Il non contatto
E’ il giorno dello sbarco a Cinque stelle nel Parlamento da “aprire come una scatola di tonno”, il giorno in cui sedersi in alto per “tenere il fiato sul collo” agli altri, gli eletti dei partiti. E’ giorno di schede bianche (del Pd) e di applausi grillini per i 113 voti al terzo scrutinio (quattro più di quelli attesi) per Roberto Fico, candidato presidente della Camera. Ma il primo sguardo dentro l’Aula, la mattina, trova un gruppo che non può più distinguersi quanto vorrebbe, essendo entrato nel luogo in cui non sempre si potrà liquidare come “inciucio” il reciproco studiarsi con gli altri rappresentanti eletti.
E’ il giorno dello sbarco a Cinque stelle nel Parlamento da “aprire come una scatola di tonno”, il giorno in cui sedersi in alto per “tenere il fiato sul collo” agli altri, gli eletti dei partiti. E’ giorno di schede bianche (del Pd) e di applausi grillini per i 113 voti al terzo scrutinio (quattro più di quelli attesi) per Roberto Fico, candidato presidente della Camera. Ma il primo sguardo dentro l’Aula, la mattina, trova un gruppo che non può più distinguersi quanto vorrebbe, essendo entrato nel luogo in cui non sempre si potrà liquidare come “inciucio” il reciproco studiarsi con gli altri rappresentanti eletti. Sono mischiati agli altri, ora, i parlamentari del M5s, hanno dovuto mettere la giacca come gli altri (“ci siamo vestiti bene per rispetto delle istituzioni”), non possono più evitarli, gli altri, anche se in parte evitano di alzarsi con gli altri per l’applauso al presidente Giorgio Napolitano (qualcuno resta seduto a braccia conserte, per poi tributare omaggio alle parole “giovani” e “Aldo Moro”). Sono in mezzo agli altri anche se sbandierano il non contatto come metodo, i parlamentari a Cinque stelle che si stipano in una sala al primo piano pur di non esporsi alla contaminazione con colleghi e giornalisti nel Transatlantico: lo fanno pochi alla volta, e quando lo fanno occupano lo spazio attorno al più influente del gruppo, a dispetto della fede cieca nell’essere intercambiabili. Alcuni sono anche visibilmente orgogliosi di essere avvicinati dal famoso giornalista televisivo, ma è un’umana soddisfazione da negare subito, da ricacciare indietro, ché la normale ambizione non si può dichiarare, se non si vuole contraddire la parola calata dal blog di Beppe Grillo – colui che il settimanale tedesco Spiegel ha definito “l’uomo più pericoloso d’Europa” con il suo “antiparlamentarismo radicale, in sostanza antidemocratico”.
E’ il momento in cui l’esercito grillino manifesta il terrore di avvicinarsi a un potere che però rivendica (a noi il governo, a noi i questori, a noi le presidenze delle Camere), e ogni atto deve ribadire una distanza già accorciata: “Spreco”, dice la capogruppo Roberta Lombardi al pensiero dei “quattrocentoventimila euro” spesi per una giornata di schede bianche, ma fa parte di quella giornata anche chi, come il M5s, vota il suo candidato a oltranza e dice “o tutto o niente” (con il 25 per cento dei consensi – tanto ma non tutto, per fortuna). Si danno al parossismo di una coerenza sulle piccole cose, i Cinque stelle, rimandando la responsabilità su quelle grandi, e reiterano il gesto del bicchiere di plastica non buttato dopo la prima bevuta – scriviamoci sopra col pennarello che sa di acquaragia, anzi portiamoci i bicchieri da casa.
Non ci vogliono credere, i Cinque stelle, all’immagine che di loro rimanda il controllo dall’alto del capo e ispiratore, e però i conti con quell’immagine prima o poi dovranno farli (per ora stanno attenti a non dirsi diversi da lui). Non si sentono “oppressi” da Grillo, i neo eletti, e anzi sono “contenti di potergli chiedere un consiglio”, dice il deputato venticinquenne Francesco D’Uva: “Mi sento libero”, dice, “altrimenti non sarei qui, sono qui per far entrare i cittadini nelle istituzioni e non per consegnare le istituzioni a qualcuno”, anche fossero “Grillo e Casaleggio”. Ci si rinserra tra eguali, anche se quando si scende in pubblico si fatica a restare “marziani” e a non mostrarsi incuriositi – Stefano Vignaroli si guarda intorno cordiale, Mario Giarrusso accompagna i famigliari in Senato. E qualcuno sembra già a suo agio nel cortile, per niente scocciato dall’assalto di quelli che Roberta Lombardi, con involontario tic da Prima Repubblica, chiama “pennivendoli” (il gruppo grillino si vuole nuovo, ma per contrastare gli attacchi mediatici usa sempre due vecchi automatismi: “macchina del fango” e “gogna” ). ”
Il Foglio sportivo - in corpore sano