Nicastri al gabbio, ma pure le energie rinnovabili non stanno tanto bene

Piero Vietti

La confisca di beni ai danni del “re dell’eolico” Vito Nicastri, accusato di dichiarare meno beni di quelli posseduti e di rapporti con esponenti mafiosi, può essere vista come la spia (a prescindere dall’effettiva colpevolezza o meno di Nicastri) della cattiva salute di cui gode in Italia il settore delle energie rinnovabili. Un settore in forte sofferenza, come scrivono Chicco Testa, Giulio Bettanini e Patrizia Feletig nel libro “Chi ha ucciso le rinnovabili?”.

    La confisca di beni ai danni del “re dell’eolico” Vito Nicastri, accusato di dichiarare meno beni di quelli posseduti e di rapporti con esponenti mafiosi, può essere vista come la spia (a prescindere dall’effettiva colpevolezza o meno di Nicastri) della cattiva salute di cui gode in Italia il settore delle energie rinnovabili. Un settore in forte sofferenza, come scrivono Chicco Testa, Giulio Bettanini e Patrizia Feletig nel libro “Chi ha ucciso le rinnovabili?” (la versione in pdf è scaricabile dal sito Formiche.net). Dopo anni di vacche grasse, ora il sistema collassa: “Il governo ha dato una drastica sforbiciata agli incentivi concessi a questa tecnologia o addirittura li ha annullati – spiegano gli autori del breve pamphlet – Il settore si è fermato e molte aziende sono in crisi. Il futuro delle rinnovabili appare seriamente ipotecato”.

    Di chi è la colpa? Soprattutto di una fonte di energia verde, il fotovoltaico. Gli autori parlano di “sistema di sovvenzioni al solare fuori controllo che ha scatenato una vera e propria ingordigia e mandato fuori controllo i costi dell’elettricità consumata da milioni di utenti”. Si tratta quindi di un “pessimo intervento di cosiddetta politica industriale, un cedimento alla pressione di diversi gruppi di interesse, che hanno utilizzato ingenti risorse in modo del tutto inefficiente e ingiusto. La sintesi brutale è che il mezzo si è mangiato il fine. Non solo questa modalità di sostegno al fotovoltaico non ha giovato al suo avanzamento tecnologico, né allo sviluppo di una sua filiera industriale nazionale ma, peggio, ha affossato il mondo delle rinnovabili”.

    Certo, le energie rinnovabili aiutano l’ambiente, ma se gli stessi fondi stanziati per incentivarne l’uso venissero utilizzati per altri progetti, sostiene Chicco Testa, “vedremmo realizzati benefici ambientali di portata macroscopica”. A oggi il costo cumulato annuo degli incentivi dati alla sola energia fotovoltaica (che si mangia da sola circa i 2/3 della torta) è di 6,5 miliardi, 130 nei prossimi vent’anni: siamo di fronte al più grosso intervento di politica industriale realizzato nel nostro paese negli ultimi tempi. Gli autori dello studio non mettono sotto accusa la tecnologia, ma la modalità con cui questa stessa tecnologia è stata finanziata: “La causa è una sola e si chiama ingordigia”. Troppo denaro e subito: il risultato è che “ci siamo ingozzati di pannelli ormai di vecchia generazione pagandoli un botto”.

    Come se non bastasse, assorbire tutti questi incentivi ha fatto sì che negli ultimi tempi la bolletta della luce degli italiani sia aumentata. In tutto ciò chi ha guadagnato parecchio sono stati i produttori di pannelli cinesi che hanno esportato in Italia fino a che c’erano soldi, e poi sono falliti. Si sono dunque creati nuovi posti di lavoro “verdi”, ma sono durati giusto il tempo di montare i pannelli.

    Aumento dell’efficienza, riduzione delle incertezze e capacità di immagazzinare l’energia, queste le direzioni da perseguire per gli autori dello studio. Altrimenti, meglio usare i soldi in altro modo. Con 6,5 miliardi all’anno si potrebbero fare due nuove linee di metro da 50 km, un treno veloce tra Napoli e Bari, mettere in sicurezza tutte le scuole italiane, risolvere il problema della gestione dei rifiuti e restaurare Pompei, Ercolano, e altre centinaia di siti archeologici e musei.

    • Piero Vietti
    • Torinese, è al Foglio dal 2007. Prima di inventarsi e curare l’inserto settimanale sportivo ha scritto (e ancora scrive) un po’ di tutto e ha seguito lo sviluppo digitale del giornale. Parafrasando José Mourinho, pensa che chi sa solo di sport non sa niente di sport. Sposato, ha tre figli. Non ha scritto nemmeno un libro.