Quirinarie a testa e cuore

Casaleggio è contro il Prof. Ma chi farà esplodere il Pd?

Marianna Rizzini

“Votate con la testa e non col cuore. Se vogliamo far esplodere le contraddizioni all’interno del Pd non resta che Rodotà o Zagrebelsky”: così parlò (ieri, su Twitter) Paolo Becchi da Genova, professore di Filosofia del diritto e intellò di riferimento del Movimento cinque stelle: un suggerimento per il secondo turno delle Quirinarie, primarie online per la scelta del nome del candidato presidente preferito dai grillini, funestate giovedì scorso da un fantomatico attacco hacker (secondo Beppe Grillo) o da “un’anomalia” (secondo l’ente esterno di certificazione scelto dalla Casaleggio Associati).

    “Votate con la testa e non col cuore. Se vogliamo far esplodere le contraddizioni all’interno del Pd non resta che Rodotà o Zagrebelsky”: così parlò (ieri, su Twitter) Paolo Becchi da Genova, professore di Filosofia del diritto e intellò di riferimento del Movimento cinque stelle: un suggerimento per il secondo turno delle Quirinarie, primarie online per la scelta del nome del candidato presidente preferito dai grillini, funestate giovedì scorso da un fantomatico attacco hacker (secondo Beppe Grillo) o da “un’anomalia” (secondo l’ente esterno di certificazione scelto dalla Casaleggio Associati). A urne telematiche ancora aperte (il nome del primo classificato verrà reso noto oggi), Becchi minacciava altresì di andarsene dal M5s in caso di vittoria dell’ex leader dell’Ulivo. Poco dopo, da Torino, il guru nell’ombra Gianroberto Casaleggio, per un giorno allo scoperto in occasione di un incontro con gli imprenditori Confapri, ci teneva a dire, sempre a urne aperte, e con due candidati “politici” ancora in corsa (lo stesso Prodi ed Emma Bonino), che il presidente della Repubblica “deve essere non politico” e “super partes”, frase poi edulcorata dalla precisazione: “Prodi? Se la maggior parte del Movimento dovesse votarlo, lo voteremo”. E siccome Beppe Grillo, tempo fa, aveva fatto capire sul suo blog che Prodi era meno peggio di altri, e siccome un canale tra gli ambienti prodiani e quelli casaleggiani era stato aperto, c’era chi si chiedeva, ieri, se quella di Casaleggio fosse una frase per sviare l’attenzione dalla domanda “dopo il terzo scrutinio che fate?”, o una vera mazzata sul Prodi candidato; una presa d’atto della discesa di Prodi nel gradimento generale (della serie: tanto vale buttarsi sul nome di bandiera senza “piano b”) o una dichiarazione utile a tenere compatti gli attivisti scatenati contro i nomi “politici” anche sul sito de “La cosa”, la tv ufficiale del Movimento. Restava il fatto: una frase di Casaleggio che piomba nel bel mezzo delle Quirinarie ancora avvolte dal mistero (quanti i votanti?, quante le preferenze per ciascuno dei nove candidati, escluso Grillo che ieri rinunciava con un “no, grazie”?). Ci si metteva anche un’intervista di Franco Prodi, fratello di Romano, a “Un giorno da pecora” su Radio2: quindici anni fa Grillo chiedeva a mio fratello consigli di economia, raccontava l’altro Prodi. E mentre Casaleggio a Torino si manteneva vago sul governo (“non chiedete a me”) e parlava di cassa integrazione (“non fa parte dei tagli a cui pensiamo, se non sostituita dal reddito di cittadinanza”), l’Espresso parlava dell’appartenenza del guru anti stampa all’Ordine dei giornalisti del Piemonte (come pubblicista, dal 2004). Le parole di Casaleggio, comunque, non scioglievano nel Movimento i dubbi sulla linea isolazionista anche oltre il terzo scrutinio, la linea cioè del “votiamo fino alla fine il nostro candidato”, ribadita dalla capogruppo alla Camera Roberta Lombardi (che ieri, a Radio radicale, restava per un attimo perplessa sull’età per poter essere quirinabili: “Non mi pare sia scritta in Costituzione”). E a fine giornata nel M5s c’era chi, come il senatore Francesco Molinari, parlava ancora di future riunioni per decidere che fare in caso di ballottaggio finale tra due nomi diversi dal primo classificato alle Quirinarie.

    Anche l’America si fa matrigna
    E insomma l’insostenibile pesantezza della vita a Cinque stelle (specie per i parlamentari a Cinque stelle) si faceva, da ieri, ancora più pesante, e non solo perché il capogruppo in Senato Vito Crimi si doveva giustificarsi su Facebook per un sonnellino sul Freccia rossa in prima classe beccato da Libero (“c’era lo sciopero venerdì scorso, e l’aereo costa di più”, scriveva Crimi, per evitare l’ondata di critiche popolari – ma i cittadini si arrabbiavano lo stesso: “Date un senso a quei soldi, così sarebbe pure normale prenderlo, il Freccia rossa in prima classe”, scriveva sulla sua bacheca Facebook tal Maurizio). Anche il weekend in famiglia è diventato invivibile, raccontano gli eletti: c’è infatti gente che si avvicina e dice “non fate nulla”, gente che chiede di accodarsi al Pd per far qualcosa; gente che accetta Romano Prodi, gente che Romano Prodi “proprio no”. Persino l’America, finora benigna, è diventata matrigna, col New York Times che in prima pagina parla di Grillo come del “populista” che ha in mano le sorti dell’Italia, forse un “pericolo” per l’Europa.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.