Un attentato “discreto”
Chi sta ammazzando chi nella Libia delle bombe contro i francesi
Ieri un “attentato discreto” ha colpito l’ambasciata di Francia in Libia, nel quartiere al Andalus, “Andalusia”, di Tripoli. Un’autobomba è esplosa davanti al cancello d’entrata, alle sette del mattino, quando ancora non c’era nessuno: soltanto due guardie all’interno sono rimaste ferite, una gravemente. Difficile pensare che chi ha colpito non sapesse che a quell’ora l’ambasciata è quasi deserta. Poche ore prima, in Yemen, un fuoristrada ha parcheggiato vicino all’ambasciata francese: da dentro il veicolo qualcuno ha sparato colpi contro l’edificio. Non è arrivata alcuna rivendicazione, ma è possibile che entrambi gli attacchi siano legati al voto di lunedì al Parlamento francese che ha prolungato la missione militare contro i guerriglieri islamisti in Mali.
Ieri un “attentato discreto” ha colpito l’ambasciata di Francia in Libia, nel quartiere al Andalus, “Andalusia”, di Tripoli. Un’autobomba è esplosa davanti al cancello d’entrata, alle sette del mattino, quando ancora non c’era nessuno: soltanto due guardie all’interno sono rimaste ferite, una gravemente. Difficile pensare che chi ha colpito non sapesse che a quell’ora l’ambasciata è quasi deserta. Poche ore prima, in Yemen, un fuoristrada ha parcheggiato vicino all’ambasciata francese: da dentro il veicolo qualcuno ha sparato colpi contro l’edificio. Non è arrivata alcuna rivendicazione, ma è possibile che entrambi gli attacchi siano legati al voto di lunedì al Parlamento francese che ha prolungato la missione militare contro i guerriglieri islamisti in Mali. Gli estremisti minacciano il governo di Parigi per colpa di quell’intervento, l’ultima volta venerdì su Internet. Hanno anche agito: a gennaio un gruppo armato ha attaccato per rappresaglia un sito metanifero nel sud dell’Algeria e ha ucciso 40 ostaggi stranieri.
Ieri a Tripoli l’esplosivo ha semidistrutto l’edificio dell’ambasciata francese, una villetta a due piani in un quartiere tranquillo, e ha carbonizzato un paio di altre automobili nella via. “Non è rimasto più nulla del mio ufficio”, dice un impiegato, “se fosse successo più tardi sarebbe stata una strage”. Il ministro dell’Interno libico sostiene che la vettura è stata parcheggiata davanti all’entrata pochi secondi prima dello scoppio e che è stata aperta un’inchiesta per capire dove fossero in quel momento le sentinelle della sicurezza libica.
Torna così, nell’attentato più grave in Libia dall’assalto al consolato americano a Bengasi dell’11 settembre, il sospetto che chi attacca abbia complici dentro gli apparati di sicurezza. Il dubbio c’era già stato a settembre – fu raccontato in un’inchiesta di Newsweek. Non è un’informazione choc nel post Gheddafi: il 5 marzo il capo di una milizia ha puntato il revolver alla tempia del presidente dentro il Congresso durante una seduta.
Nel pomeriggio è arrivato a Tripoli – per la prima volta colpita da un attentato – il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius. E pensare che la città vive ancora nel sentimento di gratitudine per i francesi per l’intervento militare contro Gheddafi, un fervore che ha fatto aprire tanti caffè chiamati “Sarkozy”. L’ideologo e cantore dell’appoggio francese ai ribelli, però, il filosofo francese Bernard-Henri Lévy, a marzo è stato respinto dal governo libico per “ragioni di sicurezza”: “E’ ebreo, potrebbe provocare attacchi degli islamisti”.
C’è una controcampagna omicida contro i leader islamisti. Una settimana fa un leader di Ansar al Sharia, Sufyan bin Qumu, è stato ferito a colpi di pistola a Darna, sulla costa, città ad alta densità di estremisti. Qumu è un ex detenuto di Guantanamo ed è considerato coinvolto nell’attacco al consolato americano e se ci fosse una possibile lista di bersagli da colpire – come c’è in altre parti del mondo – sarebbe uno dei primi a cadere. Una settimana prima di lui un altro leader del suo stesso gruppo è stato ucciso a colpi di pistola a Sirte. Qualcuno sta ottenendo quello che il governo libico non riesce a ottenere, la neutralizzazione dei capi carismatici delle milizie, ma non ci sono ancora abbastanza elementi per capire chi potrebbe essere.
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