Grillo, il tradimento e una profezia che gli permetterà di salvare la faccia

Umberto Silva

Per sfuggire al guaio in cui si è cacciato, all'integralismo disintegrante da cui non sa come uscire anche perché uscire non vuole, Beppe Grillo confida nella morte. Non una morte qualsiasi potrà toglierlo dai pasticci, solo una morte inferta dai suoi seguaci. Allora si ergerà eroicamente gridando il “tu quoque, Brute, fili mi”, mentre con sollievo accoglie i colpi di pugnale dei grillini. Anche Giulio Cesare voleva morire e scansò la profezia; non poteva affossare la Repubblica ma neppure rinnegare la propria hybris. Solo il tradimento dei suoi fedeli permetterà a Grillo di salvare la faccia di fronte a se stesso e all'implacabile custode della sua virtù, Casaleggio.

    Per sfuggire al guaio in cui si è cacciato, all’integralismo disintegrante da cui non sa come uscire anche perché uscire non vuole, Beppe Grillo confida nella morte. Non una morte qualsiasi potrà toglierlo dai pasticci, solo una morte inferta dai suoi seguaci. Allora si ergerà eroicamente gridando il “tu quoque, Brute, fili mi”, mentre con sollievo accoglie i colpi di pugnale dei grillini. Anche Giulio Cesare voleva morire e scansò la profezia; non poteva affossare la Repubblica ma neppure rinnegare la propria hybris. Solo il tradimento dei suoi fedeli permetterà a Grillo di salvare la faccia di fronte a se stesso e all’implacabile custode della sua virtù, Casaleggio. Dal momento che non ha più nulla da dire, mentre le sue grida s’infrangono contro il muro della realtà, realtà che si chiama stallo politico, disastro economico e necessaria alleanza con il Pd, lui stesso invoca la morte, questa morte. I suoi seguaci, anche quelli che non lo dicono e neppure osano pensarlo, in cuor loro hanno capito, e con filiale dolore stanno preparandogli le idi fatali.

    Dopo l’abbraccio nella casa di campagna, un commovente addio, costoro si apprestano a perpetrare il parricidio di uno che non volle mai essere padre, ma piuttosto loquace e spericolato autista di un Movimento che dopo le elezioni si è accorto, per via della propria cupa intransigenza, di guidarlo verso il baratro. Così come tanti anni fa per spericolata ostinazione lanciò l’automobile sul fatale lastrone di ghiaccio, auto che si rovesciò nel burrone imprigionando in una bara di lamiere i suoi più cari amici. Diversamente da allora, quando con un balzo si mise in salvo, ora Beppe Grillo ha deciso di restare a bordo, lui solo, offrendosi come risarcimento e vittima sacrificale. Solo però non sarà, al suo fianco gli occhi di purissimo ghiaccio di Gianroberto Casaleggio. Conclusione: i grillini si alleeranno con il Pd e salveranno se stessi e il Movimento; Grillo diverrà il virgineo mito di quel che poteva essere e non è stato. Andrà bene per tutti, soprattutto per il tenace Bersani.

    Una profezia azzardata? Come ogni profezia. Né sarei un vero psicanalista se non delirassi. “Male si parla delle viscere dello spirito se non è con sviscerato spirito”, scrisse san Juan de la Cruz, l’uomo che osò psicanalizzare Dio. “La théorie, c’est bon, mais ça n’empêche pas d’exister”, ammoniva il grande Charcot: bisogna aver vissuto e vivere molte notti d’amore e di dolore per scrivere di Grillo e del Cavaliere, di Kim e di Obama, di Hitler e di Stalin. Come pensare, psicanalisti o ciabattini, di accostarsi alle loro anime se la propria non si staglia nel tono, nell’azzardo, nella violenza profetica della scrittura? Mi annoiano le verità ricevute, beati coloro che non sanno quello che fanno e fanno quel che non sanno. Ai dotti libri di psicanalisi preferisco i gatti, essi dicono, gli imperiali maschi e le tenere gattine dalle scarpette rosse.