L'altro baco del Pd

C'è dissidente e dissidente

Claudio Cerasa

Nella nuova strana maggioranza che da lunedì dovrebbe essere certificata in Parlamento, quando Enrico Letta chiederà la fiducia sul programma a cui il vicesegretario pd sta lavorando con la squadra di collaboratori di via del Tritone, tra gli azionisti che avranno un peso sulle scelte del futuro premier ce n’è uno con cui l’esecutivo dovrà fare i conti più degli altri per non ritrovarsi rapidamente con entrambe le gambe all’aria: la Cgil. Finora il sindacato di Susanna Camusso si è mostrato comprensivo e non ha infierito sull’imminente abbraccio tra Pd e Caimano (ai tempi del governo Monti l’alleanza Pd-Pdl era stata osservata con un filo di scetticismo in più, diciamo).

    Nella nuova strana maggioranza che da lunedì dovrebbe essere certificata in Parlamento, quando Enrico Letta chiederà la fiducia sul programma a cui il vicesegretario pd sta lavorando con la squadra di collaboratori di via del Tritone, tra gli azionisti che avranno un peso sulle scelte del futuro premier ce n’è uno con cui l’esecutivo dovrà fare i conti più degli altri per non ritrovarsi rapidamente con entrambe le gambe all’aria: la Cgil. Finora il sindacato di Susanna Camusso si è mostrato comprensivo e non ha infierito sull’imminente abbraccio tra Pd e Caimano (ai tempi del governo Monti l’alleanza Pd-Pdl era stata osservata con un filo di scetticismo in più, diciamo). Ma la verità è che l’improvviso slittamento del Pd su un percorso più orientato verso il centro che verso la sinistra (Renzi e Letta, come è noto, hanno profili diversi da Bersani e Vendola) ha contribuito ad alzare la temperatura sotto la pentola a pressione del partito. E in fondo si spiega così il fatto che le difficoltà incontrate da Letta nel trovare la formula giusta per la sua squadra di governo siano arrivate non solo dal Pdl ma anche se non soprattutto dal Pd. Le larghe intese, come è evidente, avranno l’effetto di premiare delle politiche lontane dalle istanze camussiane (d’altronde la strada indicata da Giorgio Napolitano quella è). Ma dall’altra parte Letta sa che, senza un preciso lavoro fatto di pesi e contrappesi, il Pd corre il rischio di ritrovarsi non solo con delle rabbiose ebollizioni interne ma anche con una Cgil che potrebbe spostarsi nelle braccia del futuro soggetto di Vendola. Ieri dall’assemblea tra i segretari regionali convocata al Nazareno il messaggio è arrivato chiaro al vicesegretario (noi daremo il nostro sostegno ma i circoli non ci verranno appresso se il governo non darà ai nostri elettori più di sinistra dei messaggi rassicuranti) ed è anche per questo che ieri sera una delle principali preoccupazioni di Enrico Letta  riguardava ancora il complicato equilibrio da trovare per dare alla gauche una rappresentanza degna nella quota dei sei ministri previsti per il Pd. Già, ma in che modo?

    Il criterio che Letta seguirà nella formazione del governo sarà legato sì a una questione di metodo generazionale (molti giovani, molte donne, molti politici che dovrebbero rappresentare una svolta rispetto alla stagione della guerra tra guelfi e ghibellini, tra berlusconiani e anti berlusconiani, e chissà se Letta ci riuscirà). Ma sarà legato anche a una seconda questione, che rappresenta l’altra garanzia di sopravvivenza del governo: la disponibilità della Cgil. Per coprirsi su questo fronte, Letta da un lato ha opzionato l’ex segretario della Cgil Guglielmo Epifani per la reggenza del Pd (e anche per il futuro ai suoi interlocutori ha lasciato intendere di non essere favorevolissimo a vedere Renzi alla guida del partito: un ex Margherita a Palazzo Chigi e uno al partito sono troppi). Mentre dall’altro lato – anche per evitare che l’esecutivo somigli troppo a una creatura post-democristiana – ha lavorato a lungo anche ieri per trovare un punto di mediazione con gli ex ds nell’esecutivo, anche per riequilibrare gli unici politici dati per certi all’interno del governo (Dario Franceschini e Graziano Delrio, entrambi ex Dc). I nomi naturalmente saranno importanti (uno tra Epifani e Fassina troverà un posto? Ci sarà solo D’Alema?) ma oltre ai singoli volti il problema che si aprirà nel Pd dopo la nascita dell’esecutivo è collegato non alla fantomatica scissione (sono solo una ventina i parlamentari Pd intenzionati a non votare la fiducia a Letta) ma a un problema di carattere politico-culturale. Lo sintetizza così un esponente Pd vicino ai vertici del partito. “Letta teorizza da sempre che il nostro sistema è destinato a essere più caratterizzato non dal vecchio bipolarismo ma da un nuovo tripartitismo. Enrico sostiene che il tripartitismo del futuro sia una miscela di progressisti, moderati e populisti ma quello che la nostra sinistra teme è che il percorso che ci ha imposto il Quirinale porti il nostro partito su una strada diversa dal Pd. E se la gauche non sarà rappresentata bene vedrete che il baco del governo Letta, più che il Pdl, rischia di essere la sinistra camussiana. Nel partito, certo, ma soprattutto nel prossimo governo”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.