Patriot bomb

Daniele Raineri

Al momento si possono fare soltanto congetture perché non ci sono rivendicazioni. Due le piste possibili. Quella “interna”, del terrorismo legato alla destra militante, suprematista bianca, ossessionata dalla presidenza di Barack Obama. Quella “esterna”, del terrorismo legato a gruppi islamisti – che non necessariamente viene da fuori, può servirsi di volontari cresciuti in loco, forse anche indottrinati via Internet, ma è ispirato da fuori. Questi gli elementi.

    Al momento si possono fare soltanto congetture perché non ci sono rivendicazioni. Due le piste possibili. Quella “interna”, del terrorismo legato alla destra militante, suprematista bianca, ossessionata dalla presidenza di Barack Obama. Quella “esterna”, del terrorismo legato a gruppi islamisti – che non necessariamente viene da fuori, può servirsi di volontari cresciuti in loco, forse anche indottrinati via Internet, ma è ispirato da fuori. Questi gli elementi. La data del 15 aprile non era una data qualunque, ma era il terzo lunedì d’aprile, il Patriot Day, giorno in cui si festeggia la prima battaglia della guerra d’indipendenza americana. Anche l’attentato di Oklahoma City compiuto da Timothy McVeigh – un militante dell’estrema destra americana – e la strage finale dell’assedio di Waco – quando una setta oppose resistenza fino all’ultimo a un attacco delle agenzie di sicurezza (finì in modo disastroso, divenne simbolo della lotta al governo federale) sono avvenuti nel Patriot Day. L’ultimo miglio della maratona di Boston di ieri era dedicato alle vittime di Newtown, la strage di bambini a dicembre che ha innescato come mai prima il dibattito sulle armi da fuoco in America e il diritto a possederle. L’Amministrazione sta facendo una campagna per imporre restrizioni, e questo è un tema su cui la destra militante è suscettibilissima (“il governo ci vuole sottrarre le armi!”). Per quanto riguarda la pista “esterna”, il New York Post riferisce dell’arresto di un sospettato di vent’anni di nazionalità saudita – il collegamento è immediato con gli attentatori sauditi dell’11 settembre, 15 su 19. Sarebbe in ospedale sorvegliato dagli agenti dell’Fbi. Non si sa se sia un “lupo solitario”, ma la complessità dell’attacco fa pensare a un’organizzazione più grande. Anche la modalità scelta per l’attentato ricorda molto gli attacchi in sequenza di al Qaida, per massimizzare gli effetti: prima una bomba, poi le altre per colpire la gente in panico e i soccorritori. Le esplosioni multiple sono diventate un marchio di fabbrica. L’allarme antiterrorismo “esterno” era particolarmente alto in questi giorni, ma evidentemente non è bastato.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)