Dopo il tour europeo

Ecco i quattro segreti del piano Letta per uscire vivi dall'imbuto fiscale

Claudio Cerasa

Al ritorno dal suo breve tour nelle principali cancellerie europee, Enrico Letta si è ritrovato a fare i conti con due questioni che condizioneranno la rotta economica del governo più delle piccole scaramucce sull’abolizione dell’Imu. Il primo problema riguarda la previsione arrivata ieri dal centro studi dell’Ocse sulla contrazione del prodotto interno lordo italiano: le stime di novembre parlavano di un 2013 all’insegna del -1 per cento, mentre le stime di ieri parlano di un peggioramento della crescita che porterà il pil a -1,5 a fine anno, e che renderà “impossibili” le riduzioni della pressione fiscale senza un impatto sulle entrate.

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    Al ritorno dal suo breve tour nelle principali cancellerie europee, Enrico Letta si è ritrovato a fare i conti con due questioni che condizioneranno la rotta economica del governo più delle piccole scaramucce sull’abolizione dell’Imu. Il primo problema riguarda la previsione arrivata ieri dal centro studi dell’Ocse sulla contrazione del prodotto interno lordo italiano: le stime di novembre parlavano di un 2013 all’insegna del -1 per cento, mentre le stime di ieri parlano di un peggioramento della crescita che porterà il pil a -1,5 a fine anno, e che renderà “impossibili” le riduzioni della pressione fiscale senza un impatto sulle entrate. Il secondo problema si è materializzato sempre ieri durante l’audizione parlamentare di Fabrizio Saccomanni, quando il ministro dell’Economia ha escluso “rinegoziazioni degli sforamenti del deficit” sul modello spagnolo e ha ammesso che pochi impegni presenti nel discorso di insediamento di Letta potranno essere contemplati nel documento di economia e finanza (Def) che l’esecutivo consegnerà a Bruxelles la prossima settimana.

    Dunque, come si esce da questo imbuto? E cosa può fare il presidente del Consiglio per non veder sfumare da subito alcune promesse importanti (meno tasse, più crescita, niente giochini con il debito pubblico) fatte pochi giorni fa in Parlamento? La partita si gioca sulle uova ma, come spiega al Foglio Francesco Boccia, consigliere economico del presidente del Consiglio, forse una strada c’è. “Siamo consapevoli – dice Boccia – che le attuali condizioni di finanza pubblica ci impongono un percorso progressivo e selettivo, e per questo credo sia importante individuare da subito le priorità che consentono di perseguire gli obiettivi di rilancio economico e di coesione sociale. Sul fronte europeo le urgenze sono due: da un lato una regolamentazione bancaria che riduca le distorsioni nell’accesso delle imprese al credito e dall’altro una serie di meccanismi che consentano ai paesi con i conti in ordine un costo del servizio del debito sostenibile e in linea con quello degli altri partner europei”. Questo per quanto riguarda la teoria. Ma per quanto riguarda la pratica, Boccia riconosce che il governo ha quattro idee in testa, e anche piuttosto chiare: dalla golden rule al patto con la Bce.

    Primo punto, patto con l’Europa. “Le opzioni per coniugare crescita e rigore sono varie”, dice Boccia. “La valutazione di quella migliore passa da una condivisione del metodo con la Commissione e gli altri paesi dell’area euro. Ma posso dire che la strada seguita da Madrid, quella di avere due anni in più per ridurre il deficit fino al 3 per cento del pil, è una possibilità”.

    Secondo punto, spending review: “Noi sappiamo che la prima arma a disposizione di un paese è la sua credibilità, e negli ultimi anni, attraverso il conseguimento di avanzi primari di dimensione superiore a qualsiasi altro paese europeo, abbiamo dimostrato di essere in grado di realizzare ogni misura necessaria e funzionale alla messa in sicurezza dei nostri conti pubblici. Questo rigore l’attuale governo intende continuare a perseguirlo ma introducendo elementi di novità ed efficienza nelle sue modalità di attuazione. Come? Così: attuando un intenso monitoraggio per la riqualificazione della spesa pubblica e puntando forte su un nuovo modo di intendere la spending review, con una rimozione delle anomalie che caratterizzano i criteri che sono alla base del patto di stabilità interno”.

    Terzo punto, le richieste all’Europa. “Sul fronte europeo le strade sono due. Da una parte la golden rule, ovvero lo scorporo dei cosiddetti investimenti produttivi dal calcolo del deficit annuale. Dall’altra, un patto con la Bce per finanziare le banche dei paesi membri in difficoltà vincolando i prestiti a un trasferimento di risorse per le imprese”. Insomma: tu sei una banca, dai un prestito a un’azienda, quel prestito lo porti alla Bce e la Bce te lo finanzia.

    Quarto punto, le tasse. “Considerati gli attuali livelli è inimmaginabile non solo un aumento, ma anche una invarianza della pressione fiscale. E in particolare io credo che il primo vero e immediato segnale che potrà dare il governo su questo fronte sarà legato alla riduzione del cuneo fiscale: punto essenziale per aumentare il reddito disponibile delle famiglie e consentire un recupero di competitività da parte delle imprese”. Sul tema del lavoro, che è stato uno dei punti centrali del discorso di insediamento di Letta, Boccia sostiene che per rivitalizzare il mercato la riforma Fornero non sia da rivoluzionare ma semplicemente da ritoccare in alcuni punti. “La riforma Fornero purtroppo è stata introdotta in un momento di grave recessione, che ha reso stringenti le riduzioni di flessibilità in entrata. Al momento, sulla base dei dati disponibili, la riforma sembrerebbe aver determinato una riduzione delle assunzioni riferibili al lavoro intermittente e parasubordinato, senza che, almeno sinora, a questa riduzione di posti abbia corrisposto la creazione di posti a maggiore stabilità. Una revisione, almeno in questa fase economica, delle flessibilità in entrata e una valutazione di quali misure possano rendere effettivo e consistente il necessario percorso di stabilizzazione dei posti di lavoro appare necessaria, e credo proprio che quando il governo dice ‘ripartiamo dal lavoro’ intende proprio ripartire da qui”.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.