A Pyongyang non resta che la Bomba / 1
Perché l'esercito nordcoreano non può combattere una guerra
Erano le 6 e 40 del mattino ieri in Corea (le 23 e 40 in Italia), quando la Kcna, l’agenzia di stampa nordcoreana, ha diffuso le dichiarazioni del portavoce dello stato maggiore militare della Corea del nord: per l’ufficiale, Pyongyang risponderà alla “politica ostile americana” con mezzi nucleari “più piccoli, più leggeri e diversificati”. Nel bollettino si faceva riferimento alla ratifica ufficiale di contrattacchi militari contro i nemici da parte del Comando supremo dell’esercito nordocoreano. La minaccia però, dietro la formalità procedurale, nasconde un particolare.
Erano le 6 e 40 del mattino ieri in Corea (le 23 e 40 in Italia), quando la Kcna, l’agenzia di stampa nordcoreana, ha diffuso le dichiarazioni del portavoce dello stato maggiore militare della Corea del nord: per l’ufficiale, Pyongyang risponderà alla “politica ostile americana” con mezzi nucleari “più piccoli, più leggeri e diversificati”. Nel bollettino si faceva riferimento alla ratifica ufficiale di contrattacchi militari contro i nemici da parte del Comando supremo dell’esercito nordocoreano. La minaccia però, dietro la formalità procedurale, nasconde un particolare. Solitamente l’agenzia Kcna dirama i suoi comunicati molto più tardi al mattino, intorno alle 9, a meno che non si voglia mandare un messaggio diretto a Washington intorno alle sei del pomeriggio. Qualche ora prima era arrivata dall’America la notizia del trasferimento del Terminal High Altitude Area Defense (Thaad) – il sistema antimissilistico delle Forze armate americane – sull’isola di Guam in Corea del sud. La presenza di un sistema antimissilistico nel sudest asiatico non assicura la pace, ma è l’antidoto all’“over reacting”, lo spauracchio di tutti gli osservatori della penisola coreana. Pyongyang sa bene che un attacco diretto agli Stati Uniti significherebbe la sua definitiva eliminazione, per questo fino a ora si è limitata ad attacchi isolati alla Corea del sud, come il bombardamento dell’isola di Yeonpyeong (quattro morti) e l’affondamento della nave da guerra Cheonan (46 morti), entrambi nel 2010.
A quanto risulta dalle immagini del satellite, non è possibile stabilire l’esatta dimensione dei missili che sarebbero stati trasportati ieri sulla costa est della Corea del nord. L’esercito nordcoreano potrebbe aver trasportato due missili Musudan, il cui raggio d’azione arriverebbe alle isole Hawaii e a Guam (2.500-4.000 chilometri). Solo che il Musudan Irbm non è mai stato testato, e si tratterebbe di una versione “made in Dprk” dell’R-27 sovietico, missile sottomarino antinave degli anni Sessanta. Negli ultimi giorni c’è stato, secondo gli osservatori sudcoreani, un movimento di cisterne di benzina verso la costa est. Ma con le nuove sanzioni imposte dall’Onu i primi giorni di marzo, Pyongyang non può più comprare petrolio da nessuna parte. E la produzione propria gli permetterebbe, secondo gli analisti, di mantenere in movimento il proprio esercito per ventiquattro ore, non di più. Secondo i dati del 2013, attualmente l’Esercito del popolo coreano è composto da 9.495.000 attivi, riserve e paramilitari arruolati. In Corea del nord, infatti, la leva obbligatoria dura dieci anni per gli uomini e sei per le donne.
Ma gli standard di formazione, la disciplina e le attrezzature sono estremamente bassi. Molti disertori, anche a colloquio con il Foglio, hanno confermato l’enorme problema delle razioni di cibo, che influenzano il morale e la capacità dell’esercito, per quanto numeroso sia. Qualche giorno fa ci sono stati cinque morti al confine di Hamkyung: un numero imprecisato di Guardie di confine avevano litigato per una razione di cibo troppo esigua, e la tensione è finita a pistolettate. 4.060 carri armati, 915 navi della marina e 1.748 aeroplani non possono certo competere in una guerra in aria o via terra con le interforze americane e sudcoreane. Kim Jong-un e i suoi consiglieri lo sanno, ed eviteranno l’over reacting che tutti, per ora, stanno scongiurando – compresa la Cina, che mentre schiera i suoi uomini al confine con la Corea del nord, autorizza il volo turistico di cinquanta charter in più che collegano Yanji, capitale dello Yanbian nella Cina nord-orientale, con Pyongyang.
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