Gli zar di Limassol
A Limassol, nella parte meridionale di Cipro, i russi sono così tanti che hanno scelto un soprannome per i quartieri del centro: li chiamano “Limassolgrad”, magari è un po’ triviale ma rende l’idea. In città c’è un grande parco con la statua del poeta Pushkin, c’è un giornale russo che si chiama Vestnik Kipra e naturalmente ci sono locali come il celebre Zygos, quel genere di club che non resta mai a corto di ghiaccio e di nuove ballerine (la pubblicità sui biglietti da visita dice: ideale per scapoli e uomini d’affari).
Leggi Per “salvare” Cipro l’Europa fa tremare i mercati internazionali di Marco Valerio Lo Prete
A Limassol, nella parte meridionale di Cipro, i russi sono così tanti che hanno scelto un soprannome per i quartieri del centro: li chiamano “Limassolgrad”, magari è un po’ triviale ma rende l’idea. In città c’è un grande parco con la statua del poeta Pushkin, c’è un giornale russo che si chiama Vestnik Kipra e naturalmente ci sono locali come il celebre Zygos, quel genere di club che non resta mai a corto di ghiaccio e di nuove ballerine (la pubblicità sui biglietti da visita dice: ideale per scapoli e uomini d’affari).
Insomma, Cipro è buen retiro per trentamila russi che si sono trasferiti negli ultimi trent’anni, dalla fine del comunismo sino all’epoca di Vladimir Putin, e per migliaia di turisti che arrivano ogni anno, scaricano rubli e ripartono con ottimi ricordi. La fortuna di questa comunità è notevole, anzi, è sproporzionata: secondo gli analisti di Moody’s oscilla fra i 30 e i 40 miliardi di euro, ma si tratta comunque di dati parziali perché la cifra sarebbe molto più elevata se si conoscesse il volume degli affari illeciti, del denaro sporco che arriva dalla Russia e finisce nelle banche di Cipro. E’ per questo che il prelievo sui depositi di cui si parla fra l’isola e Bruxelles fa discutere anche a Mosca e San Pietroburgo, e non si tratta sempre di opinioni distaccate.
A novembre i servizi segreti tedeschi hanno passato un memorandum al loro governo in cui mettevano in dubbio gli sforzi di Cipro nella lotta al riciclaggio. Il capo della Banca centrale russa, Sergei Ignatev, è stato molto più preciso: un mese fa ha detto al quotidiano Vedomosti che il 2,5 per cento del prodotto interno lordo esce dai confini nazionali “illegalmente”, 50 miliardi di euro che se ne vanno ogni anno senza controllo, e il pensiero degli analisti è volato subito a Cipro. Ci sono i soldi della malavita, e anche quelli di migliaia di cittadini che hanno perso buona parte dei risparmi nel crack bancario del 1998 e non si fidano più degli istituti russi. Ma a Cipro ci sono anche i depositi di banche come Vtb (circa 15 miliardi di euro) e di alcune società pubbliche che da ieri hanno i conti bloccati.
Le notizie sulle banche di Cipro hanno portato ansia e un po’ d’isteria a Mosca. Il miliardario Mikhail Prokhorov, lo stesso che ha sfidato Putin alle ultime elezioni, scrive sul quotidiano Izvestia che Cipro è una “mina vagante” nel cuore dell’Europa, qualcuno paragona i prelievi sui depositi bancari ai furti perpetrati dai nazisti ai danni degli ebrei tedeschi, su Twitter è circolata la voce di un possibile accordo fra Gazprom e il governo di Nicosia per risolvere il problema (noi pensiamo a coprire i debiti, voi cedete i diritti sui giacimenti di gas). E c’è chi giura di avere visto una flotta di jet pronta a partire da Mosca per recuperare denaro a Cipro. Insomma, la paura del complotto s’è fatta largo in fretta, e anche i commenti ufficiali sono stati duri. Vladimir Putin ha passato la mattina con i suoi esperti di economia e ha detto alla fine dell’incontro che le misure stabilite dall’Ue sono “ingiuste, poco professionali e pericolose”; il suo primo ministro, Dmitri Medvedev, ha ribadito che il governo potrebbe rivedere i rapporti con Cipro.
Sul piano diplomatico i russi accusano l’Ue di avere preso decisioni unilaterali, nonostante esistesse l’impegno tacito di condividere ogni passaggio della trattativa. In realtà molti intorno al Cremlino sapevano da giorni quel che sarebbe accaduto a Cipro: l’ex ministro Alexei Kudrin, che ha ancora buoni rapporti con Putin, ha detto la scorsa settimana che la Russia avrebbe partecipato a “ogni piano di salvataggio stabilito dall’Ue”, e ha persino messo in conto “qualche sacrificio” per i correntisti. La crisi rappresenta un’occasione unica per Vladimir Putin, soprattutto dopo la denuncia del governatore Ignatev sulla fuga di capitali. Oggi può convincere i russi che non c’è più bisogno di portare i soldi all’estero, che il sistema bancario nazionale è più sicuro dei depositi a Cipro – e può anche usare le maniere forti, se lo vuole, con quelli che ancora cercano di trasferire i loro rubli nel buen ritiro di Limassolgrad.
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