Il piano di Renzi

Claudio Cerasa

“Ragazzi, mi raccomando, non portatevi troppi viveri a Roma: visto come stanno andando le cose secondo me potrebbe bastarvi anche un sacchettino della merenda…”. Ieri mattina, poco prima che i 408 parlamentari del Pd si ritrovassero a Roma al teatro Capranica per discutere con Bersani il futuro di questa complicata legislatura, uno dei democratici più ascoltati da Matteo Renzi, Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e capo dell’Anci, ha cercato di sdramattizare con questo sms inviato ad alcuni renziani il clima surreale vissuto in queste ore dai deputati e dai senatori appena eletti in Parlamento.

    “Ragazzi, mi raccomando, non portatevi troppi viveri a Roma: visto come stanno andando le cose secondo me potrebbe bastarvi anche un sacchettino della merenda…”. Ieri mattina, poco prima che i 408 parlamentari del Pd si ritrovassero a Roma al teatro Capranica per discutere con Bersani il futuro di questa complicata legislatura, uno dei democratici più ascoltati da Matteo Renzi, Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia e capo dell’Anci, ha cercato di sdramattizare con questo sms inviato ad alcuni renziani il clima surreale vissuto in queste ore dai deputati e dai senatori appena eletti in Parlamento: che mentre ieri firmavano felici le carte per avviare le procedure di registrazione per Montecitorio e Palazzo Madama a poco a poco si rendevano conto – sia ascoltando la relazione di Bersani (“dobbiamo riconoscere che la nostra strada è strettissima”) sia registrando l’ennesimo “vaffa” offerto da Grillo al segretario (ieri Grillo ha chiesto al Pd di rinunciare ai rimborsi elettorali) – che la loro permanenza romana rischia di essere più corta del previsto e che le elezioni potrebbero invece essere qualcosa in più di una provocazione politica. Gli esponenti del Pd più vicini al segretario, che chiedono un governo Bersani o voto subito, lo ammettono da giorni. La novità è che ora iniziano ad ammetterlo anche i sostenitori del sindaco: che dopo la sfida lanciata sabato in tv da Renzi (“Il Pd abolisca il finanziamento pubblico”) e dopo la notizia sulla due diligence promossa da Renzi sui costi dell’apparato Pd (che ieri ha fatto infuriare l’apparato Pd) riconoscono anche loro di sentirsi a un passo dalla campagna elettorale. “Inutile prenderci in giro – dice Delrio al Foglio – l’ipotesi di un governo appoggiato da Grillo non mi sembra solidissima, diciamo, e l’idea di fare un governicchio sostenuto dagli stessi onorevoli del Pdl che hanno occupato il tribunale di Milano mi fa sorridere. L’unica soluzione che vedo è votare a ottobre, lasciando a Palazzo Chigi l’attuale governo e facendolo guidare o da Monti o da un altro ministro dell’esecutivo. Altre soluzioni non ci sono e in fondo credo che anche per Matteo ottobre sia una data ammissibile. Vi spiego perché”.

    Almeno dal punto di vista della forma, nei prossimi giorni il sindaco di Firenze continuerà a non avvicinare direttamente il suo pugnale al corpo del segretario, ma attraverso alcuni interventi, alcune lettere, alcune dichiarazioni e alcune interviste comincerà a sfiorare a poco a poco il fianco di Bersani provando a dettare con largo anticipo i tempi della campagna elettorale e ragionando da subito su quello che il Rottamatore stesso considera lo scenario più plausibile: niente governo Bersani, niente governissimo con il Pdl, un governo di scopo che faccia tre o quattro cose importanti e che scongiuri l’aumento dell’Iva, sblocchi i pagamenti dello stato alle imprese, corregga la rotta scelta da Monti sulla Tares (secondo il sindaco bisogna eliminare il posticipo del pagamento della nuova tassa sulla raccolta dei rifiuti per evitare che nel giro di pochi mesi le grandi città italiane si ritrovino sommerse di immondizia), sospenda la spending review e riformuli urgentemente i tagli alla spesa pubblica. Dopo di che urne a ottobre: una data perfetta anche per Renzi, sia per avere il tempo di far ripartire la macchina delle primarie (di soldi in cassa comunque ce ne sono ancora un bel po’) sia per evitare che il sindaco sia costretto a partecipare al congresso per eleggere non il candidato premier ma il segretario del Pd (il congresso per scegliere il successore di Bersani alla guida del Pd sarebbe a ottobre, ma in caso di elezioni in autunno verrebbe rinviato). “Matteo – continua Delrio – credo che in caso di elezioni anticipate dovrebbe cambiare leggermente la sua piattaforma politica: il messaggio che la sua leadership sia il simbolo di una società aperta che punta al talento e non si limita a recitare ogni giorno il ‘noi” triste e solitario della vecchia nomenclatura comunista, mi sembra sia passato. Adesso credo sia arrivata l’ora di chinarsi sulla pancia del paese, come si sarebbe detto un tempo, di tarare il progetto più sui bisogni dei ceti deboli e di costruire una narrazione anche più di sinistra – su questo punto sono d’accordo con Matteo Orfini e i Giovani turchi – e più in sintonia con un paese che vive una crisi più drammatica rispetto a quella osservata durante le primarie di sei mesi fa”.

    Naturalmente, anche Delrio sa che in politica nulla è scontato e che nei prossimi giorni, in caso di fallimento del piano Bersani, Napolitano un tentativo per formare un nuovo governo lo farà. L’operazione non sembra facile ma comunque andranno una volta verificato che il segretario del Pd non ha i numeri per governare in un certo senso le traiettorie del sindaco e del capo dello stato saranno destinate a incrociarsi. Da un lato perché Napolitano non ha ancora depennato il nome “Renzi” dalla lista dei papabili per un governo di larghe intese. Dall’altro lato perché il presidente della Repubblica in questi giorniha fatto sapere al Rottamatore che dal suo punto di vista, in caso di elezioni, lo scenario ideale per il centrosinistra sarebbe quello di dar vita a una grande coalizione tra Pd e lista Monti. Un’ipotesi di cui Renzi ha discusso con Monti la scorsa settimana a Palazzo Chigi e che il sindaco potrebbe valutare; nonostante – ricorderete – durante le primarie lo slogan “mai un’alleanza col centro” sia stato un grande cavallo di battaglia del Rottamatore. “In caso di elezioni – conclude Delrio – il messaggio di Matteo sarà sempre legato alla vocazione maggioritaria ma dovrà anche considerare il nuovo contesto in cui si trova l’Italia: un contesto in cui è giusto valutare se sia opportuno aprire una nuova fase e unire le forze per allargare il progetto e salvare il paese”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.