De Vito, il candidato grillino per Roma che un anno fa scoprì l'antipolitica
L’illuminazione antipolitica l’ha avuta il 25 aprile di un anno fa, il trentottenne Marcello De Vito, avvocato civilista, esperto di appalti pubblici e da ieri ufficialmente candidato sindaco di Roma a Cinque stelle, grazie all’esito di primarie online in cui ha conquistato cinquecentotrentatré voti (non uno sproposito, ma più di quelli mediamente ottenuti dai candidati – poi eletti – alle “parlamentarie”). Il 25 aprile 2012, dunque, il candidato, allora neppure grillino (ma il movimento “ti prende e ti entra dentro”, ha detto ieri a un passo dalle lacrime), ha udito il presidente della Repubblica affermare che “non si può prescindere dai partiti e che bisogna distinguere tra politica e antipolitica”.
L’illuminazione antipolitica l’ha avuta il 25 aprile di un anno fa, il trentottenne Marcello De Vito, avvocato civilista, esperto di appalti pubblici e da ieri ufficialmente candidato sindaco di Roma a Cinque stelle, grazie all’esito di primarie online in cui ha conquistato cinquecentotrentatré voti (non uno sproposito, ma più di quelli mediamente ottenuti dai candidati – poi eletti – alle “parlamentarie”). Il 25 aprile 2012, dunque, il candidato, allora neppure grillino (ma il movimento “ti prende e ti entra dentro”, ha detto ieri a un passo dalle lacrime), ha udito il presidente della Repubblica affermare che “non si può prescindere dai partiti e che bisogna distinguere tra politica e antipolitica”. E per lui, De Vito, “romano de Roma” che prima, per sua stessa ammissione, non aveva mai fatto nulla di “politico”, è stato troppo: “Scosso” per l’affermazione a suo dire “incostituzionale” del presidente, il giorno dopo si è presentato al meetup del Quarto municipio per vedere di che materia fosse fatta l’antipolitica, e nel giro di un anno, non senza polemiche interne (attivisti delusi per il sistema di selezione) è arrivato al giorno “più incredibile” della sua vita: ovvero a ieri, momento di “grande emozione” e pubblica presentazione come “portavoce” per il comune, tra il deputato grillino Alessandro Di Battista che ribadiva il concetto del “costruire una società senza intermediari” e la senatrice e stornellista grillina Paola Taverna che esaltava il livello locale dopo il botto elettorale nazionale (“siamo partiti dall’alto, ma Roma…”).
Affezionato al cappellino da baseball blu che sfoggia nelle foto su Internet, ma avvezzo alla camicia bianca, memore dell’adolescenza nel quartiere Montesacro, padre di una bambina e convivente con un’attivista, De Vito, dopo il suo inno a Roma (“mio vanto occuparmene”, “mio orgoglio servirla”), ha detto che non gli piace “la gestione delle società partecipate” (“ci opporremo alla privatizzazione dell’Acea”) e neanche la giunta Alemanno (“pessimo giudizio”). Il programma lo vuole scrivere con i cittadini sul Web, De Vito, grillino ortodosso fissato con l’immagine della “casa di vetro” (streaming ovunque – ma ci saranno poi cittadini semplici provvisti del tempo libero necessario per incollarsi al video per la durata di una o più sedute consiliari?). In caso di “esclusione” del M5s dal ballottaggio, il M5s non appoggerà nessuno, dice De Vito, promettendo altresì, in caso di vittoria, di procedere immediatamente alla “verifica di bilancio” (“ad maiora”, è la sua formula di augurio-minaccia). Visti anche i sondaggi che danno il M5s al 29 per cento a Roma, il Pd ancora in alto mare (primarie il 7 aprile, fin troppi candidati) si interroga sul “come” scongiurare l’effetto Parma (“è su Roma la prossima battaglia di grande impatto politico nazionale”, ha detto giorni fa un Walter Tocci in versione Cassandra: “Tutto lascia prevedere che andremo al ballottaggio con il candidato grillino, che a quel punto potrebbe essere votato anche dalla destra”).
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