Però che palle il calcio figlio del pensiero unico
No, Bayern di Monaco e Borussia di Dortmund che si giocano la finale di Champions a Londra, per favore no: anche il limite ha la sua pazienza. Anni fa a Manchester si scontrarono due squadre dello stesso paese, fu tutt’altro che indimenticabile, ma almeno le italiane avevano entrambe quarti di nobiltà nelle competizioni europee per club. Queste invece sanno di strapaese che svacca nella metropoli, di invasione della domenica, di sconfinamento indebito di due provinciali da molto tempo a secco delle vittorie che contano.
No, Bayern di Monaco e Borussia di Dortmund che si giocano la finale di Champions a Londra, per favore no: anche il limite ha la sua pazienza. Anni fa a Manchester si scontrarono due squadre dello stesso paese, fu tutt’altro che indimenticabile, ma almeno le italiane avevano entrambe quarti di nobiltà nelle competizioni europee per club. Queste invece sanno di strapaese che svacca nella metropoli, di invasione della domenica, di sconfinamento indebito di due provinciali da molto tempo a secco delle vittorie che contano. Ci tocca dunque tifare Spagna, sperare che fra una settimana Messi sia più sveglio e Mourinho abbia capito che Modric, Di María e Ozil sono tre buontemponi. La supremazia tedesca nel calcio è imbarazzante almeno quanto il talento tutto italiano di salire sul carro del vincitore e sputare sul vinto. Ieri e il giorno prima ancora non c’è stata penna che non abbia scritto prosa scivolosa a gloria tedesca e infierito sui bassi, olivastri spagnoli, in particolare sui catalani. Che pure per dieci anni hanno dominato a livello di nazionale e di club. Non viene in mente che potrebbero essere stanchi proprio perché sazi, che forse vogliono rifiatare e magari che un ciclo è davvero finito: anziché alzarsi in piedi e applaudirli, ecco che bastoniamo il cane che affoga ed esultiamo per la fine ignominiosa del tiqui-taca accusato oggi di essere di una noia mortale. Andiamoci piano. Fino a oggi i tedeschi hanno visto vincere, anche quando hanno giocato le finali in casa. Per ora sono ancora al contesto: il fair play, la virtù, perché dicono che il calcio debba esprimere anzitutto valori. Si presentano come i più puliti dietro le orecchie, corsa e muscoli, le squadre sono solide, ben organizzate, ben allenate, i club ben gestiti, ben programmati: è il calcio figlio del pensiero unico, non fare il passo più lungo della gamba, risparmiare prima, spendere dopo. Roba che può piacere ai loro tifosi e a “noi allenatori moderni”, per dirla con gli Elii. Ma non a chi cerca l’incantamento del calcio nel colpo pazzotico del genio.
Il Foglio sportivo - in corpore sano