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Bertello, il curiale “ai confini del mondo” che piace a Francesco
Non pensava di certo al cardinale Giuseppe Bertello, il Papa, quando nell’omelia di domenica scorsa a San Paolo fuori le mura ammoniva sul rischio che corrono i sacerdoti di farsi corrompere da quei falsi idoli che corrispondono alla vanità e alla ricerca continua di avanzamenti di carriera. Il presidente del governatorato dello stato della Città del Vaticano, ha un curriculum che corrisponde invece a quello del sacerdote che deve andare in periferia, ai confini del mondo, per evangelizzare e continuare la missione apostolica, come tante volte Francesco ha ripetuto in questo primo mese di pontificato.
Non pensava di certo al cardinale Giuseppe Bertello, il Papa, quando nell’omelia di domenica scorsa a San Paolo fuori le mura ammoniva sul rischio che corrono i sacerdoti di farsi corrompere da quei falsi idoli che corrispondono alla vanità e alla ricerca continua di avanzamenti di carriera. Il presidente del governatorato dello stato della Città del Vaticano, ha un curriculum che corrisponde invece a quello del sacerdote che deve andare in periferia, ai confini del mondo, per evangelizzare e continuare la missione apostolica, come tante volte Francesco ha ripetuto in questo primo mese di pontificato. Conseguita la licenza in Teologia pastorale e il dottorato in Diritto canonico, Bertello è entrato nel servizio diplomatico nel 1971. Poi, per oltre trent’anni, è stato inviato nelle zone più calde del pianeta: capo della delegazione di osservatori alla Conferenza dei non allineati a Pyongyang nel 1987 e – dopo essere stato consacrato vescovo dall’allora segretario di stato Agostino Casaroli – nunzio in Ghana, Togo e Benin.
Nel 1991, Giovanni Paolo II lo nomina nunzio in Ruanda. Sono gli anni della guerra civile, degli scontri etnici tra hutu e tutsi. Nonostante le minacce e il ripetuto invito a togliere il disturbo, Bertello decise di non lasciare il paese: “Era un mio preciso dovere testimoniare la presenza della chiesa. C’erano centinaia di missionari che non potevano essere abbandonati”, disse. Nel 1995 Karol Wojtyla lo trasferisce a Ginevra, dove diventa osservatore permanente alle Nazioni Unite. Quindi, nel 2000, succede alLeonardo Sandri come nunzio in Messico. Ci rimarrà sette anni, fino a quando sarà richiamato a Roma con l’incarico di nunzio per l’Italia e San Marino.
Sono queste esperienze ad aver consentito a Bertello di tessere negli anni una fitta rete di conoscenze. Uomo affabile, mite e prudente, è stato uno dei porporati più ascoltati nelle settimane che hanno preceduto il Conclave dello scorso marzo. Papa Francesco lo tiene in grande considerazione: ascolta i suoi suggerimenti e ne apprezza il modus operandi. E’ lui l’unico italiano a essere stato inserito nel gruppo che – come anticipato dal Foglio lo scorso 28 marzo – sosterrà il Papa nel governo della chiesa universale e studierà come riformare la Pastor Bonus, la costituzione apostolica del 1988 che regola l’attività della curia romana. Ciò che era difficile da prevedere erano i nomi del gruppo scelti da Bergoglio. Ci si aspettava che il Papa chiamasse accanto a sé porporati di peso, pescando tra quelli più in vista negli ultimi anni e al centro dei conciliaboli del pre Conclave. Invece Francesco ha scelto nomi di primo ma non di primissimo piano. Esclusi i più noti Erdö, Scherer, Schönborn, Dolan e Tagle, Francesco ha dato fiducia al cileno Errazuriz Ossa, all’indiano Gracias e al congolese Monsengwo Pasinya. Nomi che segnano una discontinuità, che aprono a un nuovo corso e che pongono più di un interrogativo in curia. Eccetto Bertello, l’unico del “consiglio” ad avere avuto un ruolo di alto livello anche nella curia ratzingeriana. Potrebbe essere proprio lui a fare da trait d’union tra il vecchio governo e quello che Bergoglio si sta preparando a varare.
E l’attuale presidente del governatorato è anche – assieme al prefetto della congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli, Fernando Filoni, e al nunzio in Venezuela, Pietro Parolin – il nome in prima fila per succedere a Tarcisio Bertone alla segreteria di stato. Uno scenario che non dispiacerebbe affatto neppure all’ex arcivescovo di Genova, chiamato in Vaticano nel 2006 da Joseph Ratzinger a sostituire Angelo Sodano: Bertello è infatti piemontese di Foglizzo, diocesi di Ivrea, la stessa di Bertone. E proprio il segretario di stato attuale, confermato “donec aliter provideatur” da Bergoglio pochi giorni dopo l’elezione a vescovo di Roma, si spese molto con Benedetto XVI per nominare Bertello presidente del governatorato al posto del dimissionario Giovanni Lajolo.
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