Casa, croce e delizia
La ricchezza degli italiani è congelata nel mattone, che scricchiola
L’idea che l’investimento nel mattone possa restare a lungo l’architrave dell’economia nazionale è messa in discussione. Certo, oggi gli italiani sono tre volte più ricchi dei tedeschi, con un patrimonio da 164 mila euro. L’ha detto la Bundesbank la settimana scorsa precisando che da noi il 68 per cento delle famiglie ha una casa di proprietà. E’ cioè dal “mattone” che deriva oltre la metà della ricchezza accumulata. Eppure siamo un paese statico con un debito pubblico enorme, perciò la fiducia degli investitori a volte è ballerina: ieri sono stati collocati in asta tutti i 3 miliardi di Btp a 10 anni ma quelli a 5 anni non hanno fatto il pieno, deprimendo la Borsa e facendo risalire lo spread con i Bund a 348 punti.
L’idea che l’investimento nel mattone possa restare a lungo l’architrave dell’economia nazionale è messa in discussione. Certo, oggi gli italiani sono tre volte più ricchi dei tedeschi, con un patrimonio da 164 mila euro. L’ha detto la Bundesbank la settimana scorsa precisando che da noi il 68 per cento delle famiglie ha una casa di proprietà. E’ cioè dal “mattone” che deriva oltre la metà della ricchezza accumulata. Eppure siamo un paese statico con un debito pubblico enorme, perciò la fiducia degli investitori a volte è ballerina: ieri sono stati collocati in asta tutti i 3 miliardi di Btp a 10 anni ma quelli a 5 anni non hanno fatto il pieno, deprimendo la Borsa e facendo risalire lo spread con i Bund a 348 punti.
Quella degli italiani è una ricchezza immobilizzata che difficilmente potrà essere incassata alla bisogna perché i prezzi delle abitazioni scendono, dato l’eccesso di offerta, e il ricavo potenziale si riduce. Dice Luca Dondi, responsabile settore immobiliare dell’istituto di ricerca bolognese Nomisma: “L’immobiliare è un mercato illiquido e in questo momento è più illiquido che mai. Si è prodotta una rottura strutturale e l’attuale quadro caratterizzerà il mercato per i prossimi due o tre anni”. Gli analisti faticano a immaginare quando il settore si riprenderà per tornare ai livelli della bonanza vista nel 2006-2007, quando il credito era disponibile, i mutui non erano difficili da ottenere e l’edilizia residenziale è esplosa. “E’ stata un’illusione ottica del credito che all’epoca anche noi analisti – dice Dondi – ritenevamo un adeguamento del mercato verso modelli occidentali più finanziarizzati: si faceva debito per investire. Non pensavamo fosse invece il punto di arrivo”. Per Confedilizia non è una bolla ma una “situazione preoccupante”. Nomisma insiste: la bolla c’è stata, non è scoppiata con un “botto all’americana” ma si è sgonfiata. Le famiglie hanno a lungo considerato il “mattone” un investimento sicuro, oltre che un’eredità da lasciare ai figli. Quasi si trattasse di un “welfare privato” che rappresenta la nostra peculiarità nazionale.
L’immobilismo del mercato immobiliare è adesso conclamato. Dal 2009 al 2012 le compravendite di abitazioni censite – numero che esclude quelle situate nelle periferie – sono diminuite del 49 per cento, passando da 868 mila a 440 mila l’anno. Secondo i calcoli di Nomisma, la tendenza per il 2013 è in peggioramento con 413 mila case compra-vendute previste. Eppure la domanda ci sarebbe. Infatti, secondo un sondaggio dell’istituto bolognese presieduto dall’ex banchiere Pietro Modiano, tra settembre e ottobre dell’anno scorso un milione di famiglie avrebbe manifestato la volontà di acquistare un immobile ma l’80 per cento di queste potrebbe farlo solo con il sostegno di un mutuo bancario. La perdurante stretta creditizia – in un anno i prestiti a famiglie e imprese sono diminuiti del 2,8 per cento, 38 miliardi in meno – ha toccato anche i prestiti per le case con una contrazione di 2 miliardi nel corso dell’anno passato (meno 0,6 per cento). Ottenere un mutuo sembra dunque sempre più difficile soprattutto perché i tassi richiesti sono in aumento e le garanzie da presentare alla banca si sono fatte più stringenti. L’erogazione di mutui ha toccato i 25 miliardi nel 2012, stando alle previsioni di Nomisma, mentre nel 2006, quando il credito era facile, aveva raggiunto i 62 miliardi: un calo complessivo del 59 per cento. “Non si tornerà nel breve medio periodo a 50 miliardi di mutui erogati”, dice ancora Dondi che considera la cifra un discrimine per verificare la ripresa del mercato.
Gran parte dello sforzo da compiere per garantire una risalita del mattone è in capo alle banche che adesso però si ritrovano a essere sia attori sia vittime. Da un lato, l’elargizione del credito dipende da loro. Dall’altro, le banche sono esposte per 660 miliardi sul settore, secondo la società di consulenza Alix partners, e – se la stasi del mercato permane – potrebbero subire perdite per 9 miliardi di euro. Le banche usano gli immobili come garanzia dei crediti deteriorati, cioè di quei prestiti alla clientela che difficilmente verranno rimborsati, perciò hanno bisogno di un mercato di sbocco: “C’è un potenziale effetto sistemico sull’economia del paese – dice l’esperto di Nomisma – Motivare la domanda è necessario anche per le banche, se vogliono tutelarsi e fare fruttare il più possibile l’investimento attraverso le dismissioni. E’ un crocevia fondamentale”. La ripresa, dice Dondi, potrebbe derivare da una nuova politica di affitti, magari a canone concordato, per concentrarsi sulla locazione più che sulla vendita. La disponibilità liquida delle famiglie, che oggi si limitano a spendere per consumare, infatti non coprirebbe la capacità d’investimento negli immobili.
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