Bad Sex Award

Annalena Benini

Quando Stephen King partecipò, senza vincere, al Bad Sex Award, il premio per la peggiore scena di sesso della letteratura (“Oh caro, oh mio caro, oh mio caro caro Dio, oh sugar!”, nel suo “22/11/63”), anche Murakami Haruki era piuttosto favorito, con la descrizione di seni di donna “come nuovi viticci in cerca della luce solare”. Non vinse nessuno dei due, sbaragliati da un romanzo in cui lei abusa di lui sotto la doccia con un pezzo di sapone. Dal 1993, cioè da quando la rivista inglese Literary Review ha istituito il premio, gli scrittori, soprattutto inglesi, hanno il terrore di vederselo attribuire, o anche solo di arrivare fra i finalisti e preferiscono scrivere di qualunque altra cosa: bambini, famiglia, cibo, ma niente sesso, come ha detto Julian Barnes in un’intervista alla radio della Bbc.

    Quando Stephen King partecipò, senza vincere, al Bad Sex Award, il premio per la peggiore scena di sesso della letteratura (“Oh caro, oh mio caro, oh mio caro caro Dio, oh sugar!”, nel suo “22/11/63”), anche Murakami Haruki era piuttosto favorito, con la descrizione di seni di donna “come nuovi viticci in cerca della luce solare”. Non vinse nessuno dei due, sbaragliati da un romanzo in cui lei abusa di lui sotto la doccia con un pezzo di sapone. Dal 1993, cioè da quando la rivista inglese Literary Review ha istituito il premio, gli scrittori, soprattutto inglesi, hanno il terrore di vederselo attribuire, o anche solo di arrivare fra i finalisti e preferiscono scrivere di qualunque altra cosa: bambini, famiglia, cibo, ma niente sesso, come ha detto Julian Barnes in un’intervista alla radio della Bbc (“Il senso di una fine” di Barnes vinse il Man Booker Prize nel 2011: nel romanzo c’è qualche scena di formazione sessuale, niente che meriti il Bad Sex Award). Barnes dice che nel 1960, dopo che in Inghilterra finalmente cadde la censura per oscenità contro “L’amante di Lady Chatterley”, tutti si sentivano pieni di un grande senso di possibilità, esaltati dall’idea di potere scrivere di sesso. Potevano finalmente essere come i francesi, o come Henry Miller, e descrivere scene erotiche senza più freni moralisti. Se uno scrittore racconta la vita, allora deve raccontare anche quella parte essenziale della vita, dice Julian Barnes. “Solo che essere liberi di fare qualcosa e essere capaci di farlo sono due faccende molto diverse”, ed è molto complicato scrivere di sesso senza inciampare nei cliché del turgido membro o dei gemiti (in “Cinquanta sfumature” lei non fa che gemere, ma quelle non sono due pagine di sesso dentro un romanzo, è un’intera trilogia monotematica).

    C’è riuscito Jonathan Franzen in “Libertà”, ad esempio, e Barnes sostiene che un vero scrittore deve essere in grado di scrivere bene di lenzuola, è troppo facile raccontare soltanto di infanzie infelici e crisi della società: non ci si può astenere. Un po’ di sesso aiuta sempre le vendite, “ma aspettatevi di essere presi in giro”, dice Barnes agli aspiranti scrittori, e soprattutto rassegnatevi al gioco di società per cui se descrivete una scena di sesso è perché è successo senz’altro a voi, in quella posizione e in quel posto e con quella donna che diceva quelle cose. Jennifer Lopez che al cinema fa l’amore con George Clooney non viene sospettata di farlo davvero, mentre Jeanette Winterson che in “Scritto sul corpo” racconta di nuove maree del desiderio, deve per forza averle vissute, esattamente in quel modo. Mentre si legge, si prova a visualizzare, e lo scrittore diventa uno degli attori sessuali della storia. Come quando leggiamo Philip Roth e diamo per scontato che tutte le ossessioni erotiche siano proprio sue (Anaïs Nin disse che la potenza sessuale di Herny Miller uomo era molto inferiore a quella di Henry Miller personaggio, e si lamentava delle sue millanterie letterarie). Racconta Barnes che una volta Kingsley Amis, padre di Martin Amis, abbandonò un romanzo, nel 1980, perché c’era un personaggio gay e aveva paura che gli amici al club lo guardassero in modo diverso. Se il protagonista di un romanzo uccide qualcuno, non significa che l’autore del romanzo sia un assassino, ma se un personaggio minore a un certo punto fa cilecca, è quasi certo che lo scrittore riceverà occhiate di compatimento e consigli medici.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.