Il discorso del Cav. a Bari

Salvatore Merlo

“Allora caro Bersani, capiamoci una volta per tutte…”. Ieri pomeriggio a Palazzo Grazioli, mentre leggeva un passaggio del discorso che domani dovrà pronunciare in piazza a Bari, Silvio Berlusconi è stato interrotto da Gianni Letta. “No guarda, qui devi limare un po', altrimenti rischi di far saltare la trattativa sul Quirinale”. Al gran visir del berlusconismo il discorso del Cavaliere sembrava qua e là un po' troppo duro, specie nella reiterata richiesta di elezioni in caso di mancato accordo sulle larghe intese. Per Letta alcuni passaggi suonavano “inopportuni”, forse troppo livorosi contro quel Pd con il quale adesso bisogna invece trattare, trattare, trattare.

    “Allora caro Bersani, capiamoci una volta per tutte…”. Ieri pomeriggio a Palazzo Grazioli, mentre leggeva un passaggio del discorso che domani dovrà pronunciare in piazza a Bari, Silvio Berlusconi è stato interrotto da Gianni Letta. “No guarda, qui devi limare un po’, altrimenti rischi di far saltare la trattativa sul Quirinale”. Al gran visir del berlusconismo il discorso del Cavaliere sembrava qua e là un po’ troppo duro, specie nella reiterata richiesta di elezioni in caso di mancato accordo sulle larghe intese. Per Letta alcuni passaggi suonavano “inopportuni”, forse troppo livorosi contro quel Pd con il quale adesso bisogna invece trattare, trattare, trattare. “Sono passati quarantotto giorni e ancora non c’è uno straccio di governo – declama il Cavaliere nel suo discorso – in compenso vogliono prendersi ben cinque cariche istituzionali. Volete voi Prodi, Finocchiaro, Monti e Casini?”. Berlusconi ha accettato come sempre gli appunti e le critiche di Gianni Letta, ma poi ha sorriso e non ha modificato nemmeno una virgola nel testo. Il Cavaliere è molto sicuro di sé e di fronte ai suoi uomini preoccupati ieri ha ostentato certezze: “Siamo forti, più uniti del Pd e per questo il negoziato si farà”.

    Trascinata da Berlusconi, la corte riunita a Palazzo Grazioli ha riscoperto insomma le virtù del centralismo carismatico e tra una pausa e l’altra, nel lavoro di cesellatura del discorso, ieri qualcuno scherzava pure sui tormenti del Pd, e citava Peppino De Filippo: “Noi siamo vincoli, loro sparpagliati”, ovvero noi del Pdl siamo uniti mentre loro sono attraversati da un intenso tramestio. Il Cavaliere si è accorto che i suoi avversari del centrosinistra, a cominciare dal segretario Pier Luigi Bersani, periclitano vistosamente. Così, pur tra mille incertezze, nella complicatissima trattativa sul Quirinale il Cavaliere si fa forte del controllo saldissimo sul suo partito e su quegli uomini che come sempre il grande capo riesce a far suonare come fossero le tante note di una lunga tastiera di pianoforte. Dunque in questi giorni dal Pdl parte, e quasi senza sosta, una pioggia di offerte, profili, nomi, ipotesi per la presidenza della Repubblica solo apparentemente disordinata. Un lancio fittissimo e tutto rivolto all’indirizzo del Pd: le più diverse e talvolta inconciliabili proposte di candidati per il Quirinale. Sembra un gioco un po’ matto e disordinato mentre in realtà i nomi che turbinano tra giornali e voci di Palazzo sono tutti più o meno esplicitamente suggeriti dal sovrano di Arcore: Violante è proposto da Fabrizio Cicchitto, Bonino è spinta da Mara Carfagna, ma dietro ogni angolo si nasconde il profilo di Berlusconi. E persino Bersani stesso è ora candidato alla presidenza della Repubblica perché ne ha parlato qualche tempo fa in televisione Daniela Santanchè (a sua volta ovviamente ispirata dal grande regista di Arcore). Dunque è tutto vero, o forse tutto verosimile, in definitiva abbastanza falso.

    Circondato da Verdini, Alfano, Schifani, Letta e Brunetta, ieri pomeriggio il Cavaliere non si è soltanto mostrato incline alla trattativa con il Partito democratico ma ha pure affettato una certa sicumera intorno alle possibilità di uscirne vittoriosi, con un accordo in mano. Di fronte ai suoi interlocutori, a tratti dubbiosi, il grande capo non ha fatto una piega malgrado le tante incognite, i molti rischi, e malgrado la certezza che il tracciato nasconda ancora parecchie trappole. I consiglieri del Cavaliere temono che Bersani “possa fare il furbo”, come dice anche Mariastella Gelmini, ovvero temono che il segretario del Pd non rispetti i patti fino in fondo e che ottenga l’elezione di un presidente della Repubblica – Romano Prodi – disponibile a fare “quello che non ha fatto Napolitano”. Insomma la corte del Cavaliere è molto spaventata dalla possibilità che Bersani imbrogli Berlusconi e riesca invece a conquistare, grazie a un capo dello stato “amico” della sinistra e “nemico” del Pdl, quel “governo di minoranza” che Giorgio Napolitano ha osteggiato fin dall’inizio di questa fragile e matta legislatura. Possibile? Si tratta di timori non del tutto irrazionali, ma fondati sulla sensazione diffusa che qualcosa, nei dedali sotterranei del Palazzo, si stia muovendo alle spalle del Pdl e del Cavaliere stesso.

    “Si sono attivati certi ambienti”, dicono nel Castello berlusconiano alludendo a un meccanismo a tenaglia capace di escluderli del tutto dalle decisioni che contano. Ma a ogni timore, Berlusconi sembra rispondere con un sorriso pieno di certezze che si riverbera nei toni forti con i quali domani vuole “tenere sveglio e pronto” il suo elettorato con la manifestazione e il discorso che terrà a Bari: “Non tradirò mai i miei dieci milioni di voti. O il Pd dialoga con noi o si vota a giugno”. Come se in realtà questa ipotesi di votare a giugno, una volta eletto il presidente della Repubblica, sia più di una semplice ipotesi. Il Cavaliere sarà in Puglia già questa sera. Raffaele Fitto, l’ex ministro, ha messo in moto una gigantesca macchina d’apparato per la manifestazione: settecento pullman, cinquantamila persone dalla sola Puglia per una spesa complessiva che pare si aggiri intorno ai cinquecentomila euro in tutto. Moltissimo, quasi quanto è costata l’intera campagna elettorale afona e low profile che Berlusconi aveva organizzato per le ultime elezioni del 24 e 25 febbraio.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.