Italiani in Conclave

Matteo Matzuzzi

Nessuno può sapere se il Conclave che inizierà martedì prossimo seguirà lo stesso copione di quello dell’ottobre del 1978, quando lo stallo provocato dalla contrapposizione tra i blocchi italiani, quello a sostegno di Giuseppe Siri e quello a favore di Giovanni Benelli, aprì la strada al giovane arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla. Ancora oggi, trentacinque anni dopo, il gruppo degli italiani è quello più corposo con ventotto elettori: diciannove curiali e nove arcivescovi diocesani, tra cui i residenziali Giuseppe Betori di Firenze, Paolo Romeo di Palermo, Crescenzio Sepe di Napoli, Severino Poletto di Torino.

    Nessuno può sapere se il Conclave che inizierà martedì prossimo seguirà lo stesso copione di quello dell’ottobre del 1978, quando lo stallo provocato dalla contrapposizione tra i blocchi italiani, quello a sostegno di Giuseppe Siri e quello a favore di Giovanni Benelli, aprì la strada al giovane arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla. Ancora oggi, trentacinque anni dopo, il gruppo degli italiani è quello più corposo con ventotto elettori: diciannove curiali (compresi prefetti o presidenti di Pontifici consigli ritiratisi per raggiunti limiti d’età) e nove arcivescovi diocesani, tra cui i residenziali Giuseppe Betori di Firenze, Paolo Romeo di Palermo, Crescenzio Sepe di Napoli, Severino Poletto di Torino. A guidare la compagine curiale è l’attuale Camerlengo ed ex segretario di stato Tarcisio Bertone, l’uomo della discontinuità voluto da Benedetto XVI nel 2006 al posto di un diplomatico di lungo corso come l’astigiano Angelo Sodano. Una mossa che lasciò perplesso più di un monsignore che da anni frequentava i palazzi vaticani. Ma a Ratzinger non importava nulla, lui si ricordava della fedeltà di Bertone negli anni in cui questi fu il segretario della congregazione per la Dottrina della fede, dal 1995 al 2002.

    Una scelta che delineava già quella che sarebbe diventata una costante del Pontificato di Benedetto XVI: per gli incarichi più delicati, il teologo bavarese cercava persone di stretta fiducia, che conosceva bene e di persona. E’ stato così per Bertone e anche per Angelo Scola quando si trattò di designare il successore di Dionigi Tettamanzi alla guida della chiesa di Milano. Ratzinger innovò la prassi e la tradizione, che non aveva mai visto un porporato essere trasferito da Venezia per la cattedra ambrosiana. Un patriarca lascia la laguna solo per andare tra le mura del Palazzo apostolico romano, diceva chi spingeva per altri candidati, compreso il biblista Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio consiglio per la cultura e ideatore del Cortile dei gentili voluto dal Pontefice tedesco per promuovere l’incontro con i non credenti. I precedenti, dopotutto, erano chiari: Giuseppe Sarto poi eletto Papa con il nome di Pio X, Angelo Roncalli diventato Giovanni XXIII e Albino Luciani, futuro Giovanni Paolo I.

    Joseph Ratzinger, però, conosceva bene Scola, fin dai tempi della collaborazione con la rivista Communio, negli anni in cui la chiesa affrontava il post Concilio Vaticano II. Già nel 2007, quando si presentò il problema di nominare il successore di Camillo Ruini alla presidenza della Conferenza episcopale italiana, il primo nome sul tavolo del Papa tedesco era quello del patriarca di Venezia. Solo in un secondo tempo, su consiglio di Bertone, gli fu preferito l’arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, successore dell’attuale camerlengo sulla cattedra che fu di Siri.
    Il vaticanista americano John Allen ha definito  Scola “un Ratzinger con un tocco popolare in più”. Se infatti sul piano teologico non ci sono differenze sostanziali tra l’arcivescovo di Milano e il Pontefice emerito, Scola può vantare una vasta esperienza pastorale, avendo guidato la diocesi di Grosseto prima di essere trasferito a Venezia. Prima di allora, fu uno dei responsabili di Comunione e Liberazione.

    Negli anni, il capo della diocesi ambrosiana ha intessuto una vasta rete di conoscenze all’estero, grazie soprattutto alla fondazione internazionale Oasis, nata nel 2004. Originariamente orientata a stabilire un ponte tra l’occidente e il medio oriente, si è poi sviluppata arrivando a promuovere la reciproca conoscenza tra cristiani e musulmani. Un successo che fa di Scola l’uomo su cui potrebbero convergere in Conclave anche molti porporati stranieri (nel comitato promotore di Oasis ci sono anche i cardinali Barbarin, Bozanic, Erdo e Schönborn), soprattutto se nei primi scrutini dovessero formarsi due blocchi orientati rispettivamente su una soluzione gradita alla curia e su una più pastorale. La paura che al Soglio di Pietro acceda un riformatore espressione della chiesa che chiede con insistenza un radicale cambio di passo in Vaticano, quella americana di Dolan e O’Malley, potrebbe convincere i conclavisti a optare per un conservatore moderato, italiano ma ben lontano dalle cerchie curiali.

    • Matteo Matzuzzi
    • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.