Le delusioni del rugby e la banalità degli articoli su Papa Francesco Totti

Jack O'Malley

Lo confesso: sebbene il rugby non mi trasmetta lo stesso senso di perfezione del calcio, è pur sempre uno sport che abbiamo inventato noi (e che trattiamo parlandone senza affogarlo nella retorica come se fosse un tweet di Saviano). Quindi ho seguito il Sei nazioni, e ho approfittato della delusione per la sconfitta decisiva dei ragazzi di Sua Maestà per stappare un’altra bottiglia di brandy. Nel weekend il paese ha seguito soprattutto la partita contro il Galles, la Premier è passata in secondo piano e il fatto che il trofeo resti comuque entro i confini dell’Impero non riesce a rendere meno insopportabile tutta la faccenda.

    Londra. Lo confesso: sebbene il rugby non mi trasmetta lo stesso senso di perfezione del calcio, è pur sempre uno sport che abbiamo inventato noi (e che trattiamo parlandone senza affogarlo nella retorica come se fosse un tweet di Saviano). Quindi ho seguito il Sei nazioni, e ho approfittato della delusione per la sconfitta decisiva dei ragazzi di Sua Maestà per stappare un’altra bottiglia di brandy. Nel weekend il paese ha seguito soprattutto la partita contro il Galles, la Premier è passata in secondo piano e il fatto che il trofeo resti comuque entro i confini dell’Impero non riesce a rendere meno insopportabile tutta la faccenda. Buon per Giggs e Bale, insomma. A proposito di Bale, se il Tottenham non vuole retrocedere l’anno prossimo farebbe bene a tenerselo stretto: è bastata la sua assenza giovedì per rendere l’Inter una squadra di calcio, ma soprattutto per stancare gli Spurs che sono poi stati battuti in casa dal Fulham, e superati in classifica dal Chelsea di Ciccio Benítez. Un pensiero va anche a chi sta peggio, penso ad esempio al linguaggio del giornalismo sportivo, affetto dalle sindromi croniche, talvolta mortali, del luogo comune e del calembour. Sul Guardian Paolo Bandini è riuscito a scrivere l’articolo che le scuole di giornalismo proibirebbero se fossero serie, quello su Francesco che esalta la congregazione dello Stadio Olimpico.

    Il giochetto, di inusitata banalità, del Papa Francesco che deve arrendersi a vivere all’ombra del papa ufficioso di Roma, Totti, va avanti fino allo sfinimento, con numeri romani e paralleli fra le parole dette all’Angelus e le punizioni tirate all’Olimpico. Il cronista non manca di informarci che a Roma la figura di Totti è circondata da una devozione religiosa (nel prossimo articolo ci spiegherà cos’è una stazione ferroviaria) eppure non riesce a informarsi sul fatto che il Pontefice non è Francesco I ma Francesco e basta. Cosa deve fare padre Lombardi per spiegarlo, un intervento alla Camera dei Lord?