Piantarla con la bava alla bocca

Nicoletta Tiliacos

Il presidente Napolitano chiama al senso della realtà e l’Unità risponde. Ieri, il direttore Claudio Sardo ha scritto che la battaglia contro le larghe intese non è stata fatta “per superbia o per un rifiuto del principio di realtà. E’ mancata però “una valutazione condivisa”, e ora le larghe intese non sono più il diavolo. Fare un governo è la risposta concreta ai problemi degli italiani, aggiunge Sardo, il quale se la prende con chi “lucra da anni sul racconto dell’inciucio” e “se ne frega dei problemi del paese e delle ingiustizie sociali”. E’ presto per dire se l’appello alla realtà di Napolitano partorirà soluzioni. Ma non è tardi per chiedersi se quel richiamo non debba interpellare anche  giornali, televisioni, social network.

Ferrara Teologia politica di Napolitano

    Il presidente Napolitano chiama al senso della realtà e l’Unità risponde. Ieri, il direttore Claudio Sardo ha scritto che la battaglia contro le larghe intese non è stata fatta “per superbia o per un rifiuto del principio di realtà. E’ mancata però “una valutazione condivisa”, e ora le larghe intese non sono più il diavolo. Fare un governo è la risposta concreta ai problemi degli italiani, aggiunge Sardo, il quale se la prende con chi “lucra da anni sul racconto dell’inciucio” e “se ne frega dei problemi del paese e delle ingiustizie sociali”. E’ presto per dire se l’appello alla realtà di Napolitano partorirà soluzioni. Ma non è tardi per chiedersi se quel richiamo non debba interpellare anche  giornali, televisioni, social network. Perché è palese come il potere di ricatto sulla politica sia sempre più spesso esercitato in nome di fatti, numeri, istanze a dir poco opachi, rilanciati dai media come “la realtà”. Il direttore della Stampa, Mario Calabresi, pensa che “il problema non possa essere, per l’informazione, quello di moderarsi, perché questo si tradurrebbe immediatamente in ‘addomesticarsi’. Ma se il richiamo al principio di realtà significa, senza fare sconti, affrontare il problema di come è stato stravolto, nella società e nell’informazione, il significato delle parole, allora bisogna dire che questo problema l’Italia ce l’ha. Pensiamo a chi paragona, in queste ore, la lotta di liberazione dal nazifascimo alla lotta di liberazione dall’‘inciucio’. Utilizzare la storia malamente è qualcosa di devastante, di inquinante. Si può legittimamente dire: mi rifiuto di fare accordi con Berlusconi. Perfetto, va benissimo. Ma non si può paragonare l’attuale situazione al nazifascismo o parlare di morte della democrazia. Le cose vanno chiamate con il loro nome, rispettando la realtà, appunto. Se raccontiamo che tutto fa schifo (politici, meridionali, nordici, commercianti, giornalisti), diventa impossibile salvarsi. Se ogni giorno il menu prevede la bava alla bocca, si pretenderà ogni giorno la bava alla bocca”.

    “Uno dei fattori nell’equazione del problema italiano è senza dubbio l’informazione, in ragione dello stravolgimento della lotta politica avvenuto negli ultimi vent’anni sul tema del berlusconismo e dell’antiberlusconismo – dice l’editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito – e i media  hanno lucrato, a sinistra e a destra, su questa guerra civile strisciante”. Appello alla realtà può significare allora capire quando parole come “la società”, “il paese”, “la gente”, “il popolo” mascherano il nulla: “Ma ormai il genio è uscito dalla bottiglia e credo sia impossibile farcelo rientrare. L’egemonia dei social network – che non sono informazione ma conversazione orizzontale – ha contaminato tutto il sistema dei media”. Per questo, Polito pensa che, “purtroppo, anche l’encomiabile tentativo di rimettere la politica italiana a produrre qualcosa a partire dalla realtà, si infrangerà contro l’informazione”.
    Un po’ meno pessimista, la giornalista Ritanna Armeni è convinta che “per realizzare il ritorno alla realtà sarebbe utile rompere il circolo malefico tra politicismo (non politica) e media. Viviamo in una bolla, dove i più furbi – il Movimento 5 stelle che crea la sua bolla su Rodotà con meno persone di quante seguono la sottoscritta su Facebook – hanno la meglio. Ma si cominciano a vedere segnali di diffidenza rispetto a questo meccanismo, che non è solo della sinistra, perché Libero o il Giornale sono maestri nell’estrapolare aspetti  della realtà da far diventare ‘la’ realtà. E’ che l’assenza della politica suscita supplenze. Negli anni Novanta c’è stata la magistratura, ora tocca ai social network. Esistono ovunque, certo. Ma in Francia, che pure non se la passa bene nella crisi, a differenza dell’Italia c’è un presidente eletto che cala nei sondaggi ma resta in carica fino alla fine, e c’è uno stato che funziona”.
    Il critico Alfonso Berardinelli confessa  di “aver sentito il bisogno, negli ultimi tempi, di difendermi dalle pagine e dalle trasmissioni politiche. L’intossicazione è  peggiorata con l’arrivo di Grillo. L’italiano ha politicamente i nervi fragili, scivola subito nell’impazienza grillina che ricorda certi vecchi stalinismi, quelli del ‘tutti al muro’. L’Italia è un paese politicamente immaturo e democraticamente adolescente, anche se di politica si parla tantissimo, dove la richiesta di  ‘fatti e non parole’ partorisce solo parole. Nei dibattiti, anche quando non c’è molto da litigare perché in fondo si dicono cose simili, le dicono tutti insieme, urlando. L’iperproduttività comunicativa, fomentata dalla passione della digitalità, ha preso il posto della realtà”.

    Claudia Mancina, docente di Etica dei diritti e commentatrice per diversi quotidiani, pensa che “dal meccanismo di complicità al ribasso e di eccitazione reciproca tra media e politica sarà difficile uscire. La sola strada per il ritorno alla realtà sia quella delle riforme, del rafforzamento delle istituzioni. L’unica, per garantire che i partiti si sentano meno ricattabili dalla falsa realtà urlata dai media. Il problema del consenso c’è dappertutto, ma solo in Italia produce tanta subalternità da parte della politica e dei partiti a qualunque voce si levi, enfatizzata da nuove tecnologie, giornali e tv, anche se dietro ci sono quattro gatti. Di fronte al recente bailamme sull’elezione del presidente, la risposta è: elezione diretta del capo dello stato. Così si farebbero i conti veri, non quelli di chi alza la voce più forte o parla abusivamente di volontà popolare”.
    Stefano Folli, editorialista del Sole 24 Ore, ritiene che “il richiamo al realismo fatto da Napolitano sul piano politico istituzionale sia sacrosanto, perché il presidente parla ai parlamentari e alle forze politiche. Voler trasferire lo stesso criterio ai media è invece insidioso, perché il piano è diverso. Questo non significa che non esista un problema di enfasi e di estremizzazione di fatti, magari marginali, da parte dei media:  è un problema del nostro tempo, che dovrebbe semmai determinare un dibattito tra chi l’informazione la fa”. Che anche i grandi media si facciano dettare l’agenda lessicale dai social network, con le loro semplificazioni non sempre innocenti, “è fatale. La deformazione c’è, ed evitarlo è un lavoro quotidiano. Ma non esiste un rimedio erga omnes. La politica è ricattabile quando è fragile, e quando la politica non esiste, come da noi, tutti sono più esposti. Napolitano fa un’opera secondo me insostituibile, nel cercare di ridare alla politica la sua dignità e la sua forza. La diga è quella, ed è politica”.

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