L'azzardo di Kuroda-san

Paola Peduzzi

Nessuno si aspettava che il nuovo governatore della Banca centrale giapponese, Haruhiko Kuroda, arrivasse a tanto. Aveva annunciato di voler invertire la tendenza – lunga 25 anni – dell’economia del Giappone in depressione con una politica monetaria aggressiva, in collaborazione con il governo di Shinzo Abe che la pensa allo stesso modo. Ma l’aggressività dei giapponesi, storicamente, non siamo mai stati bravi a prevederla e interpretarla, e infatti ci ha preso di sorpresa: quando Kuroda ha dato i numeri della sua strategia c’è stato uno choc euforico di mercati e commentatori.

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    Nessuno si aspettava che il nuovo governatore della Banca centrale giapponese, Haruhiko Kuroda, arrivasse a tanto. Aveva annunciato di voler invertire la tendenza – lunga 25 anni – dell’economia del Giappone in depressione con una politica monetaria aggressiva, in collaborazione con il governo di Shinzo Abe che la pensa allo stesso modo. Ma l’aggressività dei giapponesi, storicamente, non siamo mai stati bravi a prevederla e interpretarla, e infatti ci ha preso di sorpresa: quando Kuroda ha dato i numeri della sua strategia c’è stato uno choc euforico di mercati e commentatori. Il numero 2 scandisce la sua politica (come si vede dalla foto), che Kuroda ha delineato con cartelloni colorati e toni chiari, stravolgendo la tradizionale cautela dei suoi predecessori (e chi diceva che questo signore con lo sguardo sfuggente fosse stato preso soprattutto perché parla l’inglese ha iniziato a ricredersi): 2 per cento è l’obiettivo per l’inflazione, 2 sono gli anni di tempo, doppia è la base monetaria con cui si ritroverà il Giappone dopo la cura Kuroda (arriverà a 270 mila miliardi di yen, circa 2.800 miliardi di dollari), 2 è il “Quantitative easing” al quadrato: ultraespansionismo quantitativo e qualitativo.

    Con questo stimolo di 1.400 miliardi di dollari, il governatore vuole comprare qualsiasi cosa, violando i tabù stessi dell’Istituto, che non s’avventurava oltre i bond a tre anni: arriverà a riempirsi la pancia anche dei pericolosi Jgb a quarant’anni e la vita media dei titoli di stato in portafoglio passerà da tre a circa sette anni. Kuroda acquisterà 7 mila miliardi di yen in bond al mese (73 miliardi di dollari) pari all’1,4 per cento del pil (la Fed acquista 85 miliardi di dollari in bond al mese, lo 0,6 per cento del pil). E’ saltata anche la regola autoimposta secondo la quale i titoli di stato della Banca non possono superare il valore delle banconote di yen in circolazione: entro il 2014 i primi supereranno le seconde di quasi tre volte. La Bank of Japan è pronta a tutto: “Vogliamo adottare tutte le misure immaginabili”, ha detto il governatore. La Borsa di Tokyo in estasi ha registrato ieri mattina il suo record al rialzo, trainando gli altri mercati fino a quando i dati sull’occupazione americana non hanno congelato i cuori, e consolidando il trend positivo – un recupero del 40 per cento – che si è determinato da quando si è insediato il premier Abe. La sua dottrina economica, la “Abenomics”, s’aggira per i mercati e le cancellerie straniere come una speranza e uno spettro assieme: se non funziona, il Giappone cade a picco. Un piano B alla politica ultraespansiva non è stato pensato, anzi, al limite è toglierle il carattere di provvisorietà: ultra espansivi ora e sempre. Lo yen è sceso rispetto al dollaro in modo significativo, dopo che era cresciuto di un enorme 25 per cento dal 2009 al 2012, quando la Fed di Ben Bernanke ha iniziato a sommergere il mondo di dollari. E ieri gli speculatori hanno iniziato a “getting short” sullo yen, a vendere allo scoperto scommettendo sul ribasso.

    Il problema è, come in tutto il mondo, la crescita: le risorse che la Bank of Japan immette sul mercato riusciranno a determinare la ripartenza? Con la deflazione, in Giappone le banche sono già piene di soldi da prestare, ma le aziende non vogliono investire e l’economia non si muove. E’ così che si forma una bolla, e pure se Kuroda rassicura con un cartellone che il pericolo è scongiurato, la paura resta. L’opposizione al governo sussurra, in modo non molto elegante, che “l’Abenomics è come farsi la pipì addosso quando fa freddo: sul momento dà sollievo, ma poi è un disastro”. I vicini, sudcoreani in testa, non possono permettersi un Giappone con lo yen debole. E George Soros, finanziere ricchissimo con la passione per le piazze democratiche purché colorate, meglio noto come “quello che ha spezzato la Banca d’Inghilterra” speculando al ribasso sulla sterlina negli anni 90, già da qualche mese scommette sul ribasso dello yen: ha investito 1 miliardo di dollari. Un giornalista della Cnbc gli ha chiesto: “Vuole spezzare anche la Bank of Japan?”. E lui, con un sorriso feroce: “Forse è quello che la Bank of Japan si augura”.

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    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi