Sturm und Drang grillino
Omologarsi senza omologarsi Il dilemma a Cinque Stelle
Omologarsi senza darlo a vedere o non omologarsi senza apparire del tutto isolati? Gira attorno all’istituzionalizzazione temuta, ma anche un po’ voluta, lo Sturm und Drang dei neoparlamentari grillini, ieri al debutto nei palazzi (anche se solo per accreditarsi). Ma che bravi i commessi, hanno detto affacciandosi a Montecitorio, ma sì che mangiamo alla buvette, hanno detto e fatto, ma certo che in Aula dialogheremo, hanno ripetuto, e stiamo attenti “a non rimetterci dei soldi”, avevano detto il giorno prima, quando è stato chiaro che va bene decurtarsi lo stipendio, va bene rivedere la diaria, ma non fino al punto di farsi proprio “francescani”.
Omologarsi senza darlo a vedere o non omologarsi senza apparire del tutto isolati? Gira attorno all’istituzionalizzazione temuta, ma anche un po’ voluta, lo Sturm und Drang dei neoparlamentari grillini, ieri al debutto nei palazzi (anche se solo per accreditarsi). Ma che bravi i commessi, hanno detto affacciandosi a Montecitorio, ma sì che mangiamo alla buvette, hanno detto e fatto, ma certo che in Aula dialogheremo, hanno ripetuto, e stiamo attenti “a non rimetterci dei soldi”, avevano detto il giorno prima, quando è stato chiaro che va bene decurtarsi lo stipendio, va bene rivedere la diaria, ma non fino al punto di farsi proprio “francescani”. “Se ci offrono la presidenza di una Camera l’accettiamo”, ha detto infine Vito Crimi, capogruppo designato al Senato, non prima di dichiarare che l’M5s voterebbe (con il Pd?) l’ineleggibilità di Silvio Berlusconi, e anche un’eventuale autorizzazione a procedere. Che la rivoluzione sia impossibile “perché ci conosciamo tutti”, come diceva Mario Missiroli, è assunto indigesto per qualsiasi grillino, eppure, al di là del muso duro a Bersani, qualche “forse” si affaccia tra le bacheche Facebook, le riunioni e l’arrivo in Parlamento degli eletti a Cinque Stelle. E non solo capita che qualcuno, come due giorni fa Ivan Catalano, subito raffreddato dai vertici, dica che il movimento è in fermento sul tema “Bersani” (“discussione viva e vegeta”, diceva ieri un neoeletto), ma accade pure che, nelle sacche delle assemblee grilline, resista la voce fantapolitica del “gruppo ristretto” di parlamentari a Cinque Stelle che potrebbero “restare in aula”, a differenza dei colleghi, per permettere in ultima battuta di raggiungere il numero legale (al Senato) per un “sì” – ma non a Bersani.
Roberta Lombardi, la capogruppo designata alla Camera che esprime a titolo personale la sua idea sull’articolo 18 (“un’aberrazione” il reintegro), non vuole cedere all’emozione istituzionale da primo giorno a Montecitorio, presa com’è dalla scoperta che il regolamento delle Camere non è in dotazione e che bisogna chiederlo (non c’è “kit”). Qualcuno dei neo eletti si lascia andare e dice “bella giornata”, “strano palazzo”. Soprattutto, a qualcuno scappa detto qualcosa di umanamente se non politicamente conciliante (“no” alla fiducia, ma “un governo i partiti politici devono formarlo, perché i cittadini ne hanno bisogno”, dice Sergio Puglia). In giacca, cravatta e cartelletta rossa, Puglia insiste sul fatto che gli eletti dell’M5s voteranno i provvedimenti a favore dei cittadini, come a voler sottolineare che i nuovi arrivati non sono lì per andare allo sfascio. Qualcuno, come la marchigiana Patrizia Terzoni, dimentica per un attimo la faccia truce con i cronisti, permettendo l’inseguimento verso il bar Giolitti, richiamata da un’amica severa che trascina un trolley (e a quel punto anche la cittadina Patrizia smette di sorridere e dice “noi la responsabilità ce l’abbiamo verso gli italiani che vogliono il cambiamento”).
“Come in Belgio”
Beppe Grillo, come Gianroberto Casaleggio, tiene la briglia minacciando il ritiro dalla politica in caso di accordo dei suoi con il Pd, e intanto manda, via blog, un modulo precompilato e irricevibile a Bersani (“firma qui e rinuncia ai rimborsi”). Ma non basta il quotidiano aggiustare il tiro dal blog a impedire la tentazione delle pecorelle neoelette: “Fare qualcosa” (dice una), “evitare il voto a stretto giro”, dice un’altra. Ma le idee dal sen fuggite, nell’M5s, hanno cittadinanza fino al pomeriggio, poi la linea viene calata con un post di Grillo o attraverso le parole di Crimi e Lombardi, il primo convinto che il concetto di “ingovernabilità” sia un’arma di “distrazione di massa” e che si debba dare la priorità al Parlamento, facendo magari “come il Belgio” che è stato più di un anno senza governo, e la seconda pronta a ricompattare il gruppo al grido di “se qualcuno dà l’appoggio al Pd, è fuori dal movimento”. Tra i neoletti, intanto, si cominciano a distinguere varie tipologie: l’ortodosso (Lombardi, Crimi, Roberto Fico); l’ortodosso dal volto dialogante (Alfonso Bonafede, Marta Grande, Alessandro Di Battista); il grillino con radice “altra” (Marco Scibona, senatore No Tav che ora pronostica una legislatura non breve, e Vito Petrocelli, senatore grillino ex militante dei Carc).
Il Foglio sportivo - in corpore sano