Intesa o voto per il Cav. pari sono

Salvatore Merlo

“O intesa con noi o elezioni”, dice Maurizio Gasparri, appena eletto vicepresidente del Senato. A Palazzo Grazioli le cose le vedono in questi termini: “Bisogna aspettare che Bersani vada a sbattere, com’è inevitabile che sia. Poi ci si metterà a parlare, anche nel Pd alcuni stanno aspettando che il loro segretario fallisca”. Silvio Berlusconi scende oggi in piazza, a Roma, a piazza del Popolo, come previsto, ma ai suoi militanti parlerà anche di concordia nazionale e responsabilità civile, non è infatti il momento (non ancora) di essere bruschi, malgrado l’orizzonte elettorale sia un’opzione per lui sempre aperta: il quadro politico si è fatto fluido, una pur vaga possibilità di accordo con il Pd va tentata.

    “O intesa con noi o elezioni”, dice Maurizio Gasparri, appena eletto vicepresidente del Senato. A Palazzo Grazioli le cose le vedono in questi termini: “Bisogna aspettare che Bersani vada a sbattere, com’è inevitabile che sia. Poi ci si metterà a parlare, anche nel Pd alcuni stanno aspettando che il loro segretario fallisca”. Silvio Berlusconi scende oggi in piazza, a Roma, a piazza del Popolo, come previsto, ma ai suoi militanti parlerà anche di concordia nazionale e responsabilità civile, non è infatti il momento (non ancora) di essere bruschi, malgrado l’orizzonte elettorale sia un’opzione per lui sempre aperta: il quadro politico si è fatto fluido, una pur vaga possibilità di accordo con il Pd va tentata – ma dopo Bersani – e se poi non dovesse funzionare poco male, “avrà avuto ragione il segretario del Pd, che in realtà vuole votare a giugno”, dice il senatore Andrea Augello (di qui il motto bersaniano “o Grillo o morte”). Il preincarico attribuito ieri dal Quirinale al segretario del Pd dura cinque giorni, e dunque adesso sono cinque i giorni che ha la diplomazia sotterranea per costruire una rapida alternativa al prevedibile fallimento del tentativo di Bersani. Meno di una settimana per individuare il profilo di un premier e – sono le parole che Napolitano ha usato giovedì di fronte a Berlusconi – “tre o quattro punti di programma condiviso tra Pd e Pdl”. Al Pdl il programma in realtà, fatta salva la legge indigesta sul conflitto di interessi, non importa troppo. C’è l’elezione del prossimo capo dello stato in ballo, e dunque le trattative partono tutte dall’incrocio tra Palazzo Chigi e il Quirinale.

    Il Cavaliere, a caldo, ieri ha osservato con una punta di scetticismo il preincarico ricevuto da Pier Luigi Bersani: si era infatti convinto che Giorgio Napolitano avrebbe trovato il modo di scegliere qualcun altro sin da subito – Saccomanni, Visco, Barca, Grasso – un’impressione che il Cavaliere ha condiviso con Angelino Alfano e Renato Schifani, presenti anche loro alle consultazioni al Quirinale. Poi Berlusconi però ha un po’ cambiato idea: “In effetti non poteva che incaricare Bersani, il presidente si è anche messo a spiegarlo in pubblico, come per scusarsi”. Così adesso il Cavaliere è combattuto, come spesso gli capita per carattere: vorrebbe fidarsi di Napolitano ma un po’ pensa pure che tutta questa manovra, con l’incarico a Bersani, dia pur sempre “guazza, margine e tempo” al segretario del Pd e al suo – pur evanescente – tentativo di costruire una maggioranza con qualche voto sgranocchiato ai grillini e forse persino al centrodestra: Gianfranco Micciché e Raffaele Lombardo hanno costituito un loro gruppo parlamentare, Grande Sud, al Senato. E la Lega è sempre uno strano animale a tratti indecifrabile. Ma sono timori irrazionali, dicono, perché il fronte del centrodestra in realtà tiene saldo, come viene confermato al Cavaliere da tutti i suoi generali sul campo. Napolitano ieri ha pure messo in chiaro che Bersani non avrà un incarico pieno senza – e sono le esatte parole del presidente – “un sostegno parlamentare certo”. Tutto rassicurante. Dice Maurizio Lupi, uno dei dignitari del Pdl: “Non c’è spazio per governi di minoranza, se il Pd vuole andare alle elezioni noi siamo pronti”. E la manifestazione di oggi infatti serve anche – anche – a questo. E’ una prova di forza e di vitalità, ma pure, contemporaneamente, malgrado i modi sempre pazzotici del centrodestra, una mano tesa a quella parte del Partito democratico che non vuole le elezioni anticipate e non crede possibile un rapporto di coalizione con il Movimento 5 stelle.

    Cinque giorni di preincarico, con il Palazzo della politica sospeso tra elezioni e accordo, tra urne anticipate e inciucio. Berlusconi, che teorizza le virtù dell’indecisionismo e pensa che siano gli eventi a determinare le scelte degli uomini (e non viceversa), coltiva e tiene aperte entrambe le ipotesi: voto o accordo. E dunque agita la piazza. Se Bersani punta davvero alle elezioni anticipate, come sono convinti in tanti nel Pdl, allora il Cavaliere si troverà un elettorato già mobilitato. Se poi invece nel Pd vincessero gli inciucisti, allora tutto è pronto per trattare. Chi va al Quirinale?

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.