Un Cav. “esterno”

Il Pdl prepara il dopo Bersani con un nome che piace a Napolitano

Salvatore Merlo

Silvio Berlusconi resterà a casa e questo pomeriggio non incontrerà Pier Luigi Bersani a Montecitorio. Sospeso tra l’idea di elezioni anticipate (che non lo preoccupano) e l’eventualità non remota che alla fine Giorgio Napolitano sciolga l’impasse imponendo un governo di scopo (o del presidente), il Cavaliere ieri sera si è fatto convincere dell’opportunità di non incontrare il segretario del Pd. “E’ più facile se non ci sei”, gli ha detto anche Angelino Alfano dopo essersi consigliato a lungo con la controparte avversaria, con Enrico Letta, l’ambasciatore del Pd alla corte di Palazzo Grazioli.

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    Silvio Berlusconi resterà a casa e questo pomeriggio non incontrerà Pier Luigi Bersani a Montecitorio. Sospeso tra l’idea di elezioni anticipate (che non lo preoccupano) e l’eventualità non remota che alla fine Giorgio Napolitano sciolga l’impasse imponendo un governo di scopo (o del presidente), il Cavaliere ieri sera si è fatto convincere dell’opportunità di non incontrare il segretario del Pd. “E’ più facile se non ci sei”, gli ha detto anche Angelino Alfano dopo essersi consigliato a lungo con la controparte avversaria, con Enrico Letta, l’ambasciatore del Pd alla corte di Palazzo Grazioli. E il Cavaliere, pur molto tentato dall’incontro con Bersani, alla fine ha annuito, ha detto che non andrà (salvo sorprese), segno che il negoziato forse lo vuole tentare sul serio, malgrado tutto, malgrado sia una missione quasi impossibile. E difatti il vecchio leader ieri ha dettato le regole d’ingaggio con le quali Alfano e Roberto Maroni – insieme – dovranno confrontarsi con il segretario del Pd. Berlusconi non è contrario a un governo guidato da Bersani, un governo di centrosinistra, ma chiede garanzie sulla composizione di questo futuribile esecutivo. Chi sarà il ministro della Giustizia? E chi il ministro delle Comunicazioni? Il Cavaliere vorrebbe anche – ma questo gli è già stato garantito – entrare nella partita per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Enrico Letta è il regista: “L’elezione deve, ripeto deve, avvenire con un coinvolgimento molto largo e non per qualche voto in più…”. Fuori di metafora, a Palazzo Grazioli insistono per la rielezione di Napolitano, vogliono pure essere certi che i ministeri “chiave” non siano occupati da nemici e chiedono rassicurazioni sul fatto che gli otto punti di Bersani possano essere modificati. “Ma non è tempo di espedienti”, dice Maurizio Gasparri. “Ci vuole una chiara assunzione di responsabilità politica”, dice il vicepresidente del Senato. Tutto dovrà funzionare alla luce del sole, il Pdl voterebbe la fiducia, niente astensioni tattiche, niente giochi sul numero legale. “In caso c’è sempre il piano ‘N’. N come Napolitano”.

    “Dopo Bersani c’è il diluvio o si può tentare ancora qualcosa?”, si chiede Mariastella Gelmini, il vicecapogruppo del Pdl alla Camera. Il piano “N” del Cavaliere trova forza nei contatti diretti avuti con il Quirinale negli ultimi giorni, nel loro ultimo colloquio il presidente della Repubblica ha detto a Berlusconi di essere intenzionato a promuovere un governo di scopo, una specie di nuovo esecutivo del presidente (ma non tecnico), con un maggiore impegno diretto da parte dei partiti: un governo misto di tecnici e politici. Il capo dello stato potrebbe avviarlo anche subito, una volta fallita l’esplorazione di Bersani, e senza nemmeno ricorrere a nuove consultazioni.

    “Dopo Pier Luigi cosa c’è?”, si chiede retoricamente anche Gasparri. Nel Pdl hanno la certezza che Napolitano abbia la forza per imporsi sul Pd qualora il segretario incaricato fallisse, sono sicuri che nel Partito democratico – alla fine – la maggioranza dei gruppi parlamentari e dei dirigenti non vorrà andare a votare ma troverà nelle pressioni del capo dello stato motivazioni sufficienti per mettere in minoranza la linea di Bersani. Linea riassunta così: o me o urne. “C’è lo spread che è ritornato a salire pericolosamente, e c’è anche l’urgenza della responsabilità nazionale”, dicono nel Pdl (e c’è chi, tra gli uomini di Matteo Renzi, lo dice anche nel Pd). Così qualcuno sussurra che nei dedali sotterranei che collegano il Pd e il Pdl già si stia trattando sulla natura del prossimo governo del presidente che per Berlusconi potrebbe essere presieduto dall’attuale ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri. Con un programma minimal, ma impegnativo e studiato anche per contenere l’esondazione di Beppe Grillo. E’ l’idea del Quirinale ed è pure quello che da tempo si sente dire in certi ambienti del Pd: tre o quattro punti condivisi sull’economia, sulla riduzione del numero dei parlamentari, sulla riforma della legge elettorale. Poi il voto. “Ci vuole un governo di scopo”, ripete da tempo Luciano Violante, uno dei tanti che nel Pd è già iscritti alla “corrente” del capo dello stato. “Anche noi pensiamo a una legislatura di pacificazione”, dice l’ex ministro berlusconiano Annamaria Bernini.

    Ma il governo del presidente è ancora una seconda opzione, l’ultima prima del voto (a giugno però, non a ottobre). Riuniti i suoi deputati, Berlusconi ha confermato di essere disposto a vedere nascere un governo Bersani, ma vuole trattare, e per alzare la posta ha detto – ma è poco più di una boutade – che “Alfano dovrebbe essere il vicepremier di Bersani”. Ma non è quello che il Cavaliere vuole sul serio. Al contrario a lui non dispiace affatto l’idea di restare fuori, vuole avere un potere d’interdizione. “Coltiviamo un’ipotesi di buon senso”, ha confermato Alfano a “Porta a Porta”: “Loro non hanno i voti per fare un governo, noi non li abbiamo per eleggere un presidente della Repubblica”.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.