Inchiostro e trasporti
Dottor Rcs, Mr. Alitalia. La doppia anima dell'azionista Benetton
Il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, ha pungolato gli azionisti di Rcs in una lettera diretta alla sua redazione lunedì scorso (nella quale chiedeva ai giornalisti che non verranno licenziati o prepensionati di ridursi lo stipendio, prendendo esempio da lui che se l’è tagliato del 20 per cento, come ha fatto notare nel post scriptum). Il gruppo editoriale – che negli ultimi anni ha chiuso in perdita tre bilanci su cinque – sta attraversando un travagliato processo di ristrutturazione e alcuni azionisti hanno fatto resistenza quando gli è stato chiesto di mettere soldi nella società con una prima tranche dell’aumento di capitale da 400 milioni di euro (la metà servirà a ripagare le banche creditrici, depotenziando il beneficio per il business editoriale).
Il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, ha pungolato gli azionisti di Rcs in una lettera diretta alla sua redazione lunedì scorso (nella quale chiedeva ai giornalisti che non verranno licenziati o prepensionati di ridursi lo stipendio, prendendo esempio da lui che se l’è tagliato del 20 per cento, come ha fatto notare nel post scriptum). Il gruppo editoriale – che negli ultimi anni ha chiuso in perdita tre bilanci su cinque – sta attraversando un travagliato processo di ristrutturazione e alcuni azionisti hanno fatto resistenza quando gli è stato chiesto di mettere soldi nella società con una prima tranche dell’aumento di capitale da 400 milioni di euro (la metà servirà a ripagare le banche creditrici, depotenziando il beneficio per il business editoriale). De Bortoli ha scritto: “L’aumento di capitale è incerto, il rifinanziamento del debito problematico e comunque assai costoso. Si registra in alcuni soci e creditori un atteggiamento di durezza incomprensibile che stride con il comportamento, assai diverso, che i medesimi soggetti tennero in circostanze analoghe quando si trattò, per esempio, di rifinanziare una compagnia aerea o un gruppo assicurativo”. Per l’assicurazione il riferimento è a Generali, azionista interno al patto di sindacato (che blinda il 60 per cento delle azioni Rcs) con il 3,7 per cento. Secondo il Sole 24 Ore, Generali andrebbe “verso il no all’aumento”, in linea con la strategia dell’ad Mario Greco di dismettere le partecipazioni non afferenti al “core business” assicurativo. Su questo punto ci sarà più chiarezza dopo il cda di Rcs che si riunirà domani per approvare il bilancio 2012. Sulla “compagnia aerea”, invece, il riferimento non è cristallino ma l’indizio è preciso: a finanziare Alitalia, ci avevano pensato nel 2008 Intesa Sanpaolo e i Benetton. Difficile che De Bortoli puntasse il dito contro Intesa, il banchiere Giovanni Bazoli è il dominus dell’istituto milanese e un solido alleato del direttore (quando si parlò di vendere la sede storica di Via Solferino, simbolo della Milano che stampa e che produce, Bazoli fece da scudo a De Bortoli).
L’indiziato è dunque solo uno: Benetton. Come azionisti di minoranza, tramite la holding Edizione, i Benetton possiedono una quota del 5,1 per cento di Rcs: partecipazione storica, voluta dal patron Gilberto. I Benetton non fanno parte del patto di sindacato e sono stati i primi a dire di non volere partecipare all’aumento di capitale facendo così scricchiolare la già criticata strategia di ristrutturazione di Rcs pensata dall’ad Pietro Scott Jovane (i vertici di Unicredit, una banca creditrice, avevano già espresso dubbi sulla riuscita dell’operazione). Sembra che ormai il Corriere non interessi più ai Benetton. E non è a loro che il comitato di redazione guarda per capire le intenzioni della proprietà: chi viene marcato stretto, al di fuori del patto di sindacato, sono gli imprenditori Giuseppe Rotelli e Diego Della Valle, azionisti rispettivamente con il 13 e il 8,6 per cento. Alessandro, presidente di Benetton Group, non cita nemmeno il Corsera tra i suoi interessi preferiti nel suo blog personale. Gli imprenditori trevigiani, insomma, a parte suscitare l’antipatia di De Bortoli, sono azionisti che da Rcs hanno solo accusato perdite e di fatto sono già sgusciati fuori dal cosiddetto “salotto buono” rappresentato dal primo quotidiano nazionale. Il motivo è che devono concentrarsi sulla loro vasta attività industriale: abbigliamento, ristorazione, cinema, autostrade e aeroporti. E’ in particolare nel settore dell’aviazione che contano molto. Tramite Atlantia sono i terzi azionisti di Alitalia con l’8,8 per cento, dietro a Air France e alla famiglia Riva, quella dell’Ilva. Nella compagnia, però, non sono più ben visti da quando, nel dicembre scorso, hanno alzato le tariffe dell’aeroporto di Fiumicino per finanziare l’ampliamento dello scalo romano, gestito da Adr, società controllata da Gemina, altra compagnia dei Benetton appena “fusa” con Atlantia. Il Foglio apprende da fonti interne ad Alitalia che l’aumento tariffario di 10 euro per passeggero costerebbe alla compagnia circa 100 milioni di euro all’anno (circa 10 al mese, dato variabile a seconda del traffico): un onere per Alitalia, già gravata da un debito superiore al miliardo.
P.S. Chi è il “cavaliere bianco” di Rcs?
Sono frequenti i rumors sul “salvatore” di Rcs. Per alcuni sarebbe il fondo Investindustrial di Andrea Bonomi. La società milanese, interpellata, smentisce. Altri guardano a Axel Springer, colosso editoriale tedesco che al Foglio riferisce che “non sta succedendo nulla”. E’ però interessante notare che Mathias Döpfner, l’ad del gruppo che pubblica la Bild, parteciperà al forum di Bagnaia, dove il 24 e 25 maggio si riunirà il gotha dell’editoria nazionale.
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