in Guatemala amplificato sul maxischermo), una traversata tra le masse che si aprivano quale mar Rosso da addomesticare e conquistare. Gli sono toccati invece ridotti e sale da congresso – e la mente torna e s’attarda a quando piazza San Giovanni fu appunto da Forza Italia conquistata, a governo Prodi regnante, e il Cav. stesso che giulivo annunciava “siamo più di due milioni!”, mentre un suo busto gigantesco presidiava l’ingresso della manifestazione e un tricolore lungo cinquecento metri lambiva l’aria – meraviglia di tsunami liberale. Perché un attore va sempre lasciato in scena. E dunque: se il moderato s’incazza, almeno una volta al mese, da adesso in poi, vuole la piazza.
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