Il partito No Prodi

Salvatore Merlo

Il partito anti Romano Prodi nel Pd è una forza maggioritaria, ma ha un problema gigantesco che il segretario Pier Luigi Bersani non sa come aggirare: la sua unica sponda per fermare la corsa di Prodi verso il Quirinale, ed evitare le elezioni anticipate a giugno, si chiama Silvio Berlusconi, cioè l'uomo che rappresenta la più instabile delle contro parti, l'alleato più indigesto che il centrosinistra vittima della sindrome da inciucio possa concepire.

    Il partito anti Romano Prodi nel Pd è una forza maggioritaria, ma ha un problema gigantesco che il segretario Pier Luigi Bersani non sa come aggirare: la sua unica sponda per fermare la corsa di Prodi verso il Quirinale, ed evitare le elezioni anticipate a giugno, si chiama Silvio Berlusconi, cioè l’uomo che rappresenta la più instabile delle contro parti, l’alleato più indigesto che il centrosinistra vittima della sindrome da inciucio possa concepire. “Dopo l’elezione del presidente della Repubblica c’è chi pensa a una collaborazione di scopo tra Pd e Pdl”, dice il giovane bersaniano Matteo Ricci, che tuttavia svela il problema esiziale, il tormento di Bersani: “La scarsa affidabilità di Berlusconi”.

    Sarà. Intanto da Prodi o da ambienti a lui non ostili giungono strani segnali distensivi: si narra di un vaporoso contatto telefonico con Gianni Letta (smentito), e c’è un cogitabondo ma più robusto invito alla pacificazione firmato da Marcello Sorgi sulla Stampa di ieri. Basterà a scompaginare i dubbi del partito antiprodiano? Gli iscritti al partito che diffida del prof. sono molti, ma non altrettanto organizzati: il segretario del Pd Bersani, la vecchia volpe baffuta Massimo D’Alema che definì Prodi “un flaccido imbroglione”, i giovani turchi, e poi i Popolari amici di Franco Marini (debolucci). Il gruppo si contrappone ai sostenitori più o meno interessati della candidatura di Prodi: il sindaco di Firenze Matteo Renzi, ma anche Rosy Bindi, cioè tutti i teorici delle elezioni anticipate a giugno. Spaventato dalle troppe esplosioni interne al suo partito, e minacciato all’esterno dagli uomini di Beppe Grillo, Bersani sente di non avere troppe alternative all’inaffidabile Caimano. E il Cavaliere, consapevole della sua ritrovata e sorprendente centralità, non rinuncia neanche un po’ al suo stile, a quel cinismo ludico che è la sua cifra politica. Così ieri pomeriggio ha alzato la cornetta e ha chiamato Bersani al telefono proponendogli all’incirca questa “semplice” alternativa: o Giuliano Amato al Quirinale, con un governo Pd-Pdl (“e io vorrei dei ministri”), o in alternativa – molto evanescente sotto sotto persino per il Cav. – Gianni Letta “o me stesso” al Quirinale “con il governo che ti pare”.

    Ma gli ultimi contatti diplomatici descrivono un semi stallo della trattativa tra i due maggiori partiti che si osservano e si misurano. Alla prima votazione per il presidente della Repubblica, giovedì a Montecitorio, Pd e Pdl andranno ciascuno per i fatti suoi, si conteranno. Il Pdl voterà per Silvio Berlusconi al Quirinale. Una mossa concordata, per far decantare la situazione, per stabilire esattamente la consistenza delle rispettive forze in campo, malgrado le trattative continuino, anche in queste ore, senza mai interrompersi. Berlusconi, che ieri ha incontrato Matteo Renzi a Parma, torna oggi a Roma e stasera cenerà con i suoi uomini a Palazzo Grazioli per definire i contorni di un possibile nuovo colloquio vis à vis con Bersani. L’offerta, quella vera, per adesso è sul nome di Amato, e secondo i suoi più raffinati esegeti il Cavaliere in realtà, sotto sotto, fedele com’è alle indicazioni che lui stesso ha dato agli ambasciatori del Pdl (“trattare, trattare, trattare”) è disposto a cedere sulla formazione del governo, a deflettere un po’ dalla richiesta di “pari rappresentanza” nel nuovo esecutivo. Tutto pur di evitare, come vorrebbero anche Bersani e D’Alema, “l’incubo” di Romano Prodi al Quirinale, il candidato “dell’esplicita ostilità nei nostri confronti”, come dice Renato Schifani, il capogruppo del Pdl al Senato. Sia Berlusconi sia Bersani temono lo scenario di un’elezione di Prodi al quarto scrutinio con i voti di Grillo; “voti che renderebbero a quel punto molto difficile per noi non votare per il professore”,  dice il senatore Nicola Latorre.

    Ma è possibile votare a giugno, come vorrebbero i sostenitori di Prodi, tra cui Matteo Renzi? Sì. Difficile, ma non impossibile. E’ sufficiente che sia eletto un presidente della Repubblica molto incline allo scioglimento delle Camere, un presidente (come Romano Prodi?) disposto a fare delle consultazioni molto, ma molto, sbrigative. Tecnicamente il nuovo presidente dovrebbe entrare in carica dal 15 maggio, ma è probabile (ed è anche consuetudine) che Giorgio Napolitano anticipi i tempi dimettendosi. Considerati comunque gli adempimenti di legge, tra cui il passaggio di consegne, il nuovo presidente potrà insediarsi a fine mese o ai primi di maggio. A quel punto comincerà un giro di consultazioni, la cui durata è del tutto discrezionale. Anche pochi giorni. Solo una volta terminate le consultazioni potrà sciogliere le Camere. La Costituzione stabilisce che si debba votare non prima di quarantacinque giorni e non dopo settanta dallo scioglimento: realisticamente, le date sono il 16, il 23 giugno, o la piena estate. Insomma il partito anti Prodi interno al Pd, se vuole evitare il voto anticipato, e se non vuole rischiare il caos del quarto scrutinio (a maggioranza assoluta degli aventi diritto: 504 voti) deve necessariamente accordarsi con il mostro di Arcore.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.