L'incontro utile

Prove d'intesa sul Quirinale tra Pd e Pdl. Bersani offre una rosa, il Cav. altri petali

Salvatore Merlo

Non ci sono giornalisti, ma solo commessi che fanno spallucce, con l’aria torva di chi non vuole rotture di scatole: “Qui non succede niente, lei cosa desidera?”. Ma c’è uno strano via vai al quinto piano della Camera, un assistente parlamentare spunta all’improvviso da un angolo buio, non voleva essere notato: trasporta quattro bottigliette d’acqua minerale e infila rapido un corridoio seminascosto. E’ lì, a un passo dalla commissione Trasporti, nella stanza del presidente, che Silvio Berlusconi stringe la mano di Pier Luigi Bersani e con lui si chiude per quasi un’ora. Dentro ci sono anche Angelino Alfano (“abbiamo rafforzato il rapporto personale”) ed Enrico Letta (“è andata proprio bene”).

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    Non ci sono giornalisti, ma solo commessi che fanno spallucce, con l’aria torva di chi non vuole rotture di scatole: “Qui non succede niente, lei cosa desidera?”. Ma c’è uno strano via vai al quinto piano della Camera, un assistente parlamentare spunta all’improvviso da un angolo buio, non voleva essere notato: trasporta quattro bottigliette d’acqua minerale e infila rapido un corridoio seminascosto. E’ lì, a un passo dalla commissione Trasporti, nella stanza del presidente, che Silvio Berlusconi stringe la mano di Pier Luigi Bersani e con lui si chiude per quasi un’ora. Dentro ci sono anche Angelino Alfano (“abbiamo rafforzato il rapporto personale”) ed Enrico Letta (“è andata proprio bene”), ma il segretario del Pdl e il vicesegretario del Pd in realtà sono stati dei padrini silenti, poco più di due guardiani frapposti tra i leader e il corridoio (semi) deserto. Alla fine la sintesi dell’incontro è abbastanza condivisa: “Facciamo un passo alla volta”. Anche se il Cavaliere avrebbe preferito maggiore chiarezza, e dunque alla fine si allontana dal Palazzo di Montecitorio salutando allegramente chiunque, commessi e donne delle pulizie, abbastanza da far sfuggire una battuta rivelatrice al fedele Alfano: “Presidente, sei già in campagna elettorale vero?”.

    Pier Luigi Bersani arriva all’appuntamento con Silvio Berlusconi in una posizione di debolezza per i guai che sta passando all’interno del partito, ma il segretario del Pd dà anche, nel corso del colloquio, l’impressione di avere subìto una “intimidazione ambientale” da parte di Ezio Mauro e di Repubblica. Berlusconi un po’ se ne accorge, sia dalla sostanza del colloquio – “un po’ vago” – sia dalla mimica del suo interlocutore. Dei due, quello più sicuro di sé è infatti il Cavaliere. Berlusconi è contento dell’incontro, è stato Denis Verdini a depistare i giornalisti e a scegliere un piano deserto di Montecitorio, ma “è Bersani ad avermi voluto vedere”, dice il Cav., “è lui che ha insistito”. E dunque il capo del Pdl si trova lì con l’atteggiamento di chi vuole soprattutto stare a sentire, si immagina che Bersani gli parli di Quirinale e governo, le due trattative che si tengono insieme. E invece no. Berlusconi si accorge subito che Bersani non ne ha affatto voglia. Dopo una battuta sul Milan, e una barzelletta che rompe il ghiaccio, il segretario del Pd guarda negli occhi il Cavaliere – uomo pratico e svelto – e usa la formula “criterio condiviso” per la scelta del prossimo presidente della Repubblica, la prende larga e appare un po’ “fumoso” al suo interlocutore, insomma il segretario riduce tutto a una questione di “metodologia” e di fronte a un Berlusconi che ama molto il parlare chiaro allude ma non rivela mai l’ipotesi di uno scambio tra Quirinale e governo. Insomma Bersani, proprio come prescritto da Ezio Mauro nella mattinata di ieri sul sito internet di Repubblica, ha negato che ci possa mai essere un legame tra la scelta del nuovo capo dello stato e la formazione del nuovo governo. “Noi vi proponiamo una rosa di nomi per il Quirinale, e all’interno di questa lista voi scegliete il presidente della Repubblica”. Tutto qua. “Il resto poi si vede”.

    E Berlusconi che ne pensa? Al Cavaliere, non è un mistero, piacerebbe molto avere un presidente di garanzia seduto sul trono del Quirinale. Ed è probabilmente disposto, pur di evitare alternative pericolose, anche ad accettare che si formi a Palazzo Chigi un governo presieduto da Bersani, un governo che si regge grazie all’appoggio esterno del Pdl. Un governo, insomma, appeso alla volontà del Cavaliere. Peccato che questa offerta però Bersani non l’abbia formulata ieri. Almeno non esplicitamente. Il segretario del Pd si guarda infatti bene dal fare a Berlusconi la domanda giusta, e anzi, quando l’imprenditore-politico, impaziente e funzionalista, prova a dirgli qualcosa sul governo, Bersani fa un gesto con la mano: “Tentiamo di fare una cosa per volta”. Il Cavaliere si ferma: “Io sono semplice”, dice, “c’è una crisi spaventosa e questo paese ha bisogno di unità nazionale. All’Italia serve un governo forte, un governo composto al settanta per cento dalle principali forze politiche. Bisogna ricontrattare il Fiscal compact, tamponare la disoccupazione, coprire il buco che ci ha lasciato Mario Monti”. Alla fine Bersani e Berlusconi restano soli, Alfano e Letta abbandonano la stanza, e qui la storia si fa più evanescente, si parla di uno scambio più semplice e più conveniente per entrambi: elezione del Quirinale e poi voto, subito, per fermare Matteo Renzi. Ma chissà. Tornato a casa, a tarda sera il Cavaliere confessa le sue impressioni, e rivela un nuovo orizzonte: “L’ho ascoltato Bersani, ho l’impressione che non regga. Ha troppi problemi con i suoi”.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.