Messaggi al Quirinale

Quelli che “Napolitano non si azzardi”

Alessandro Giuli

Il comunista che salvò l’Italia è ancora al centro dello psicodramma nazionale, carico di responsabilità costituzionali, più o meno ambiguamente musealizzato nella teca della “sua saggezza” verniciata dai capipartito o dai quirinalisti dell’ultim’ora, sottoposto a pressioni convergenti e che tuttavia puntano in direzioni opposte. Che cosa voglia Giorgio Napolitano è in fondo chiaro: stabilità, coesione nazionale, sveltezza nella composizione di un esecutivo politico e di stampo europeo (non necessariamente privo di autorevoli componenti extra partitici).

    Il comunista che salvò l’Italia è ancora al centro dello psicodramma nazionale, carico di responsabilità costituzionali, più o meno ambiguamente musealizzato nella teca della “sua saggezza” verniciata dai capipartito o dai quirinalisti dell’ultim’ora, sottoposto a pressioni convergenti e che tuttavia puntano in direzioni opposte. Che cosa voglia Giorgio Napolitano è in fondo chiaro: stabilità, coesione nazionale, sveltezza nella composizione di un esecutivo politico e di stampo europeo (non necessariamente privo di autorevoli componenti extra partitici). L’asse del Quirinale appare bene incardinato, è tutto il mondo fuori a barcollare. Barcolla Pier Luigi Bersani, solitario incassatore di schiaffoni a cinque stelle, ostinato fino all’inverosimile nella ricerca di un incarico pieno per giocarsi in Parlamento la sfida sulla fiducia, costi quel che costi. Può darsi che ce la faccia (lo si saprà entro domani sera), ma in caso contrario il danno bio-politico per il Pd sarà durevole e non si sa quanto rimarginabile.

    Barcollano di conseguenza anche i sostenitori della scommessa bersaniana. In particolare quelli che, come Alberto Asor Rosa sul Manifesto di ieri, esigono che Napolitano non faccia lo schizzinoso: “La coalizione di centrosinistra ha la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera, una buona maggioranza relativa al Senato. Che una coalizione parlamentare di questa forza non abbia il diritto di farsi giudicare dalle Camere significherebbe negare platealmente che il voto abbia ancora un senso in questo paese”. Parole ardite, dettate dall’interpretazione restrittiva di una certezza empirica: non siamo una Repubblica presidenziale, dunque è la volontà elettorale a dettare il ritmo. Si potrebbe obiettare che la sovranità popolare, al netto della ripartizione dei seggi imposta dal porcellum, ha decretato piuttosto l’esistenza di tre minoranze “di blocco”, generando uno stallo che induce semmai a vagheggiare larghe intese. Non basta. Occorre ricordare che il feticcio della volonté générale va maneggiato con cura o per lo meno con coerenza: il professor Asor Rosa, che oggi ne invoca la cruda attuazione, è lo stesso individuo che un paio d’anni fa reclamava da Napolitano l’intervento dei carabinieri per sciogliere d’imperio il governo di centrodestra morso dalla tempesta politica, finanziaria e giudiziaria incombente sul Cav. Il che poi è tecnicamente avvenuto nel novembre del 2011, sia pure senza schiavettoni e cani lupo a sgomberare Palazzo Chigi per fare posto a Mario Monti. In quel caso Asor Rosa svestì i panni da sanculotto e spolverò la divisa da prefetto della morale. L’idea del putsch lo seduceva. Adesso?

    Adesso la linea è se possibile più obliqua ancora. Nel suo ragionamento c’è un altro punto da considerare: “Non esiste, né può esistere, ‘coesione sociale’ o ‘coesione istituzionale’ o ‘coesione ideale’ o ‘coesione politica’ in questo paese, finché una delle parti in gioco è nelle mani di qualcuno con cui nessuna persona perbene vorrebbe avere a che fare. Quindi, non esiste, né ragionevolmente né istituzionalmente, nessun piano B”. Traduzione: Napolitano non s’azzardi a concedere asilo alla volonté imprésentable dei milioni di elettori berlusconiani; dia l’incarico a Bersani sulla fiducia (elettorale) e non immagini neanche un piano B, né prima né dopo un eventuale fallimento bersaniano. Dunque Bersani o morte, anzi Bersani o voto (tendenza giovani turchi post dalemiani, per capirci). E se alla fine fosse proprio Bersani a trovare un ubi consistam politico con il Cav., Asor Rosa tornerà a piangere da Napolitano o chiamerà i gendarmi?