La République dei sospetti

Montebourg infila la lama nelle ferite (morali) della Francia di Hollande

Paola Peduzzi

Approfittando della crisi dei suoi colleghi, il ministro francese per il Rilancio produttivo, Arnaud Montebourg, intervistato ieri dal Monde, ha tirato una bella mazzata alla politica del rigore, all'austerità, a quella visione che sta portando l'Europa “à la débâcle”. Montebourg, si sa, è il capo della corrente più a sinistra del Partito socialista e del governo: detesta il rigore, vorrebbe nazionalizzare tutte le aziende francesi in difficoltà indipendentemente dalla loro produttività, ama le tasse alte per i ricchi, ed è il più inviso tra i ministri francesi nella comunità finanziaria e imprenditoriale globale.

    Approfittando della crisi dei suoi colleghi, il ministro francese per il Rilancio produttivo, Arnaud Montebourg, intervistato ieri dal Monde, ha tirato una bella mazzata alla politica del rigore, all’austerità, a quella visione che sta portando l’Europa “à la débâcle”. Montebourg, si sa, è il capo della corrente più a sinistra del Partito socialista e del governo: detesta il rigore, vorrebbe nazionalizzare tutte le aziende francesi in difficoltà indipendentemente dalla loro produttività, ama le tasse alte per i ricchi, ed è il più inviso tra i ministri francesi nella comunità finanziaria e imprenditoriale globale. A dire il vero, è diventato, a un certo punto, anche inviso al primo ministro, Jean-Marc Ayrault, e al presidente, François Hollande, dopo aver fatto arrabbiare il tycoon indiano Mittal: aveva rassegnato le dimissioni, Montebourg, Hollande le aveva rifiutate ma gli aveva chiesto cautela e moderazione.

    Poi è scoppiato il caso Cahuzac, il presidente ha iniziato a districarsi tra patrimoni ingenti, conti all’estero, beghe personali e parecchie bugie, e si è ritrovato in mano la testa mozzata della leadership più riformatrice del partito. Il senso politico delle menzogne di Jérôme Cahuzac, ex ministro del Bilancio espulso ieri dal Partito socialista all’unanimità, non è tanto il crollo della credibilità di un governo che si voleva trasparente e sobrio, non opaco e “bling bling” come quello sarkozista, quanto piuttosto il regolamento di conti tra l’ala più socialista del governo e quella più riformatrice, a tutto svantaggio della seconda, che già era “sopravvissuta” con ferite al collasso (d’origine sessuale) del “gorillone” Dominique Strauss-Kahn. I sospetti, i pettegolezzi, i dispetti stanno silenziando buona parte dei ministri, che pure non hanno fatto nulla di male. Il lavoro più sporco intanto se l’è intestato la “bad girl” della stampa francese, Libération: irriverente, snob, spregiudicata, una ragazzaccia che sostiene il governo ma che si comporta da moglie tradita. Lunedì l’ha combinata bella, Libé: ha messo in prima pagina una voce orecchiata, non confermata, in un momento in cui a Parigi nessuno si fida più di nessuno.

    Il dispetto di Libération, l’ultimo in ordine di tempo, riguarda il ministro degli Esteri Laurent Fabius, sospettato di avere uno o più conti in Svizzera, proprio come il suo ex collega Cahuzac, che ha tentato nel 2009 di mettere almeno un milione di euro in un conto a Ginevra e/o a Singapore. Su Fabius sta investigando Mediapart, un sito d’informazione fondato e diretto dal giornalista ex Monde Edwy Plenel, specializzato in articoli d’approfondimento (online si leggono anche pezzi lunghi, sì) e soprattutto in scandali (la menzogna di Cahuzac è stata svelata da Mediapart). Da quasi una settimana, pare che Plenel sia pronto a rivelare uno “scandal républicain” di quelli che possono travolgere la Francia. Una “bombe politique”, scrive Libération che ha pubblicato il resoconto, giorno per giorno, dei movimenti di Fabrice Arfi, giornalista di Mediapart che s’aggira tra i palazzi della politica per verificare le sue informazioni. Arfi ha incontrato Fabius per la prima volta giovedì scorso e gli ha sottoposto il suo dossier. Sabato il ministro degli Esteri ha telefonato al presidente Hollande e gli ha detto che non è vero niente, non ha alcun conto all’estero. Ma anche Cahuzac è andato per mesi giurando che le voci contro di lui erano false salvo poi confessare, d’un colpo, tutto il contrario.

    L’avvocato di Fabius ha smentito, parlando con Libération, tutte le voci, non ha alcun conto in Svizzera e nemmeno in altri paradisi fiscali. Ma la “bad girl” ha prima registrato la voce anonima di un consigliere ministeriale – “siamo al di là del panico, siamo agli attacchi d’ansia, ma non bisogna far sapere nulla” – e si è poi schermata, anche di fronte alle accuse della stessa redazione, dicendo che la notizia era la smentita, non il rumor. Lo stesso direttore di Mediapart è rimasto scioccato: “Libération ha perso la testa”, ha scritto Edwy Plenel su Twitter, e sul suo sito ha poi continuato la lezione di giornalismo responsabile: “Non c’è nulla di peggio, in questo momento così problematico per la nostra democrazia, di una stampa che esce dai cardini, e perde i riferimenti professionali e il rigore deontologico”. I maligni insinuano che Plenel sia soltanto imbestialito con la ragazzaccia che gli ha soffiato lo scoop, ma è anche vero che Fabius è stato piuttosto preciso nelle sue smentite, cioè sembra che non ci sia molto da nascondere da quelle parti, pure se si sa che Fabius è un uomo molto ricco (e in Francia di questi tempi la ricchezza è un peccato): nel 2011 ha venduto buona parte della collezione d’arte di famiglia per 9,5 milioni di euro. Gran parte di quell’entrata è andata a sua cognata, ma sui giornali francesi da tempo si fanno i conti in tasca al ministro degli Esteri.

    Il sospetto e il pettegolezzo sono sufficienti anche per trasformare il caso Cahuzac in uno psicodramma nazional-politico con sfumature da soap opera. L’ex avversario di Cahuzac nella città di Villeneuve-sur-Lot, l’avvocato Michel Gonelle, che era stato sindaco prima di essere battuto dall’ex ministro del Bilancio, è in possesso di un audio che testimonia la presenza dei conti all’estero di Cahuzac. Gonelle dice di essersi trovato l’audio nella segreteria telefonica e giura di non essere stato lui a darlo a Mediapart, ma tra un giuramento e l’altro ricorda quanto fosse volgare e seduttore Cahuzac. La pista della seduzione porta dritto alla ex moglie di Cahuzac, Patricia. La pratica del divorzio è ancora in corso, ma secondo alcuni sarebbe stata lei con i suoi detective privati ad arrivare famelica ai conti in Svizzera. E chi è il suo avvocato? Isabelle Copé, sorella di Jean-François Copé, ambiziosissimo leader dell’Ump. Chi ha infine tradito Cahuzac? E soprattutto: perché Copé si è tirato fuori dall’operazione trasparenza alla quale Hollande ha obbligato i suoi ministri e alla quale anche l’ex premier dell’Ump François Fillon si è piegato? “Dirò quanto guadagno soltanto quando ci sarà una legge che mi obbligherà a farlo”, ha dichiarato ieri. Quanto basta per far ripartire i sospetti sulle talpe, la crisi morale della presidenza Hollande.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi