Tutto tranne B.

L'unico punto d'incontro fra le correnti del Pd è il fallimento di Bersani

Salvatore Merlo

Sono pochissimi quelli che arrivano al punto di volergli impedire persino di ricevere l’incarico, quelli che manderebbero subito Pietro Grasso da Napolitano. Eppure nel Partito democratico il gruppo del TTB (Tutto Tranne Bersani) diventa maggioranza su un punto: se il segretario fallisce si deve cominciare a parlare con il Pdl e subito, perché il voto è un suicidio. “Bersani vuole un governo di combattimento con nomi nuovi, e ci vuole provare sul serio”, conferma Paola De Micheli.

    Sono pochissimi quelli che arrivano al punto di volergli impedire persino di ricevere l’incarico, quelli che manderebbero subito Pietro Grasso da Napolitano. Eppure nel Partito democratico il gruppo del TTB (Tutto Tranne Bersani) diventa maggioranza su un punto: se il segretario fallisce si deve cominciare a parlare con il Pdl e subito, perché il voto è un suicidio. “Bersani vuole un governo di combattimento con nomi nuovi, e ci vuole provare sul serio”, conferma Paola De Micheli. Ma la giovane deputata, amica di Enrico Letta, dice così pur sapendo che ieri Giorgio Napolitano ha manifestato ai suoi primi interlocutori saliti al Quirinale l’auspicio di poter costituire un “governo di scopo”, cioè un esecutivo tutto diverso da quello “di combattimento” che ha in mente Bersani. E difatti in queste ore nel Palazzo, e in un Parlamento in cui pochi dei neo eletti hanno davvero voglia di rischiare ancora la tombola delle urne, si ha la percezione di quello che accade: il segretario del Pd oggi salirà dal capo dello stato persino più debole di prima, ovvero con la certezza – manifestata ieri da Napolitano nei suoi incontri con Guido Crosetto e Mario Monti – che il presidente considera lui e i suoi otto punti poco più di una perdita di tempo. Lo sanno tutti, soprattutto nel Partito democratico che è al momento lo spettatore più interessato e il player più attivo sul proscenio di questa legislatura matta e crepuscolare.

    Ma adesso nel Pd l’importante è dissimulare, dunque nessuna voce palesemente stonata, e solo gli uomini di Matteo Renzi, con una certa schiettezza toscana, hanno interesse a dire quello che pensano anche gli altri: “Bersani non ce la fa, il voto anticipato è categoricamente escluso. Ci vorrà un governo istituzionale”. Gli altri sorridono imbarazzati, tacciono sornioni, o si schermiscono in una risposta standard. “Il premier in pectore è Bersani e la proposta è quella del governo di cambiamento”, dice Enzo Amendola, deputato dalemiano. Che poi aggiunge la frase rivelatrice: “Ci rimettiamo alla saggezza del capo dello stato”.

    Tutti quelli che in realtà stanno parlando delle larghe intese, o del governo di scopo con i voti anche del Pdl, cioè tutti i sostenitori della linea Napolitano, non fanno che riprodurre variazioni della frase cui è da tempo affezionato anche Massimo D’Alema, la circonlocuzione che accenna alla decisione del Quirinale. “Per fermare Bersani in Parlamento qualcuno dovrà assumersi la responsabilità di dire di no alla sua proposta”, dice Dario Franceschini con tono di chi vuole ammonire quel monello di Beppe Grillo. Ma poi anche l’ex capogruppo della Camera si fa sfuggire la frasetta solo apparentemente ovvia: “Sarà il Quirinale a decidere”. Ecco.

    Il TTB (Tutto Tranne Bersani) è un fronte largo, ma pieno di sfumature al suo interno: ne fanno parte – ma smentiscono ovviamente, seccati – gli uomini della ex Margherita, da Enrico Letta a Franceschini fino a Beppe Fioroni e Rosy Bindi. Formalmente fedelissimi al segretario, sono invece pronti a mollarlo se, dopo un primo giro di giostra fallito, Bersani dovesse davvero impuntarsi per le elezioni anticipate come minaccia di voler fare. Sono TTB integralisti anche i renziani, ma è quasi pleonastico dirlo. E sono TTB anche i “grillini” ipermovimentisti del Pd come Pippo Civati, quelli che credono sul serio si possa costruire un rapporto con Grillo fondato su un’idea assemblearista della democrazia. Questo gruppo di persone, con il complemento pare anche del giornalone Repubblica, crede così tanto all’alleanza con il Movimento 5 stelle da ritenere Bersani inadeguato allo scopo: non è lui l’anello mancante, la prova che esiste un legame genetico tra il Pd e il grillismo (meglio Roberto Saviano, Stefano Rodotà o Gustavo Zagrebelsky). Infine sono dei TTB (assieme a Massimo D’Alema) anche gli insospettabili giovani turchi, i fieri socialdemocratici alla Stefano Fassina e alla Matteo Orfini. Loro, grandi elettori e sponsor di Laura Boldrini alla presidenza della Camera, tifano per il “nuovo” e teorizzano apertamente il bersanicidio: se fallisce, perderà premiership e leadership.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.