La Mela e i mandarini
Forse non è ancora arrivato il momento in cui conviene avere come amica la Cina, ma certo non conviene più a nessuno inimicarsela. Ne sa qualcosa Tim Cook, ceo di Apple da quando Steve Jobs non c’è più e autore di un lungo post di scuse, lunedì, sul sito cinese della sua azienda. Apple era stata accusata in Cina di non avere rispettato i periodi di garanzia, di avere discriminato i clienti cinesi, e di aver fornito risposte inadeguate e persino arroganti alle lamentele. Da Pechino è partita una dura campagna contro la società di Cupertino, iniziata dai principali media governativi e rilanciata sui social network.
Forse non è ancora arrivato il momento in cui conviene avere come amica la Cina, ma certo non conviene più a nessuno inimicarsela. Ne sa qualcosa Tim Cook, ceo di Apple da quando Steve Jobs non c’è più e autore di un lungo post di scuse, lunedì, sul sito cinese della sua azienda. Apple era stata accusata in Cina di non avere rispettato i periodi di garanzia, di avere discriminato i clienti cinesi, e di aver fornito risposte inadeguate e persino arroganti alle lamentele. Da Pechino è partita una dura campagna contro la società di Cupertino, iniziata dai principali media governativi e rilanciata sui social network. Un danno di immagine troppo grave per gli inventori dell’iPhone, che da qualche tempo non appaiono in forma smagliante come negli anni di Jobs e sono alle prese con una concorrenza sempre più agguerrita (l’ultimo numero di Bloomberg Businessweek celebra la rivale Samsung con gli stessi toni trionfalistici con cui una volta si celebrava la mela morsicata). “Siamo consapevoli della mancanza di comunicazione, che ha portato alla percezione di un atteggiamento arrogante da parte di Apple e a ritenere che non ci curiamo dei nostri clienti. Esprimiamo le nostre più sincere scuse”, ha scritto Cook, che ha abbandonato l’aura mistica e perfetta del capo dell’azienda più cool al mondo per vestire i panni di un addetto dell’ufficio reclami assicurando che Apple cambierà le politiche sulle garanzie per l’iPhone e che formerà meglio i rivenditori autorizzati di prodotti Apple sulle politiche della società.
Accusata da tempo di non sfornare più prodotti rivoluzionari (tanto che ieri è circolata la voce che ci sarebbero in cassetto due nuovi iPhone approvati da Jobs nel 2011), e incappata solo qualche mese fa in una lite con Google che ha portato alla creazione di un’applicazione con mappe imprecise per cui Cook si era già dovuto scusare con una lettera a tutti gli utenti, Apple non può permettersi altri passi falsi, soprattutto con la Cina, il secondo mercato mondiale per i suoi prodotti. Subito dopo la pubblicazione delle scuse di Cook il titolo ha perso oltre il 3 per cento in Borsa. Ma Pechino è ormai diventata imprescindibile, una controparte con cui neppure il mondo perfetto inventato da Jobs può permettersi di avere cattivi rapporti.
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