Ma Tony Blair no
La spettrale impotenza della sinistra europea (à la Bersanì-Hollande)
Un tempo sembrava plausibile che la sinistra potesse portare i paesi europei a richiudere la parentesi di un neoliberismo considerato socialmente devastante e a ritrovare il conforto di uno sviluppo solidale, generoso, egualitario. Magari con qualche tassa in più ma pur sempre irrobustendo un modello di welfare unico al mondo. Oggi non più. Dove ha appena governato, ad esempio in Spagna, è scomparsa dai radar, lasciando una sola traccia, i matrimoni gay. Dove sta ancora governando, come in Francia, rischia di colare a picco. In Germania dove la Grosse Koalition è finita da quattro anni, i socialdemocratici sono all’opposizione e rischiano di starci per otto anni.
Un tempo sembrava plausibile che la sinistra potesse portare i paesi europei a richiudere la parentesi di un neoliberismo considerato socialmente devastante e a ritrovare il conforto di uno sviluppo solidale, generoso, egualitario. Magari con qualche tassa in più ma pur sempre irrobustendo un modello di welfare unico al mondo. Oggi non più. Dove ha appena governato, ad esempio in Spagna, è scomparsa dai radar, lasciando una sola traccia, i matrimoni gay. Dove sta ancora governando, come in Francia, rischia di colare a picco. In Germania dove la Grosse Koalition è finita da quattro anni, i socialdemocratici sono all’opposizione e rischiano di starci per otto anni: Angela Merkel è ancora la favorita il 22 settembre contro Peer Steinbrück, il cui unico exploit fin qui è stato di aver commentato le elezioni italiane vinte a suo dire da due clown e provocando la reazione risentita del presidente della Repubblica. In Italia poi, c’è il Pd e il minimo che si possa dire è che è un caso da manuale psichiatrico. Nessuno pensa più che un governo di sinistra sia salvifico, che possa ricostruire il welfare o fare alcunché senza seppellire il paese sotto tasse e imposte. Questa sinistra continentale rannicchiata in posizione fetale è la stessa che mai ha voluto prendere Tony Blair come modello. Né da studiare, tantomeno da seguire.
E’ la sinistra che non ha saputo attaccare su più fronti contemporaneamente: rinnovare volto e struttura del partito, far arretrare il potere frusto delle nomenclature sindacali, confinare gli estremisti di ogni tendenza in una riserva, legittimare l’avversario difendendo il meglio del suo operato e tenendone la scia per correggerne gli eccessi. E’ la gauche che in Francia ha accarezzato nel senso del pelo la galassia alla sua sinistra, sparato a palle incatenate sulle riforme di Sarkozy e oggi che è costretta a ripercorrerne le orme non sa a che santo votarsi e si schianta in un abisso di impopolarità. E’ la sinistra che in Italia, anziché correggerla, cancellò di colpo la riforma costituzionale fatta dal centrodestra, certo abborracciata ma perfettibile, e aggiunse del suo con una scellerata riforma del Titolo V: il risultato è che sette anni dopo si sta ancora cercando di abolire il bicameralismo perfetto e diminuire il numero dei parlamentari.
No, non andava bene il giovane premier inglese, il più giovane dopo Lord Liverpool, capace di vincere tre elezioni successive, governare per dieci anni e cinquantacinque giorni e passare il testimone a uno del suo stesso partito che governerà per altri due anni ma sarà così sbiadito da farsi impallinare dal più pallido capo conservatore che si ricordi. No, non andava bene Blair. Troppo di destra, tre lustri di governo e di egemonia anche culturale in Gran Bretagna sembrava un programma minimo per i sofisticati pensatori del continente: a Parigi o a Roma nessuno fu così sopportato o mal visto come l’inglese. Tutti hanno cercato altro, l’altrastrada, l’altromondo, l’altroquando ma non l’hanno trovato. Ora hanno trovato Renzi: lui sì, lui che ci starebbe davvero a fare il “Blair delle ’ascine”, sia pure sedici anni dopo. Forse non passerà attraverso il lavacro della battaglia congressuale, e già è una differenza. Non dovrà nemmeno mettersi lì a combattere la vetero-ideologia che sempre scompare, s’inabissa e riappare. Lo lascerebbero anche fare, secondo il principio che se sei in panne è meglio salire su un altro carro che magari non è il tuo piuttosto che andare a piedi. Ma che futuro può avere una sinistra che fino a qualche mese fa non aveva mai sentito il dovere – e nemmeno il piacere – di una vera, sanguinosa battaglia interna? I socialdemocratici tedeschi almeno conservano il faccione barbuto di Karl Marx tra le icone dei fondatori e non se ne vergognano, non cambiano i connotati, non cercano improbabili ascendenze.
Possono sbagliare la scelta di un leader, ma sono solidi, non si fanno del male da soli. Come stanno facendo da quasi un anno Hollande e i socialisti francesi: hanno inchiodato la destra alla questione morale, ora il primo ministro va in televisione a chiedere perdono in ginocchio per le malefatte dei suoi, giura che né lui né il presidente sapevano che il ministro del Bilancio avesse un conto in Svizzera e che, ultima novità, un amico di lunga data del presidente e direttore finanziario della sua campagna elettorale avesse un paio di società alle Cayman. E’ un figlio d’arte, questo qui, di uno che a sua volta fu amico fedele e finanziatore di Mitterrand: il vecchio leone mai andò a frignare in televisione, perché avevano fatto tana a uno dei suoi. Queste sono cose che accadono a una sinistra sfibrata attaccata alla morale. A cui non resta che piangere.
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