Grillo in van al Quirinale, la rivoluzione à la Casaleggio può attendere

Marianna Rizzini

La decrescita felice di Beppe Grillo non inizia in bicicletta ma a bordo di un van nero dai vetri fumè (ecologico?) con cui giocare ai “Blues Brothers” nell’inseguimento a tutto motore con la stampa (in autogrill l’ex comico dirà: “Finché non cambiate modi verso di me, per me non esistete”). Quasi quasi pure la rivoluzione può attendere: la giornata della non-omologazione al potere istituzionale negato ma anche avvicinato (e desiderato) comincia infatti con tutta la grandeur automobilistica ed estetica del caso – e con l’omologazione almeno turistica di chi, entrando al Quirinale per le consultazioni, abbassa gli occhiali a specchio, aggiusta il cappotto buono, fa la fotoricordo come il giapponese in tour.

    La decrescita felice di Beppe Grillo non inizia in bicicletta ma a bordo di un van nero dai vetri fumè (ecologico?) con cui giocare ai “Blues Brothers” nell’inseguimento a tutto motore con la stampa (in autogrill l’ex comico dirà: “Finché non cambiate modi verso di me, per me non esistete”). Quasi quasi pure la rivoluzione può attendere: la giornata della non-omologazione al potere istituzionale negato ma anche avvicinato (e desiderato) comincia infatti con tutta la grandeur automobilistica ed estetica del caso – e con l’omologazione almeno turistica di chi, entrando al Quirinale per le consultazioni, abbassa gli occhiali a specchio, aggiusta il cappotto buono, fa la fotoricordo come il giapponese in tour, sorride a un immenso corazziere, chiede “permesso” e saluta soddisfatto, con il pollice alzato e la baldanza delle grandi occasioni, per un attimo dimentico della grande guerra “à la Casaleggio” che lo aspetta fuori dalla porta (partiti finiti, mondo finito, compromessi finiti, educazione finita, e poi rovina, inondazioni, distruzione, catarsi e nuovo ordine dell’“ognuno vale uno” sul Web).

    Passa un’ora e Beppe Grillo chiede “ufficialmente” mandato pieno, inforca di nuovo gli occhiali, estrae il telefono dalla giacca blu, scrive “questa mattina mi sono recato al Quirinale” sul blog e affida a un incredibile video dei suoi portavoce Vito Crimi e Roberta Lombardi il compito di fare la sintesi, e loro, Crimi e Lombardi, leggono un comunicato a canone, prima io e poi tu, trenta righe io e venti punti tu, con dietro il portavoce presidenziale Pasquale Cascella che ascolta con volto imperturbabile (e forse esterrefatto): “Il Movimento cinque stelle è stato il primo per numero di voti alle ultime elezioni, per questo chiede un incarico di governo per realizzare il suo programma”, dice Lombardi (e gli italiani all’estero? e quei voti degli italiani all’estero che danno il primato al Pd?, dicono in coro gli astanti su Twitter). Ma ormai il mantra è quello. Crimi rilegge ai giornalisti (che gli “stanno sul cazzo”, come dirà in un’intervista poi trasmessa dalla “Zanzara”) i desiderata a Cinque stelle uno per uno, dal “reddito di cittadinanza” all’“abolizione di Equitalia”, dopodiché racconta ai colleghi senatori, in diretta streaming, che Grillo ha tenuto “sveglio” Napolitano (poi si scuserà – e alla fine è da cinque giorni che in casa Cinque stelle è tutta una scusa: scuse per il voto a Piero Grasso, scuse per la gaffe con Rosy Bindi, scuse per l’incauto pranzo in un ristorante non self-service, scuse preventive del candidato vicepresidente della Camera Luigi Di Maio per l’eventuale uso di auto blu, “il male assoluto”). “Nonostante le dimensioni del successo elettorale”, legge Lombardi, “non è stata data alcuna rappresentanza istituzionale al M5s, non la presidenza della Camera, non la presidenza del Senato, che sono stati oggetto di contrattazione e mercanteggiamento tra i partiti e non espressione del riconoscimento del consenso elettorale”.

    E l’idea che chi ha il 25 per cento deve parlare con gli altri, mettersi d’accordo?, chiedono sempre gli astanti su Twitter, ma è come dire a un vegetariano di ordinare la tagliata – la rivoluzione “à la Casaleggio”, dopo la parentesi con macchine e fotografie della mattina, e in assenza dell’incontro con l’ambasciatore americano uscente David Thorne, rimandato alla settimana prossima, pretende di nuovo i suoi “no” a tutti e a tutta la prassi parlamentare e costituzionale (se poi ci danno il questore, tanto meglio per noi e tanto peggio per loro, è il ragionamento). Solo che farsi dare la linea da Facebook è dura, dicono tra sé alcuni deputati grillini, convinti che alla fine con “questi” (gli altri partiti) tocchi “entrare in relazione”. Ma la linea dei portavoce tacita, per ora, il borbottio da assalto della realtà. “Se non ce lo date, l’incarico”, è la frase da ripetere a nastro, “il M5s, come forza di opposizione, chiederà la presidenza delle commissioni del Copasir e della Vigilanza Rai”. O tutto o niente (ma fino a quando?).

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.