Romanzo Quirinale

Carta Grasso o carta Bersani? Così il Pd si prepara all'incontro (o scontro?) con Napolitano

Claudio Cerasa

Tra poche ore Pier Luigi Bersani, leader della coalizione (e del partito) che ha preso più voti alle ultime elezioni (anche se Beppe Grillo a quanto pare non se ne è ancora accorto), salirà al Quirinale (alle 18) e si troverà di fronte a due strade da imboccare: da una parte il segretario del Pd potrebbe chiedere al presidente della Repubblica un incarico per verificare se nei prossimi giorni esista effettivamente la possibilità di formare un governo (in fondo nella storia recente della nostra repubblica non sono stati pochi i tentativi di formare governi di minoranza).

Merlo L’unico punto d’incontro fra le correnti del Pd è il fallimento di Bersani

    Roma. Tra poche ore Pier Luigi Bersani, leader della coalizione (e del partito) che ha preso più voti alle ultime elezioni (anche se Beppe Grillo a quanto pare non se ne è ancora accorto), salirà al Quirinale (alle 18) e si troverà di fronte a due strade da imboccare: da una parte il segretario del Pd potrebbe chiedere al presidente della Repubblica un incarico per verificare se nei prossimi giorni esista effettivamente la possibilità di formare un governo (in fondo nella storia recente della nostra repubblica non sono stati pochi i tentativi di formare governi di minoranza); dall’altra parte il leader del centrosinistra, che al momento al Senato non ha i numeri per avere la maggioranza (sotto di 12 senatori contando anche i voti dei montiani), potrebbe invece fare un passo di lato e utilizzare il metodo Grasso (sempre con Grasso) per tentare di sparigliare e trovare i numeri per governare.

    Il nome di Pietro Grasso come alternativa possibile a Bersani era un nome che girava già da martedì pomeriggio e anche sul Foglio ne abbiamo dato conto ieri mattina in questo articolo. La novità rispetto a due giorni fa è che il fronte di chi spinge Bersani a fare un passo di lato è in crescita e giorno dopo giorno sono sempre di più gli esponenti del Pd che suggeriscono a Bersani di puntare sull’ex capo dell’Antimafia per fare una maggioranza. Chi suggerisce Grasso come prima carta da proporre anche al posto di Bersani lo fa con l’idea che un nome come il suo potrebbe sparigliare anche tra i grillini, proprio come successo sabato scorso a Palazzo Madama durante l’elezione del nuovo presidente del Senato; ma in verità la carta Grasso presenta un “rischio”, se così si può dire, piuttosto significativo, perché, paradosso dei paradossi, qualora dovesse essere l’ex capo dell’Antimafia l’uomo incaricato di formare un nuovo governo si potrebbe venire a creare una situazione di questo tipo: un governo non appoggiato dal Movimento 5 Stelle (che oggi alla fine delle consultazioni a Napolitano ha detto che la fiducia la darà solo a un governo a 5 Stelle) ma appoggiato, oltre che dal Pd, anche dal Pdl (che di Grasso ha stima) e dalla Lega (Maroni ha un ottimo rapporto con Grasso e lo stesso capogruppo al Senato della Lega questa mattina a Radio 24 ha detto che l’unica pregiudiziale per appoggiare un governo di centrosinistra è Pier Luigi Bersani, mentre con un altro nome si potrebbe ragionare).

    Sul suo blog, il deputato del Pd Giuseppe Civati ha notato questo paradosso e la possibilità che alla fine la carta Grasso sia un boomerang per il fronte sinistro del Pd (che non vuole nel modo più assoluto un governo appoggiato anche dal Pdl) è testimoniato anche dalle parole consegnate al Foglio qualche minuto fa da due esponenti dei giovani turchi. Il primo è Matteo Orfini, deputato, che dice che personalmente sarebbe “contrario a un qualsiasi governo non appoggiato anche dal movimento 5 Stelle, anche se poi ovviamente ci si dovrebbe attenere alla decisione della maggioranza del gruppo”. Il secondo è Stefano Esposito, senatore del Pd, giovane turco, unico a Palazzo Madama a votare contro l’elezioni di Luigi Zanda a capogruppo del partito, che al Foglio dice che, qualora il gruppo del centrosinistra dovesse ritrovarsi a votare il “sì” o il “no” a un governo Grasso non appoggiato dal Movimento 5 Stelle non avrebbe dubbi: “Voterei no”. Questo dunque per quanto riguarda l’ipotesi Grasso (che non si può più considerare ipotesi di scuola dal momento che oggi anche l’Unità, quotidiano del Pd, in prima pagina ha scritto che “non è escluso un mandato esplorativo di Grasso”).

    Ma quanto c’è di vero in quest’ipotesi? Allo stato dell’arte, e nel momento in cui scriviamo quest’articolo, nel Pd, e in particolare nel cerchio ristretto del segretario, si fanno due considerazioni. Un bersaniano (che chiede di rimanere anonimo) racconta al Foglio che il segretario del Pd è da giorni che in effetti ragiona sul fatto che, come promesso durante la campagna elettorale, sarebbe disposto a fare un passo indietro qualora dovesse capire che l’unico ostacolo alla formazione di un governo è il suo nome (e d’altronde il Pd, in nome della spersonalizzazione della politica, ha scelto di non mettere neppure del candidato premier sul suo simbolo). Ma dall’altra parte, alcuni deputati che hanno buone frequentazioni con il segretario hanno raccontato qualche minuto fa al Foglio che il leader del centrosinistra, pur essendo oggettivamente accerchiato nel partito, intende comunque andare avanti per la sua strada e, al momento, pensa che la carta Grasso sia spendibile non da subito (perché Bersani un tentativo vorrebbe farlo) ma un minuto dopo che il mandato di Bersani non dovesse andare a buon fine. Sintesi di dirigente del Pd vicino a Enrico Letta: “Come seconda opzione Grasso è una carta probabile, come prima sinceramente la vedo dura”.

    Il clima con cui il Pd prepara l’incontro con Napolitano è questo. Le incognite sono molte. Ma una certezza c’è, ed è che oggi il segretario del Pd sembra meno intenzionato a far scoppiare una guerra con il presidente della Repubblica. Deciderà Napolitano, continua a ripetere Bersani. E se davvero le cose andranno così è improbabile che il presidente della Repubblica dia le chiavi del governo a Bersani se il segretario del Pd non gli dimostrerà sul pallottoliere del Quirinale di avere i numeri giusti per aprire la serratura.

    Merlo L’unico punto d’incontro fra le correnti del Pd è il fallimento di Bersani

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.